Ricadute economiche per i consumatori, a rischio gli investimenti
I principali operatori concorrenti di Telecom Italia sulla rete fissa, Fastweb, Vodafone, Tele2, Wind e BT, ribadiscono la netta contrarietà alla decisione adottata oggi da Agcom relativa all'aumento del canone di unbundling, il prezzo all'ingrosso pagato dagli operatori concorrenti per l'affitto delle linee di Telecom Italia.
Agcom con questa decisione ha modificato la policy che aveva contraddistinto negli ultimi anni, peraltro con successo, il suo intervento volto all'apertura alla concorrenza del mercato della telefonia fissa.
L'incremento dei costi deciso rende non più conveniente il ricorso all'unbundling ed interrompe quindi i programmi di investimento degli operatori alternativi nelle aree del Paese ad oggi ancora non coperte direttamente.
L'inversione di tendenza deliberata oggi presenta poi evidenti ed ulteriori limiti: non tiene conto dell'esito - in maggioranza negativo - del market test condotto attraverso la consultazione pubblica realizzata nei mesi scorsi, contraddice numerose evidenze contrarie all'aumento del canone di ULL, comporta un prospettico e forte arretramento del livello della concorrenza, innalza indebitamente i costi degli operatori concorrenti di Telecom Italia favorendo la creazione di ingiustificati margini di profitto per l'operatore ex-monopolista, disincentiva gli investimenti nella rete di nuova generazione da parte della stessa Telecom Italia e riduce significativamente le risorse a disposizione degli operatori alternativi per investimenti nella rete.
Con questa decisione, Agcom si posiziona quindi in netta controtendenza nel panorama delle telecomunicazioni in Europa.
In questo contesto poi, la decisione di far decorrere le nuove condizioni dal 1° gennaio 2009 rappresenta una vera peculiarità: essa pregiudica per gli operatori infrastrutturati, che pagano il canone ULL a Telecom Italia, la possibilità di ripetere sui propri prezzi retail l'incremento subito, creando quindi, ed è paradossale che ciò avvenga a opera di una Autorità di regolamentazione, un evidente ed oggettivo danno. Rammentiamo che l'entrata in vigore dell'incremento del canone di abbonamento retail risale al 1° febbraio 2009. Non si comprende infine come Agcom abbia potuto adottare una decisione in contraddizione con quanto da essa stessa affermato lo scorso dicembre (16.12.2009) allorché affermava una entrata in vigore non prima del marzo 2009.