I video che guardiamo su YouTube, la musica che si ascolta attraverso Spotify e iTunes, le foto scattate con la fotocamera digitale. I contenuti multimediali con cui abbiamo a che fare quotidianamente sono frutto di un processo di compressione che permette di usufruirne senza grossi grattacapi. A causa del peso dei file è nata l'esigenza di ridurre la loro grandezza così che occupassero meno spazio su disco rigido e potessero essere scambiati più velocemente sulla Rete.
Negli anni sono state sviluppate due differenti tecniche di compressione: una che prevede la perdita di informazioni e un’altra senza perdita di informazioni. Ciò ha portato alla nascita di diversi codec e formati, come MPEG, MP3, MPEG-H e molti altri ancora.
Lossy e Lossless
La compressione dei file multimediali può avvenire in due modalità: lossy (traducibile con “con perdita”) e lossless (traducibile con “senza perdita”). Nel primo caso la codifica dei file audio e video comporta la perdita di alcune informazioni ritenute “inutili” o non essenziali. I file ottenuti attraverso questo processo avranno una qualità inferiore rispetto ai file originali, ma l'occhio o l'orecchio umano non dovrebbero notare grossissime differenze. In un file mp3, ad esempio, saranno eliminati gli ultrasuoni; nel caso di un file Jpeg gruppi di pixel attigui e simili cromaticamente possono essere accorpati in blocchi più grandi, perdendo una certa quantità di dettagli a seconda della quantità di compressione effettuata.
La compressione lossless assicura che nel processo di codifica non ci sia alcuna perdita di informazioni. Ciò è reso possibile dall'utilizzo di particolari algoritmi che elimina le informazioni ridondanti sostituendole con una sorta di “segnaposto”. L'algoritmo RLE (Run lenght encoding), ad esempio, individua nel file delle sequenze di bit solite ripetersi e le sostituisce con un unico simbolo e con il numero di ripetizioni presenti.
I formati di compressione video
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DivX, Xvid. Appartengono ad una delle primissime generazioni dell'era dei contenuti multimediali online. Si tratta, in sostanza, di due codec “gemelli”: il DivX nasce come formato proprietario dell'omonima software house; XviD come alternativa gratuita ed open source con caratteristiche simili se non identiche. Ottennero grande successo e ampia diffusione per la loro capacità di comprimere lunghi spezzoni di filmati (anche film interi) in file dalle dimensioni esigue, mantenendo un buon livello qualitativo
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Codec Google. Google è sempre più impegnata nel campo della multimedialità e sempre più decisa ad investire su tecnologie capaci di ridurre al minimo l’impatto sul consumo di banda da parte degli utenti. Ne è un esempio la suite di codec e formati per la compressione video sviluppati negli ultimi anni. Ultimo nato è il codec VP9, compatibile con lo standard 4K e capace di assicurare un elevata qualità di riproduzione associata a file dalle dimensioni contenute
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H.264. Tra i formati di compressione video più utilizzati per la realizzazione e la distribuzioni di filmati e video di qualsiasi dimensione e risoluzione, il codec H.264 (conosciuto anche come MPEG-4 Part 10 AVC) è noto anche per essere uno degli standard di codifica dei dischi Blu-ray. Capace di garantire un'ottima qualità video a bassi livelli di bitrate (ovvero dimensioni del file minori), è ampiamente utilizzato dai servizi di videostreaming sul web (Vimeo, iTunes) e da software di riproduzione video (Adobe Flashplayer e Microsoft Silverlight)
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H.265. Erede del codec H.264 (è stato rilasciato ufficialmente solo nell'aprile 2013) garantisce – teoricamente – una compressione doppia rispetto al predecessore: a parità di qualità video, quindi, un file video compresso con codec H.265 peserà più o meno la metà dello stesso filmato compresso con il codec H.264. Supporta lo standard 8K, assicurando la visualizzazione di video con risoluzione fino a 8.192x4.320 pixel
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MPEG-H. Formato di compressione ancora in fase di sviluppo, gli MPEG-H nascono dalla necessità di creare file multimediali in grado di contenere traccia audio e traccia video in Ultra Alta definizione
I formati di compressione audio
Sul versante audio le cose non sono così differenti: contando sia i lossy sia i lossless, ci si ferma a sei, sette formati principali.
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Wave. Tra i formati lossless è il più diffuso e utilizzato. Riproduce i suoni in maniera fedele e proprio per questo motivo occupa molto spazio (1.411 kilobit, più o meno 176 kilobyte, per ogni secondo di musica stereo a 44.100 hertz): non è un caso che sia il formato predefinito per “l'estrazione” delle tracce da un CD audio. Indicato per gli audiofili e chi registra musica dal vivo
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Flac. Acronimo di Free loseless audio codec, si tratta di un codec di compressione open source e utilizzato per archiviare musica sul disco rigido. A differenza del Wave, infatti, utilizza un algoritmo di compressione variabile per la riduzione delle dimensioni dei file. In caso di parti musicali ricche e complesse, ad esempio, utilizzerà una codifica simile al Wave, con 1.411 kilobit di informazioni per ogni secondo di musica. Nel caso di parti meno complesse, utilizzerà meno bit per la codifica, senza che questo incida sulla qualità audio
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Apple Lossless Audio Codec. Format di compressione proprietario di Apple, applica la stessa compressione del Flac, anche se in maniera continuativa e non variabile. La qualità è mediamente buona, anche se non si tratta di un formato così efficiente come il Flac
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Mp3. È il formato audio per eccellenza. È lo standard musicale lossy più conosciuto e utilizzato e, nonostante sia stato lanciato nel 1998, è tutt'ora il più utilizzato. Deve questa sua longevità alla capacità di comprimere file musicali in maniera “netta”: rispetto ad un file Wave, un file mp3 “peserà” circa il 90% in meno. La qualità è variabile a seconda del bitrate utilizzato in fase di codifica: si va da 32 kilobit sino ad arrivare ad un massimo di 320 kilobit, anche se lo “standard” di compressione varia tra i 128 e i 192 kilobit al secondo
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AAC. L'Advanced audio coding è un formato proprietario Apple utilizzato di default quando si effettua il ripping di un CD audio con iTunes. Molto simile allo mp3, utilizza un diverso algoritmo di compressione. A parità di bitrate, genera file della stessa grandezza del formato concorrente
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WMA. L'affermazione dell'iPod come lettore portatile di file audio digitali ha minato alle fondamenta le possibilità di buona riuscita di questo formato. Acronimo di Windows media audio, venne creato dalla casa di Redmond in risposta allo standard mp3. I risultati, come detto, non sono stati quelli attesi. L'incompatibilità con l'iPod e con l'universo Apple in generale ha fatto sì che gli utenti gli preferissero il formato concorrente, finendo con il finire nel dimenticatoio o quasi
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Ogg Vorbis. Formato open source e patent free assicura, a parità di compressione, una qualità leggermente superiore a quella dello mp3. Nonostante possa essere implementato in un lettore audio senza la necessità di chiedere o pagare per licenze d'utilizzo, non è riuscito a sfondare e la stragrande maggioranza degli utenti (e delle case produttrici) continua a preferirgli lo mp3