L'ultimo moonshot è in piena fase di testing nel deserto australiano. Un piccolo drone con un'apertura alare di poco superiore al metro capace di dirigersi autonomamente verso coordinate stabilite a distanza e recapitare pacchi pesanti un chilo o poco più. Project Wing – questo il nome dell'ultimo progetto nato e “cresciuto” nelle segrete stanze dei Google X (anche se la dicitura esatta è Google [x]) – dovrebbe permettere alle squadre di emergenza di consegnare pacchi contenenti viveri, medicinali e quant'altro potrebbe essere utile alla sopravvivenza di persone in difficoltà (isolate, magari, dopo una catastrofe naturale). Non solo: Google – come già fatto da Amazon – progetta di trasformare i suoi Wing anche in vettori commerciali per trasportare – nel giro di poche ore – oggetti acquistati sul web.
Project Wing, come detto, è solo l'ultimo “coniglio” estratto dal “cilindro magico” di Astro Teller e del team di ingegneri, designer e scienziati (250 più o meno) ora diretti da Segey Brin. La lista degli esperimenti fantascientifici trasformati in realtà, infatti, potrebbe essere ben più lunga: dalle lenti a contatto che misurano alcuni parametri corporei alle mini-mongolfiere lanciate in orbita per portare la connessione ad Internet nei luoghi più remoti del pianeta (il project loon), passando per il progetto sulla salute umana, i Google Glass e l'auto che si guida da sola. E presto potrebbe aggiungersene anche un altro: Lo scorso febbraio Astro Teller ottiene il nulla osta per l'acquisizione di Makani Power, startup che produce turbine eoliche da montare su aerei senza pilota e legati al terreno con cavi: in questo modo si potrà generare energia elettrica direttamente in quota e trasferirla poi a terra. “Brin ha acconsentito all'acquisto e ha messo a disposizione gli uomini per migliorare il progetto, a patto di distruggere almeno cinque dei mezzi nel prossimo futuro” si è lasciato scappare Astro Teller. Insomma, nei Google [x] Lab l'insuccesso (parziale, naturalmente) non è solo contemplato, ma in alcuni casi addirittura ricercato. Il fallimento è il mezzo per raggiungere il successo.
Il laboratorio delle meraviglie
I Google X nascono tra la fine del 2009 e l'inizio del 2010 su iniziativa di Sebastian Thrun, ingegnere specializzato in intelligenza artificiale da alcuni anni alle dipendenze di Google. Il primo incontro tra Thrun e i due fondatori di Google avviene nel 2005, quando il team guidato dall'ingegnere tedesco partecipa al Darpa Grand Challenge con il progetto di un'automobile capace di guidarsi da sola.
I contatti si concretizzano nel 2009, quando Brin e Page finanziano il team di Thrun con un obiettivo a quel tempo fantascientifico: realizzare un'auto senza pilota capace di muoversi per quasi 2.000 chilometri (1.000 miglia) in un “circuito” misto fatto di autostrade e vie cittadine. In 15 mesi appena Thrun sforna un prototipo capace di questo e molto più, convincendo i papà di Big G a creare una struttura capace di lavorare su progetti apparentemente irrealizzabili: i Google X Lab.
Atomi e bit
E dire che Google era già dotato di un laboratorio di ricerca e sviluppo piuttosto produttivo e funzionale: la divisione Google Research, capace di sfornare innovazioni nel campo dell'informatica e della ricerca web a ritmi impressionanti. Google [x] è, per volontà dei suoi stessi creatori, comoletamente differente: anziché focalizzare la propria attenzione sui bit ( l'informatica), si focalizza sugli atomi e su oggetti “fisici”. Lo scopo della ricerca e degli esperimenti che avvengono nel design kitchen (uno dei laboratori più importanti dei google X) è di produrre oggetti reali, che possano interagire con altri oggetti esistenti nel mondo reale e dare risposta a problemi ed esigenze di milioni di persone.
Google X, insomma, vuole ripercorrere le tappe di quei laboratori di ricerca – come lo Xerox PARC, i laboratori del Manhattan Project e del Blatchley Park – che hanno contribuito a segnare lo sviluppo e la storia dei decenni passati.
Generatori di moonshot
Per fare ciò, gli [x] lab impiegano alcune delle menti più brillanti della Silicon Valley. E non necessariamente si tratta di ingegneri o informtici: troviamo designer, fisici, filosofi, scultori, ex guardiaparco e inventori di ogni tipo. Alcune figure, però, rivestono un'importanza maggiore: dopo che Thrun ha salutato la compagnia per creare una startup tutta sua, la direzione del laboratorio di ricerca è passata (almeno formalmente) tra le mani di Sergey Brin, anche se a dirigere le operazioni sotto coperta è Astro Teller (con un passato da impiegato di banca e un Ph.D. in intelligenza artificiale).
Al suo fianco troviamo Rich DeVaul, capo del Rapid evaluation team (gruppo di valutazione rapida, il cui compito è fare una prima scrematura tra i tanti progetti che arrivano sui tavoli del Google X); Mitch Heinrich, capo del design kitchen, dove i progetti diventano prototipi e Obi Felten, incaricata di trasformare i prototipi in oggetti funzionanti e commercializzabili.
Il metodo [x]
Il grande successo che contraddistingue l'attività dei Google [x] è dovuto in gran parte ad un metodo di lavoro difficilmente replicabile se non all'interno del campus di Big G. Gli esperimenti passano attraverso un processo di elaborazione molto selettivo dove, come accennato, si procede per tentativi ed errori e il successo non è forzatamente contemplato.
Affinché un progetto possa varcare la soglia dei Google [x] deve avere tre caratteristiche principali: tutti devono essere rivolti a risolvere problemi che interessano milioni (se non miliardi) di persone; tutti devono utilizzare una soluzione radicale che, in qualche maniera, faccia venire alla mente qualcosa di fantascientifico; tutti devono utilizzare tecnologie attualmente esistenti o facilmente realizzabili.
Passato questo primo ostacolo, il Rapid Evaluation Team di DeVaul ne valuta i pro e i contro e la realizzabilità in tempi non lunghissimi. Successivamente l'idea viene sviluppata e vengono ricercate possibili soluzioni non convenzionali: nel caso in cui possano funzionare, sono testate dapprima all'interno del kitchen design (laboratorio pieno di stampanti 3D e altre macchine meccaniche hi-tech). Se i primi test danno riscontri positivi, si passa alla fase di prototipizzazione: il progetto è realizzato su scala leggermente più ampia e ne vengono testate le capacità e le funzionalità nel mondo reale. Se anche quest'ultimo ostacolo è superato si passa alla realizzazione in serie del prototipo e alla sua commercializzazione.