La pandemia di coronavirus ha mostrato al mondo quanto i robot e la guida autonoma possano essere utili anche nelle situazioni di emergenza sanitaria. E che la Cina è già incredibilmente avanti in questo campo, ma esperimenti concreti si fanno anche in altre parti del mondo. Italia compresa. I robot autonomi sono stati usati per gli scopi più disparati: dalla sanificazione e disinfezione degli ambienti negli ospedali, alla consegna "contactless" di cibo e farmaci, ma anche per sorvegliare il territorio durante le fasi più restrittive dei lockdown.
Il Center for Robot Assisted Search and Rescue (CRASAR) e la A&M University del Texas hanno raccolto oltre 120 notizie riguardanti l'uso dei robot autonomi, sia terrestri che volanti (droni) in Cina, Stati Uniti e altri 19 Paesi durante l'emergenza coronavirus. Ecco come sono stati usati.
Cina: i robot di Baidu
La Cina è notoriamente molto avanti nei settori della robotica e della guida autonoma ed è il caso studio eccellente per capire se, come e quanto queste tecnologie possano tornare utili in caso di future pandemie o di altri tipi di emergenze sanitarie. Il leader cinese della robotica e della guida autonoma è Baidu, l'equivalente orientale di Google, e lo ha dimostrato con un veicolo sviluppato insieme alla startup cinese Neolix: una piccola auto elettrica a guida autonoma, guidata dal sistema Apollo 3.0 di Baidu, nato per le consegne commerciali e che è stato riadattato per consegnare pasti in un ospedale "zona rossa".
Per diverse settimane consecutive questo EV di Baidu-Neolix ha fatto la spola due volte al giorno tra il Meizhoudongpo Restaurant e il Beijing Haidian Hospital di Pechino. Davanti al ristorante veniva riempito di pasti pronti, poi partiva per un viaggio di 15 chilometri fino all'ospedale dove i pasti venivano ritirati. Tra un viaggio e l'altro il mezzo veniva disinfettato completamente. Sempre in Cina, il colosso dell'e-commerce ND.com ha messo a disposizione i suoi robot a guida autonoma per le consegne di farmaci e materiale medico negli ospedali di Wuhan. Altri robot di JD.com sono stati invece usati per disinfettare ospedali e altri edifici a Shenzhen e Guangzhuou. Ancora in Cina, Pudu Tec ha distribuito tramite robot a guida autonoma pasti, farmaci e acqua in 40 tra ospedali e aree in quarantena a Wuhan, Huanggang, Chibi, Wenzhou, Shenzhen e Guangzhou. Gosuncn, invece, ha fornito un robot da pattugliamento urbano, a guida autonoma e connesso in 5G, per misurare la temperatura corporea degli asintomatici a 5 cinque metri di distanza. Lo stesso robot, tra l'altro, è stato usato per individuare grazie al riconoscimento facciale chi non indossava la mascherina.
Tommy: il robot dell'ospedale di Circolo di Varese
Meno sofisticati, ma altrettanto utili, i sei robot usati nelle corsie del reparto Covid dell'ospedale di Circolo di Varese. Il primo è stato chiamato Tommy, come il figlio del primario del reparto. Scopo dei robot, in grado di muoversi autonomamente tra le corsie dell'ospedale e dotati di telecamera e microfono, è stato quello permettere ai medici di sorvegliare a distanza i malati: mandando un robot dal malato, infatti, il medico o l'infermiere potevano raccogliere richieste e fare domande al paziente senza dover eseguire ogni volta la lunga procedura di vestizione.
In caso di reale necessità, naturalmente, medici e infermieri entravano in stanza. Tutto questo ha anche permesso di risparmiare un gran numero di mascherine e guanti nel periodo di massima richiesta (e conseguente scarsità) di questi dispositivi di protezione individuale. Infine, il vantaggio più grande: questi robot non si stancavano mai e non soffrivano minimamente di stress per l'enorme carico di lavoro a cui erano sottoposti nei giorni più drammatici dell'emergenza coronavirus in Lombardia.
I robot danesi che disinfettano con i raggi UV
L'azienda danese UVD Robots produce robot in grado di disinfettare le stanze dei pazienti e le sale operatorie negli ospedali. Possono disinfettare praticamente qualsiasi cosa: ogni robot è mobile ed è dotato di potenti luci UV-C a breve lunghezza d'onda che emettono abbastanza energia per distruggere il DNA o l'RNA di tutti i microrganismi, virus compresi. Centinaia di questi robot sono stati inviati in Cina, dove sono stati utilizzati per disinfettare le strutture sanitarie senza l'intervento di inservienti umani, che avrebbero rischiato il contagio. Ma non solo: a differenza degli umani, i robot quando lavorano non sbagliano.
In ambienti di grandi dimensioni come un ospedale con dozzine di stanze, l'uso di lampade UV-C da parte di personale in carne ed ossa non è a prova di errore perché l'addetto alla sanificazione potrebbe inavvertitamente saltare anche solo piccole aree, o non esporre le superfici ai raggi ultravioletti per un tempo sufficiente ad uccidere virus e batteri. Il robot, invece, è programmato per passare su ogni centimetro e tenere la lampada posizionata per il tempo sufficiente. Il movimento del robot è autonomo e indipendente dall'ambiente in cui si trova: è guidato da un LiDAR (cioè un radar laser), che crea una mappa digitale dell'ambiente da sanificare.
Prospettive future
L'unica cosa buona della pandemia di coronavirus è che ha costretto praticamente tutto il mondo a rendersi conto, da un giorno all'altro, che i robot possono essere la soluzione a moltissimi problemi e che non devono essere visti solo come dei sostituti dei lavoratori. Il timore, legittimo, di perdere il lavoro per colpa di un robot ha rallentato per molti anni l'adozione di queste tecnologie. Ma il Covid-19 ha dimostrato che i robot possono anche lavorare fianco a fianco con gli umani, sostituendoli nelle situazioni più pericolose. Questo, però, non vuol dire che oggi dovremmo iniziare a fare scorta di robot (come dovremmo invece farla di guanti e mascherine) in attesa della prossima pandemia.
La storia lo dimostra, con un esempio famoso: il disastro nucleare di Fukushima. All'epoca, infatti l'Agenzia giapponese per l'energia atomica aveva uno stock di robot da usare in caso di problemi nelle centrali nucleari o in siti contaminati, ma si rivelarono obsoleti quando furono realmente utilizzati. TEPCO, la società che gestiva la centrale di Fukushima, corse allora sul mercato a comprare robot più recenti: quelli per disinnescare le bombe. Non erano il massimo per l'uso dentro una centrale nucleare con un reattore che poteva collassare ed esplodere da un momento all'altro, ma si mostrarono assai più efficaci di quelli dell'Agenzia.