Con centinaia di migliaia di utenti sparsi in tutto il Paese e decine di servizi attivi sul territorio nazionale (più le varie declinazioni cittadine e locali), il car sharing è un servizio particolarmente apprezzato dagli abitanti delle maggiori città italiane. Diversi i motivi di questa predilezione: permette di spostarsi nel traffico cittadino senza grossi problemi e senza avere la necessità di possedere un'automobile. Insomma, comodità ed economicità in un colpo solo.
Al fianco del noleggio "collettivo" di automobili, da qualche tempo a questa parte si sta rafforzando anche il fenomeno del bike sharing. Sono sempre di più gli italiani che scelgono la bici come mezzo di locomozione cittadino, grazie anche alle varie forme di incentivo che arrivano dagli enti pubblici. Nel nostro Paese, come si evince dal rapporto 2016 dell'Osservatorio Sharing mobility, il bike sharing è attivo in oltre 200 città con una flotta complessiva di oltre 13 mila biciclette: un impegno sostenuto in gran parte da amministrazioni comunali e altri enti pubblici. Ma non solo.
Dalla seconda metà del 2017, infatti, anche nel nostro Paese si sta sviluppando il cosiddetto bike sharing free floating, da tempo attivo (e apprezzato) in Paesi come la Cina e il Regno Unito. A Milano e Firenze, ad esempio, hanno iniziano a girare tra le strade del centro le bici delle startup cinesi Ofo e Mobike che, con una flotta di qualche migliaio di bici, stanno provando a rivoluzionare il modo in cui gli abitanti delle due città italiane utilizzano la dueruote condivisa.
Che cos'è il bike sharing
Per chi conosce già il car sharing, il bike sharing non ha praticamente segreti. Il bike sharing è uno strumento di mobilità sostenibile che prevede l'utilizzo di bici per spostamenti (più o meno lunghi) all'interno di tracciati urbani. Le bici, come suggerisce il nome del servizio, non sono di proprietà di un singolo utente, ma sono condivise e possono essere noleggiati, solitamente per brevi periodi di tempo, da tutti gli iscritti al servizio. L'obiettivo primario del bike sharing, comunque, non è solo quello di incentivare gli spostamenti sulla dueruote: lo scopo è favorire l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico (bus, tram e metro), con la bici vista come mezzo di trasporto "terminale" per spostarsi tra la fermata della metro o del bus fino alla propria destinazione finale.
Come funziona il bike sharing "classico"
Se il concetto alla base del car sharing e del bike sharing è, a grandi linee, lo stesso, le modalità di utilizzo e funzionamento sono piuttosto differenti. Quanto meno nella versione "classica" del bike sharing. Ma ciò non vuol dire che il funzionamento del bike sharing sia complicato: tutto quello che si deve fare è raggiungere uno stallo di bici, avvicinarsi a una di quelle disponibili e sbloccarla, così da poterla utilizzare. Per sbloccarla, ovviamente, dovremmo prima di tutto essere iscritti al servizio e, successivamente, pagare l'importo del noleggio.
Come pagare il bike sharing? Dipende. In alcuni casi, i gestori del servizio utilizzano un sistema di pagamento a deposito: per sbloccare lo stallo e utilizzare la bici è necessario inserire una moneta (sullo stile dei carrelli per la spesa) da ritirare nel momento in cui si restituisce il mezzo. Un'altra modalità di pagamento è quella con tessera prepagata: ci si avvicina allo stallo, si "striscia" una tessera prepagata erogata dal gestore del servizio e si sblocca così la dueruote. In alternativa, si può utilizzare un'app per smartphone: si localizzano gli stalli con il GPS, ci si avvicina alla bici e, grazie al chip NFC, si sblocca il sistema di chiusura del mezzo. Se il primo metodo prevede un pagamento indipendente dal tempo di utilizzo della bici, la tessera e l'app consentono di pagare solo per il tempo effettivo di utilizzo del servizio di bike sharing.
Come funziona il bike sharing "free floating"
L'evoluzione del bike sharing via app è il cosiddetto bike sharing free floating. In questo caso la flotta di biciclette non è posizionata in stalli all'uscita della metro o vicino terminal degli autobus. I mezzi, invece, sono lasciati per le strade della città e gestiti attraverso una serie di lucchetti smart dotati di GPS e connettività wireless. Sistemi di questo genere, come già accennato, sono utilizzati dalle startup cinesi Ofo e Mobike che, dopo aver testato il modello in madrepatria e nel Regno Unito, l'hanno riproposto nella seconda metà del 2017 a Firenze e Milano.
Il funzionamento del bike sharing free floating è molto simile a quello del car sharing: grazie all'app per smartphone si individua una bici nelle vicinanze e si prenota. Da questo momento si avranno 15 minuti per raggiungere il mezzo e sbloccarlo. Anche in questo caso, il funzionamento è piuttosto semplice: si scansiona il codice QR presente sul copriruota posteriore o anteriore così da sbloccare il lucchetto e avviare il noleggio. Il pagamento avviene a fine noleggio e si basa sul tempo di utilizzo effettivo della bici: i soldi saranno scalati dal credito presente sull'app e non direttamente dalla carta di credito (comunque collegata al proprio account bike sharing).
Al profilo di ogni utente, inoltre, è legata una sorta di "patente di guida" che consente di noleggiare e utilizzare le bici condivise: si parte da 100 punti dai quali saranno scalati quelli delle eventuali infrazioni (se, ad esempio, si danneggia il mezzo o lo si parcheggia intralciando un marciapiede). Al di sotto degli 80 punti potrebbe essere richiesto il pagamento di una sorta di multa, mentre una volta a 0 punti si sarà esclusi dal servizio.