Si sa, in caso di terremoti più veloci si è, meglio è. Prima si riesce a "intercettarne" le tracce e si lancia l'allarme e più vite si riescono a mettere in salvo grazie a strumenti come quelli impiegati dal sistema di allerta rapida operativo in Giappone. Questi sistemi, però, hanno un raggio d'azione molto breve e, soprattutto, sono molto costosi: la loro progettazione e realizzazione, oltre che la manutenzione dell'impianto stesso, richiede un ingente quantitativo di risorse umane ed economiche.
I sismografi, però, non sono l'unico sistema per rilevare per tempo i terremoti e dare modo alla popolazione di mettersi in salvo. Secondo alcuni studiosi dell'università statunitense di Stanford ci sarebbe un altro strumento, più economico e già ampiamente diffuso in tutto il mondo, che potrebbe ben presto essere utilizzato anche come alternativa ai sistemi attuali. Si tratta della fibra ottica, la stessa che quotidianamente viene utilizzata per trasportare miliardi di pacchetti dati da una parte all'altra del globo.
Perché la fibra ottica al posto dei sismografi
La teoria degli scienziati statunitensi si regge sul funzionamento stesso della fibra ottica. I dati sono trasmessi sotto forma di impulsi di luce laser che rimbalzano sulle pareti di un cavo di sostanza vitrea racchiuso in guaine plastiche. Sfruttando diversi indici di rifrazione tra il vetro del core della fibra ottica e le sezioni avvolgenti esterne, gli impulsi luminosi sono in grado di viaggiare anche per decine e decine di chilometri senza perdere intensità, né subire interferenze.
Questo, almeno, fino a che il cavo non è sottoposto a una vibrazione talmente forte – come quella di un terremoto, ad esempio, capace di deviare leggermente il corso del raggio laser. A meno che non ci sia una vera e propria rottura del cavo, la vibrazione non ha effetti troppo deleteri sulla trasmissione dei dati, ma è comunque rilevata dai sistemi di controllo della connessione via fibra ottica. Ed è proprio su questa leggera alterazione del "percorso" degli impulsi luminosi e sulla loro rilevazione che si basa la teoria del gruppo di ricerca di Stanford.
Sistema DAS
La capacità della fibra ottica è data da una particolare tecnologia, chiamata Distributed Acoustic Sensing (abbreviato per comodità in DAS) e già utilizzata negli impianti di estrazione petrolifera e di gas naturale. Grazie al DAS è possibile rilevare variazioni nella rifrazione del raggio laser anche se il movimento tellurico avviene a decine e decine di chilometri di distanza e di calcolarne l'intensità. Insomma, esattamente quello che accade con i sismografi, ma in maniera più semplice ed economica.
Gli esperimenti di Stanford
Per verificare l'esattezza delle loro teorie, gli scienziati di Stanford hanno realizzato un circuito di fibra ottica a forma di otto nel terreno sotto i laboratori universitari. Nel corso di un anno (tanto è durata la sperimentazione), la rete in fibra ha registrato ben 800 terremoti, incluso quello che ha devastato le regioni centrali del Messico, distanti oltre 3.000 chilometri dalla sede dell'università statunitense. Il sismografo a fibra ottica, inoltre, è in grado di differenziare tra onde S e onde P, offrendo così risultati ad alto grado di precisione.
Va detto, però, che gli attuali sismografi sono più precisi rispetto al sistema ideato e realizzato a Stanford, e in grado di offrire risultati in tempi più brevi. Un vantaggio tecnologico che non scalfisce la bontà dell'intuizione degli scienziati statunitensi: la fibra ottica, infatti, è di gran lunga più diffusa rispetto alla distribuzione mondiale degli apparati sismografici e basterebbe una piccola modifica per poterla adattare trasformandola in un provvidenziale rilevatore di terremoti "di scorta".