Sempre più persone fanno la spesa online: tutte le grandi catene della grande distribuzione, infatti, hanno ormai una app tramite la quale riempire il carrello, decidere un orario per la consegna e anche pagare senza muoversi da casa. Oltre alla grande distribuzione, poi, c'è il colosso Amazon che negli Stati Uniti, dopo aver comprato nel 2017 la catena Whole Foods, consegna a casa anche i generi alimentari freschi mentre nel resto del mondo, Italia compresa, si limita ai prodotti confezionati di Amazon Pantry. L'offerta di servizi per fare la spesa online, quindi, è già molto articolata e tali servizi muovono già diversi miliardi di dollari in tutto il mondo.
Secondo Jeff Bezos tutto questo ha anche un impatto positivo sull'ambiente e, in particolare, riduce le emissioni di CO2 legate al gesto quotidiano (o persino settimanale) di andare a fare la spesa. Nell'ultima lettera annuale inviata agli azionisti di Amazon, infatti, il CEO ha affermato che lo shopping online è "intrinsecamente" più efficiente, dal punto di vista delle emissioni di Co2, rispetto a recarsi in un negozio fisico. Bezos ha portato come prova di ciò uno studio condotto dalla stessa Amazon che ha rilevato che ordinare online i generi alimentari su Whole Foods riduce le emissioni di carbonio associate a ogni articolo del carrrello in media del 43% rispetto a recarsi fisicamente da Whole Foods a fare la spesa. Questo studio, però, non è pubblico e non lo ha visto nessuno. Gli altri studi, invece, si dividono tra favorevoli e contrari alla spesa online perché, a dirla tutta, la questione non è così semplice e le variabili da prendere in considerazione sono veramente molte.
Spesa online e ambiente: i pro
E' indubbio che riempire un camion di generi alimentari, fargli fare un percorso di consegna studiato e ottimizzato e fargli consegnare la merce a cento persone è più efficiente, dal punto di vista energetico ed ambientale, rispetto a far muovere cento persone in macchina per farli andare in un supermercato distante cinque, dieci o più chilometri da casa loro. E questo è vero anche se consideriamo che un mezzo pesante emette molta più CO2 per chilometro percorso rispetto ad una autovettura.
Allo stesso modo, vanno anche considerati i consumi energetici di un normale supermercato. Queste strutture, dal punto di vista energetico-ambientale, sono un po' un paradosso: da una parte devono tenere al fresco decine e decine di tonnellate di merce deperibile ma, dall'altra parte, devono offrire ai clienti che girano tra i reparti una temperatura media confortevole e accettabile. Tenere due temperature così diverse è un problema, specialmente se i banchi refrigerati dell'ortofrutta, dei salumi e di carne e pesce sono aperti (come capita, purtroppo, nella stragrande maggioranza dei supermercati del mondo). Discorso identico per i surgelati: ogni volta che un cliente apre lo sportello per prendere qualcosa esce freddo ed entra caldo. Tutto questo non è efficiente.
Molto più efficiente, al contrario, è creare un magazzino refrigerato all'interno del quale chi deve riempire il nostro carrello può muoversi con una tuta termica. Il risparmio di energia è notevole e, tra le altre cose, la catena del freddo viene mantenuta in modo molto più efficace a tutto vantaggio della salubrità dei prodotti congelati o abbattuti.
Infine, è innegabile che più si sale con la scala e più è facile evitare gli sprechi pur mantenendo ampia e varia la gamma di prodotti offerti. Una piccola bottega può offrire tanti prodotti freschi, ma se non li riesce a vendere nei tempi utili quei prodotti non potranno che finire al macero. Su grandi numeri, però, è più difficile che succeda e, soprattutto, l'uso delle app per la spesa online permette di inviare notifiche agli utenti per dirgli che ci sono dei prodotti vicini alla scadenza a prezzo scontato.
Spesa online e ambiente: i contro
Dall'altro lato, se è vero che un camion pieno di merce è più efficiente di cento auto che vanno a fare la spesa, è anche vero che quel camion non è sempre pieno: la spesa online si sta facendo largo perché ha tempi di consegna garantiti, non si aspetta che il mezzo di trasporto venga riempito per mandarlo a fare le consegne. E qui, ovviamente, i conti della CO2 saltano completamente e si può ragionare solo in termini di emissioni medie. Può andare bene, ma anche male. Senza dimenticare il fatto, poi, che a fare la spesa ci si può andare anche a piedi o in bicicletta.
Come non va dimenticato, poi, che la possibilità di comprare online (specialmente se non si paga la consegna) incita l'utente a fare tanti microacquisti, magari da diversi store online, e questo rende ancor più difficile riempire il camion di cui sopra. Lo si è già visto con le consegne di prodotti non alimentari: da quando tutti vendono online e consegnano in giornata molti acquirenti preferiscono comprare online piuttosto che nel negozio fisico dietro l'angolo, dove magari andrebbero a piedi.
Infine c'è anche da considerare anche che, a differenza di una piccola bottega di quartiere, un grande e-commerce online ha nel "volantino" molti prodotti fuori stagione, provenienti dall'altra parte del mondo e, magari, a prezzi neanche troppo alti grazie alle grandi quantità di prodotti venduti. E questi ci porta a farci una domanda: è più importante dove compriamo, o cosa compriamo?
L'impronta ecologica della nostra spesa (online e non)
Da diversi anni è nota l'impronta energetica, ed ecologica in generale, della maggior parte dei cibi che mangiamo. Si sa, ad esempio, che le fragole a dicembre sono un crimine ambientale e che, senza girarci troppo intorno, mangiare carne comporta un dispendio di risorse (acqua ed energia) fino a dieci volte superiore rispetto a mangiare vegetali (a parità di calorie ingerite).
Poi ci sono casi in cui questi due fenomeni si incrociano in un mix pesantissimo per l'ambiente: le carni premium provenienti dall'estero. Non serve arrivare all'ormai famosa carne delle vacche Wagyu allevate a Kobe, in Giappone: qualunque carne d'importazione comporta emissioni di CO2 aggiuntive rispetto alla carne di un animale allevato vicino al consumatore.
Come fare la spesa online e rispettare l'ambiente
Tirando le somme di quanto detto fino ad ora, risulta chiaro ancora una volta che la questione non può essere affrontata in modo troppo semplicistico: è possibile aiutare l'ambiente facendo la spesa online, ma non è facile e automatico come molti credono.
Si parte, ovviamente, dai prodotti acquistati che devono essere il più possibile locali e di stagione: la fragola a dicembre già citata non sarà mai ecologica, né se comprata online né se comprata dal fruttivendolo sotto casa. Si prosegue evitando i microacquisti: una sola grande spesa settimanale è meglio di tanti piccoli acquisti quotidiani. Infine, c'è un problema a monte di tutto ciò: compriamo più cibo di quanto effettivamente ne mangiamo.
Secondo i dati 2019 dell'Osservatorio waste watcher di Last Minute/SWG ogni italiano in media getta nell'umido 700 grammi di cibo a settimana, una famiglia di quattro persone ne getta quindi oltre due chili. Non parliamo delle bucce delle mele o delle patate, ma di "avanzi" che vengono messi nel piatto e non vengono mangiati. A questi si aggiungono gli sprechi della grande distribuzione, calcolati in circa 220 mila tonnellate di cibo l'anno che vengono acquistate per offrire la massima varietà possibile al cliente ma che, alla fine, vengono distrutte. Infine, vanno aggiunti gli sprechi dei piccoli negozi di ristorazione da asporto.
Per questi ultimi, per fortuna, la tecnologia ha trovato qualche soluzione. Ad esempio le app contro lo spreco alimentare come Too Good To Go, che mette in contatto i negozi con gli acquirenti. Questi ultimi possono acquistare, a fine giornata, il cibo pronto invenduto ad un prezzo di favore. Alla piattaforma al momento aderiscono soprattutto panifici, pasticcerie, salumerie e piccole botteghe ma su Too Good To Go iniziano a farsi vedere anche i primi supermercati e ristoranti.