Qualcuno potrebbe anche dire che lo zampino dell'obsolescenza programmata rende e cose più complesse e difficoltose di quanto già non lo siano. La realtà dei fatti è che lo smaltimento dei rifiuti elettronici (il cosiddetto e-waste) è un problema piuttosto complesso e, nonostante le varie legislazioni emanate a livello nazionale e internazionale, di difficile risoluzione nell'immediato. Così, materiale elettronico riciclabile finisce nella spazzatura, provocando uno sperpero di risorse naturali di grande valore (oltre che a danni ambientali difficilmente valutabili, almeno per ora).
A richiamare l'attenzione su questo tema sono gli scienziati e gli esperti delle Nazioni Unite che, nel corso del Forum di Davos del 2019, hanno chiesto a gran voce una task force che porti alla risoluzione del problema. Non solo si rischia di restare ben presto senza quelle "terre rare" necessarie per produrre dispositivi elettronici, ma c'è il pericolo di compromettere ulteriormente l'equilibrio di ecosistemi delicati in alcune nazioni in via di sviluppo.
Che cosa sono i RAEE e come dovrebbero essere smaltiti
Con il termine RAEE (acronimo di Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) si identificano tutti quei dispositivi alimentati elettricamente che, per un motivo o per un altro, sono stati gettati nella spazzatura. La raccolta e lo smaltimento dei RAEE sono regolate da un'apposita Direttiva dell'Unione Europea recepita nel nostro Paese nel 2005 (e modificata nel 2014).
Lo scopo principale della direttiva è evitare che computer, smartphone, televisore ed elettrodomestici vari siano conferiti nelle normali discariche o, peggio, siano conferiti nell'ambiente in discariche abusive. Per questo, la raccolta dei RAEE è eseguita in base ai principi del metodo multi-consortile: sono gli stessi produttori (o venditori) di dispositivi elettronici a doversi occupare del loro ritiro e dell'avvio verso processi di riciclo e recupero dei materiali di costruzione.
Produzione rifiuti tecnologici, i dati
Secondo le statistiche diffuse a fine 2018 dalle Nazioni Unite, ogni anno vengono prodotte 50 milioni di tonnellate di e-waste (in gran parte smartphone, computer ed elettrodomestici di ogni dimensione. Materiali che, difficilmente, possono essere paragonati a dei rifiuti "normali": sia per la loro pericolosità (se smaltiti in maniera inadeguata, rappresentano un rischio sia per l'ambiente sia per la salute umana) sia per il loro valore economico. Si stima, infatti, che i telefonini, TV e microonde che buttiamo in discarica abbiano un valore di oltre 50 miliardi di euro.
Riciclandoli correttamente, ad esempio, sarebbe possibile recuperare oro, platino e altre "terre rare" che potrebbero poi essere riutilizzate nella produzione di nuovi dispositivi elettronici. Invece, solo il 20% della produzione annuale di e-waste viene avviata verso processi di recupero e riciclo, mentre la parte restante termina in discariche o viene illegalmente esportata nelle nazioni in via di sviluppo.
Per questo le Nazioni Unite, il Forum Economico Mondiale e il Consiglio Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile hanno voluto richiamare l'attenzione su questa tematica, troppo spesso ignorata. "Se non agiamo subito – afferma Ruediger Kuehr, scienziato ONU e tra i massimi esperti mondiali di e-waste – entro il 2050 produrremo 120 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici ogni anno. Non solo sarà sempre più difficile smaltirli in maniera corretta, ma avremmo difficoltà a reperire risorse naturali per realizzarne di nuovi".
L'impatto dei rifiuti tecnologici
E dire che nei vecchi telefonini si nasconde un vero e proprio tesoro. Secondo gli esperti dell'ONU, infatti, è possibile ricavare una quantità maggiore di oro da una tonnellata di vecchi smartphone che in una tonnellata di materiale grezzo estratto da una miniera d'oro.
Smartphone e altri dispositivi elettronici sono delle vere e proprie bombe a orologeria. Oltre ai metalli preziosi, infatti, contengono sostanze altamente inquinanti (si pensi agli acidi disciolti nelle batterie al litio) che potrebbero causare gravi danni alla salute delle persone, oltre che una catastrofe naturale (come sta già parzialmente accadendo in Nigeria e Pakistan, due delle nazioni che accolgono la maggior quantità di rifiuti tecnologici provenienti da Paesi esteri). Anche se rappresentano appena il 2% del peso dei rifiuti che finiscono in discarica, i dispositivi elettronici contengono il 70% dei materiali e sostanze pericolose lì presenti.
29 marzo 2019