Prima una rete di comunicazione militare; poi network che collega le maggiori università e istituti di ricerca a Stelle e Strisce; infine mezzo di comunicazione globale divenuto, nel giro di pochi anni, la Rete delle reti. Un percorso evolutivo niente male, quello cui è andato incontro nel giro di un decennio o poco più Internet. Uno sviluppo accompagnato e favorito anche dalla rapida diffusione dell'informatica commerciale divenuta, anch'essa, un elemento fondamentale nella vita di milioni di persone in poco più di un decennio.
Che cos'è Internet
Internet è una rete di telecomunicazioni ad accesso pubblico diffusa in tutto il mondo, capace di mettere in collegamento dispositivi e terminali sfruttando sia connessioni cablate – dorsali di fibra ottica, cavi Ethernet e doppino telefonico – sia connessioni wireless – segnale satellitare, rete cellulare. Come dice anche il suo nickname, Internet è un'interconnessione di reti informatiche locali e nazionali di diversa natura ed estensione resa possibile dalla suite di protocolli TCP/IP messa a punto da Robert Kahn dell'Arpa e Vint Cerf della Stanford University tra la fine degli Anni '60 e l'inizio degli Anni '70 negli Stati Uniti. È grazie ai protocolli TCP e IP, ancora oggi utilizzati e alla base del funzionamento della Rete, che computer e dispositivi caratterizzati da architetture e "linguaggi" differenti possono mettersi in comunicazione tra loro e scambiarsi informazioni senza alcuna problematica apparente.
In principio era ARPAnet
Come detto, Internet nasce negli Stati Uniti come rete di comunicazione militare per volontà dell'ARPA (acronimo di Advanced Research Project Agency, "Agenzia per progetti di ricerca avanzata" in italiano), l'ente di ricerca che cura i progetti più avanzati e futuristici per conto dell'Esercito statunitense. Nella seconda metà degli Anni '60, in piena Guerra Fredda, alcuni tecnici dell'Agenzia lavorano a una rete di comunicazione che sia in grado di mettere in collegamento tra di loro i centri nevralgici del sistema difensivo statunitense. Nel 1969 nasce così ARPAnet, rete inizialmente composta da appena 4 nodi (l'Università della California - Los Angeles, l'SRI di Stanford, l'Università della California di Santa Barbara, e l'Università dello Utah).
Dotata di un'ampiezza di banda di 50 kilobit al secondo (circa 6 kilobyte al secondo, oggi con la fibra ottica un utente domestica raggiunge agevolmente i 30 o i 50 megabit al secondo), ARPAnet consente solo connessioni client-server (e non collegamenti diretti host-to-host tra i vari nodi che la compongono) ed era principalmente utilizzata per lo scambio veloce di documenti tra un capo e l'altro degli Stati Uniti. Già nei primi Anni '70 le funzionalità e gli strumenti di ARPAnet sono evolute notevolmente e velocemente: nel 1971, ad esempio, fa il suo esordio l'email, o posta elettronica.
La Rete delle reti
I concetti – e i protocolli – alla base di ARPAnet sono rapidamente presi ad esempio (e mutuati, in alcuni casi) da moltissime altre nazioni del cosiddetto blocco occidentale. In Francia, sotto la guida di Louis Pouzin, si procede allo sviluppo della rete CYCLADES, mentre Norvegia e Inghilterra lavorano congiuntamente all'estensione di ARPAnet nel Vecchio Europeo.
Ben presto, sfruttando le potenzialità e le funzionalità della suite TCP/IP, si viene a creare una Rete delle reti capace di mettere in comunicazione nazioni distanti tra loro migliaia e migliaia di chilometri. Internet arriva in Italia nel 1986 ed è il terzo Paese in Europa a far parte della rete di comunicazione globale che aveva visto la luce negli Stati Uniti appena 15 anni prima. La prima città connessa è Pisa, dove un gruppo di ricercatori della locale università e della Scuola Normale Superiore stava collaborando con Vint Cerf e Robert Kahn (i papà della Rete, insomma) allo sviluppo e all'aggiornamento dei protocolli di Internet. È lo stesso Kahn a convincere i suoi superiori a concedere i fondi necessari per l'acquisto degli strumenti e delle tecnologie necessarie a stabilire il collegamento con l'Italia.
Il boom della Rete
Dalla prima metà degli Anni '90 si assiste a un vero e proprio boom della diffusione di Internet. Diversi i fattori che compartecipano a questa diffusione tanto improvvisa quanto travolgente. Il fattore scatenante può essere individuato nella creazione e standardizzazione del World Wide Web, serie di protocolli ideata tra il 1989 e il 1991 da Tim Berners Lee nei laboratori del CERN di Ginevra. In quegli anni nei laboratori di ricerca svizzeri hanno visto la luce il codice HTML, linguaggio di markup che consente la creazione di pagine ipertestuali (contenenti, dunque, testi, immagini, animazioni, video e audio) collegate tra di loro tramite link. Una strutturazione che consente una lettura non sequenziale dei documenti, ai quali accedere in maniera casuale cliccando semplicemente su un collegamento ipertestuale presente all'interno di una pagina.
Al pari dei protocolli TCP/IP, la creazione del World Wide Web, dell'HTML, del protocollo http, la definizione della struttura delle URL e la comparsa dei primissimi browser rappresenta un momento campale nel processo di sviluppo di Internet. Pur rappresentando uno dei tanti "applicativi" che possono utilizzare le funzionalità e gli strumenti comunicativi messi a punto dalla Rete, spesso e volentieri il web è identificato (in maniera erronea) con Internet.
Il casus IPv4
La rapida diffusione di Internet, però, non è prima di conseguenze e "controindicazioni". Nata come "piccola" rete nazionale – e basata su protocolli e strumenti tarati per quella grandezza – Internet non impiegò poi molto a esaurire le risorse a sua disposizione. A risentire maggiormente del numero crescente di utenti e dispositivi connessi alla Rete è il protocollo IPv4, che permette di assegnare un indirizzo univoco (e quindi di identificare in maniera esclusiva) a ogni oggetto/nodo connesso all'infrastruttura. Nonostante i miliardi di combinazioni resi possibili dalla struttura dell'IPv4, gli indirizzi IP iniziarono rapidamente a scarseggiare (IP shortage) e già a cavallo tra fine Anni '90 e inizio 2000 si iniziano a ipotizzare soluzioni alternative. Vede così la luce il nuovo protocollo IPv6, capace di garantire circa 340 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di indirizzi IP utilizzabili.
Internet delle Cose, Internet di Tutto, Internet interspaziale
Un numero sufficiente – almeno per il momento – per supportare l'ulteriore sviluppo e trasformazione cui la Rete delle reti sta andando incontro in questo secondo decennio del XXI secolo. Da tempo, ormai, si parla di Internet of Things, rete di comunicazione globale che mette in collegamento televisori, ogni tipo di elettrodomestico, macchinari industriali e automobili (oltre, ovviamente, ai dispositivi informatici "classici"). Si tratta, però, solo di un passaggio intermedio verso la creazione dell'Internet del tutto (Internet of Everything in inglese), una rete realmente globale e onnicomprensiva alla quale saranno connessi non solo oggetti smart e automi, ma anche persone in carne e ossa.
E nel frattempo c'è chi, come Elon Musk, pensa alla progettazione e alla realizzazione di un'Internet interspaziale, che sia in grado di mettere in comunicazione la terra con eventuali basi lunari e marziane che, nei piani del vulcanico multimiliardario statunitense, dovrebbero vedere la luce entro il 2024.