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Rifiuti elettronici, quale strada intraprendere per affrontare il problema

I rifiuti elettronici sono un problema enorme, che crescerà ancora nei prossimi anni se non lo si affronta subito con un cambio di paradigma

rifiuti elettronici | Fastweb Plus

Nel 2019 è stato stabilito un triste record: quello della quantità di rifiuti elettronici prodotti in un solo anno. La quantità totale di rifiuti da apparecchiature elettroniche prodotti, infatti, è stata pari a 53,6 milioni di tonnellate nel mondo e solo il 17% di questi rifiuti è stato riciclato, mentre quasi tutto il resto è andato a finire in discarica o, semplicemente, non si sa che fine abbia fatto.

In tutto il mondo, infatti, tracciare la sorte dei dispositivi elettronici a fine vita è sempre più complicato e diversi rapporti dei corpi di Polizia di mezzo mondo iniziano a dimostrare che è già sorto un fiorente business dello smaltimento illegale di questi rifiuti speciali, che sono molto pericolosi a causa dei tanti elementi chimici inquinanti (in particolare il mercurio, ma non solo) usati per produrre l'elettronica che usiamo tutti i giorni.

Poiché il mercato di questi dispositivi è in forte crescita e alcuni Paesi molto popolosi, come l'India, sono ancora agli albori della digitalizzazione, è chiaro che il problema non può che crescere se non viene affrontato prima possibile. La previsione al 2030 è che la quantità di rifiuti prodotta in quell'anno sarà doppia rispetto a quella del 2014.

Identikit del rifiuto elettronico

rifiuti elettronici

Se ogni anno nel mondo si producono così tanti rifiuti elettronici è semplicemente perché ormai l'elettronica è entrata ovunque. Dalla culla alla tomba siamo circondati di futuri rifiuti elettronici: i giochi per i bambini (ancor prima dei videogames e delle console, già i moderni bambolotti), gli smartphone e i tablet, i televisori, i computer, ma anche gli orologi e i termostati per il riscaldamento, i condizionatori, i piccoli e i grandi elettrodomestici, le lampadine e la lista potrebbe non finire quasi mai.

Quasi tutto quello che compriamo oggi, quindi, o ha una batteria o ha un cavo di alimentazione e questo lo candida al titolo di futuro rifiuto elettronico. Con le batterie, però, che rappresentano un problema a parte perché hanno al loro interno una composizione chimica particolarmente pericolosa.

La gestione dei rifiuti elettronici

riciclo rifiuti elettronici

In Italia i rifiuti elettronici si chiamano "RAEE", cioè Rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, e vanno smaltiti attraverso una precisa procedura che parte dalla loro raccolta. Questa prima fase è gestita da appositi consorzi, che devono essere ufficialmente riconosciuti e abilitati dal Governo a svolgere le loro attività.

I consorzi di raccolta e riciclo dei RAEE più famosi in Italia sono il CDC, Remedia, Ecodom, Ecolamp. Qualunque negozio che vende prodotti che un giorno diventeranno RAEE ha l'obbligo di iscriversi ad un consorzio e di ritirare il vecchio prodotto (cioè il nuovo rifiuto) in contemporanea alla vendita del nuovo. E' il cosiddetto 1 contro 1: vendo una lavastoviglie nuova, ritiro quella vecchia per poi consegnarla al consorzio al quale sono iscritto e avviarla al riciclo.

Purtroppo, però, non tutti i negozi sono realmente associati ad un consorzio e non tutti i consumatori si avvalgono dell' 1 contro 1. E il risultato è facile da intuire: rifiuti elettronici abbandonati illegalmente.

Cambiare paradigma

riciclo batterie

Una delle strade per ridurre il problema dei rifiuti elettronici è quella di ripensare i prodotti. Innanzitutto non mettendo l'elettronica dove non serve realmente. Poi rendendo la parte elettronica facilmente disassemblabile da quella non elettronica.

Infine, rendendo più pulita l'elettronica stessa. Utilizzare meno elementi chimici inquinanti nelle apparecchiature elettroniche non risolve il problema dei RAEE, ma ne limita l'impatto ambientale quando i RAEE finiscono, per un motivo o per l'altro, in discarica.

Parecchia ricerca si sta facendo, ad esempio, per produrre batterie più pulite. Ad esempio le "FlashBattery" che sta sviluppando l'israeliana StoreDot: oltre a ricaricarsi in tempi molto più brevi rispetto alle normali batterie a ioni di litio, usano pochissimi composti chimici nocivi per l'ambiente. In questo modo, nell'ipotesi peggiore dello smaltimento illegale o in discarica, inquinano poco.

Di esperimenti del genere se ne stanno facendo molti in giro per il mondo, legati soprattutto ad un altro settore "green" che sta esplodendo: quello delle auto elettriche, che al loro interno hanno enormi batterie che, un giorno, in qualche modo dovranno essere smaltite.

A cura di Cultur-e
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