Negli anni ’70 e ’80 i film di fantascienza (sulla scorta di Star Trek e Star Wars) avevano riempito gli occhi di milioni di appassionati con immagini di avatar e schermi olografici che permettevano di interagire con persone anche se queste si trovavano a migliaia di chilometri l’una dall’altra. In Star Trek, addirittura, le cure d’emergenza dell’equipaggio erano affidate al sistema MOE (Medico Olografico d’Emergenza) un ologramma tridimensionale in grado di eseguire operazioni chirurgiche da navicella spaziale a navicella spaziale. Certo, correva la data stellare 48315 e la tecnologia spaziale (filmica) è notevolmente più avanzata rispetto a quella odierna (e terrestre). Ma la tecnologia sta facendo passi da gigante e prima della fine del decennio gli ologrammi entreranno nelle nostre abitazioni.
D’altronde basta vedere l’uso intensivo che ne è stato fatto nel corso dell’ultimo Coachella (un festival indie-rock molto seguito negli Stati Uniti) e delle cerimonie di apertura e chiusura delle Olimpiadi di Londra per capire che the next big thing nel campo della tecnologia audiovisiva saranno proprio gli ologrammi tridimensionali.
Ma cos’è un ologramma e quali le possibili applicazioni future? Un ologramma (parola derivante dal greco antico il cui significato è descrivo tutto) è un’immagine o pattern d’onda interferenti che si ottengono con l’utilizzo di laser. Grazie a questi pattern si riesce a creare e proiettare un’immagine tridimensionale. I primi ologrammi, però, risalgono alla metà del 1800 e venivano generati sfruttando le proprietà di riflessione di specchi sistemati in punti strategici per generare un’illusione ottica tridimensionale. Una strategia del genere è stata utilizzata nel corso dell’edizione 2012 di Coachella, per generare l’immagine del rapper statunitense Tupac.
Ma la tecnologia olografica ha fatto grandissimi progressi nell’ultimo secolo e mezzo, e molto altri si appresta a farne nei prossimi anni. Tra le società che più stanno investendo in questo settore troviamo la canadese Rose and Thistle, che nella prima metà del 2012 ha brevettato una nuova tecnologia chiamata Holographic Paramotion. Si basa su un nuovo sistema di proiezione delle immagini, chiamato ShowBox, che può essere adattato a seconda delle necessità di proiezione: le immagini possono essere grandi come quelle di uno schermo televisivo o uno schermo cinematografico. Il tutto grazie ad un particolare sistema di proiezione della luce che permette di operare nelle più svariate condizioni di luce e ambientali. Il prossimo obiettivo è quello di realizzare e mettere in vendita un dispositivo della grandezza di un iPad che sia in grado di proiettare ologrammi 3D.
La startup statunitense Infinite Z tenta di approcciare il problema di un sistema olografico tridimensionale portatile e casalingo da un differente punto di vista. Sfruttare la tecnologia 3D implementandola con un sistema olografico. Il fulcro di tale implementazione sta negli occhialini, che dovrebbero favorire la sensazione di “parallasse in movimento” (l’immagine reagisce e si adatta al movimento degli occhi) così da rendere più veritiera e reale la rappresentazione delle immagini.
28 aprile 2013