L'emergenza Coronavirus ha portato molti imprenditori ad adottare lo smart working all'interno della propria azienda. Ciò permette ai lavoratori di continuare le proprie attività da casa e, allo stesso tempo, consente alle imprese di non bloccare i propri cicli produttivi. Il telelavoro è stato concesso anche a molti impiegati della Pubblica Amministrazione: molti di questi infatti svolgono le proprie funzioni principalmente al computer, grazie ai processi di digitalizzazione iniziati da molte PA.
Non tutti sono però abituati a lavorare in questo modo: molti dipendenti, professionisti e impiegati sono un po' spaesati. Quali sono gli obblighi e le norme da seguire? E gli strumenti più indicati? Come organizzare scadenze e priorità? Dopo un periodo caratterizzato da vuoti legislativi, lo smart working era stato ufficialmente regolarizzato con la Legge n.81 del 22 maggio 2017. La questione è ritornata al centro dell'attenzione proprio in questi giorni, in seguito alla necessità di ridurre al massimo le uscite per contenere la diffusione dell'ormai noto COVID-19.
Tra le misure adottate dal Governo, spicca quindi anche il Decreto emanato il 1° marzo 2020, poi confermato poi il 4 marzo 2020, che chiarisce modalità, obblighi e misure da adottare durante lo smart working. Ecco come si evoluta la normativa in questione.
Legge 81/2017: cos'è lo smart working
L'articolo 18 della Legge n.81 del 22 maggio 2017 chiarisce una volta per tutte cosa si intende per smart working: si tratta di un "rapporto di lavoro subordinato stabilito mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa".
In base al testo, il lavoro agile ha specifiche peculiarità: può essere svolto solo dopo un accordo tra le parti, senza vincoli di orario e luogo di lavoro e usando strumenti tecnologici. Il monte ore giornaliero stabilito nel contratto rimane, così come le mansioni. Insomma, pur lavorando da casa si devono mantenere gli obblighi stabiliti con il proprio titolare. Inoltre, lo smart working deve essere il frutto di un accordo scritto tra datore e dipendente, che metta nero su bianco tutti i dettagli.
Il documento deve esplicitare la durata, il rispetto dell'orario e dei tempi di riposo, il diritto all'apprendimento permanente, la parità del trattamento economico e anche le modalità di recesso, che deve avvenire con un preavviso di almeno 30 giorni per contratti di lavoro a tempo indeterminato. Non vengono meno le tutele legate alla salute e alla sicurezza: i lavoratori sono protetti in caso di infortunio e malattia anche per tutte le prestazioni svolte fuori dall'azienda. L'INAIL ha chiarito questa questione in una circolare.
Smart working e Pubblica Amministrazione: Normativa di riferimento
La pubblica amministrazione è uno tra i "datori di lavoro" che hanno maggiormente adottato politiche di lavoro agile. Complice l'Agenda Digitale sostenuta dall'Unione Europea, gli enti dell'amministrazione pubblica italiana hanno permesso sempre più ai propri dipendenti di lavorare da casa. Lo smart working, infatti, è uno dei 7 pilastri che compongono la cosiddetta strategia Europa 2020, che indica gli obiettivi dell'UE fino al 2020. Lo scopo dell'Agenda Digitale è incentivare e sostenere il ricorso a tecnologie ITC nei diversi settori della società. Questa ha contributo ad accelerare il processo di digitalizzazione della PA.
La Legge 124/2015 conosciuta anche come Riforma Madia ha introdotto per la prima volta il lavoro agile nella Pubblica Amministrazione. L'obiettivo era quello di far lavorare in smart working almeno il 10% dei dipendenti pubblici entro 3 anni. Ciò è stato ribadito con la legge n.81 del 2017 che ha esteso le linee guida anche alla PA. A partire dallo stesso anno, nel portale del Ministero del Lavoro è stata pubblicata una piattaforma che mira a individuare le Pubbliche Amministrazioni e le aziende che hanno attuato accordi di questo tipo e cosa implicano.
Inoltre, gli enti devono impegnarsi per facilitare questa modalità adottando soluzioni e tool digitali per svolgere le funzioni. L'organizzazione non è più basata sulla presenza fisica in ufficio, ma sul rispetto di obiettivi e su risultati tangibili definiti a priori nell'accordo. Questo modello stimola quindi autonomia e responsabilità del lavoratore.
Ulteriori criteri sono stati aggiunti dalla Legge di Bilancio del 2019. Ad esempio, ha definito chi ha la priorità, come lavoratrici che hanno concluso da meno di tre anni il congedo per maternità oppure impiegati con figli disabili.
Anche l'investimento su infrastrutture tecnologiche è molto importante: occorrono soluzioni per profilare gli utenti, tracciare accessi e attività, oltre a consentire di eseguire le proprie funzioni ovunque. Per esempio, è fondamentale adottare sistemi informativi e software, oltre alla possibilità di pagare telematicamente o produrre documenti in formato digitale. Negli ultimi anni, si sono fatti passi da gigante in tal senso, grazie all'introduzione di soluzioni come lo SPID (Sistema Unico di Identità Digitale) o il rilascio della Carta d'Identità Elettronica. Questi sistemi, oltre a incentivare la trasformazione digitale, sono un enorme incentivo nei confronti dello smart working nella PA.
Nell'ultimo mese, la necessità di mettere in sicurezza i cittadini a causa del Coronavirus ha portato il Governo a stabilire nuove regole per incentivare il lavoro da casa.
Nuove regole del telelavoro: Decreto 1° marzo 2020
In seguito all'emergenza causata dal COVID-19, il Presidente del Consiglio ha incentivato enti e amministrazioni ad adottare il telelavoro, per tutte le attività che possono essere svolte da casa.
Il primo è stato il Decreto attuativo n.6 del 23 febbraio 2020 che contiene regole urgenti per attuare subito il lavoro agile in azienda e nella PA: per esempio si può attuare fin da subito anche senza accordo preventivo col dipendente.
Il decreto del 1° marzo 2020, confermato da quello del 4 marzo 2020, ha chiarito ulteriormente alcuni aspetti. Per esempio, si è creata una procedura semplificata per caricare in modo massivo le comunicazioni di smart working. Infatti, a partire dal 15 novembre 2017 le aziende che sottoscrivono contratti di questo tipo coi propri dipendenti devono comunicarlo al Ministero del Lavoro attraverso l'apposito sistema. Tutte le indicazioni in tal senso sono riportare sulla pagina online del Ministero dedicata allo smart working.
17 marzo 2020