Nel 1983, a Milano in via Santa Radegonda, nasce la prima centrale termoelettrica italiana: serviva ad alimentare, in corrente continua, i negozi intorno a Piazza Duomo, il Teatro Manzoni nella vicina Piazza San Fedele e uno dei simboli della città, cioè il Teatro alla Scala. Da allora la diffusione dell'energia elettrica nel nostro Paese non ha visto alcuna sosta, prima come fonte di alimentazione dell'illuminazione pubblica e dei grandi impianti produttivi e poi, progressivamente, anche nelle case degli italiani.
A quasi 140 anni di distanza, oggi, la parola "elettrificazione" è sulla bocca di tutti perché la scienza ci dice che usare l'elettricità per più scopi possibile è uno dei modi più efficaci per ridurre le emissioni di CO2 e, conseguentemente, i cambiamenti climatici.
L'utilizzo dell'elettricità è già oggi scontato per alimentare i dispositivi elettronici, per l'illuminazione, per il raffrescamento degli edifici e per tenere accesa la sempre più vasta, complessa ed energivora infrastruttura digitale sulla quale ormai poggia l'intera società.
Molto meno scontato, invece, è l'uso dell'elettricità per riscaldare le abitazioni, per cucinare, per alimentare le automobili e gli altri mezzi di trasporto. In questi settori l'elettrificazione sta facendo strada, ma con più di una difficoltà.
Tuttavia, l'elettrificazione è solo uno dei metodi per ridurre le emissioni di gas climalteranti e non è neanche certo che sia efficace: dipende tutto da come viene prodotta l'energia elettrica usata per sostituire i combustibili fossili. Infatti, è possibile produrre elettricità tramite la combustione di praticamente ogni cosa, anche la più inquinante, sfruttando le fonti rinnovabili e, infine, sfruttando l'energia nucleare.
Usare l'elettricità non è sempre sinonimo di rispetto dell'ambiente, qualunque sia la fonte utilizzata per produrla
Nel primo caso, la produzione termoelettrica, c'è sempre emissione di CO2, sia nella fase di estrazione dei combustibili che in quella del loro utilizzo per fini energetici. Nel caso delle rinnovabili la produzione di CO2 è limitata alla fase di produzione degli impianti per generare elettricità dal sole, dal vento e dall'acqua e, soprattutto, nella produzione delle eventuali batterie di stoccaggio dell'energia. Nel caso dell'energia nucleare, infine, c'è produzione di CO2 nella fase di estrazione e lavorazione dei combustibili nucleari, non c'è emissione durante la produzione elettrica, ma ci sono problemi e rischi sia nell'immediato che a lungo termine, nella fase di gestione delle scorie nucleari.
Il mix energetico nella produzione elettrica
Tranne rarissime eccezioni, dovute a situazioni specifiche non replicabili altrove, quasi nessun Paese al mondo è oggi 100% rinnovabile: l'energia elettrica si produce sempre da un mix di fonti che include almeno due delle opzioni precedentemente citate. Ci sono Paesi che si affidano a rinnovabili e nucleare, altri che si affidano a nucleare e termoelettrico, altri ancora (la maggior parte) a termoelettrico e rinnovabili.
In Italia, ad esempio, l'energia elettrica viene prodotta esclusivamente da fonti rinnovabili e fossili e non anche da nucleare. In Francia, invece, domina il nucleare seguito dalle rinnovabili e il termoelettrico è marginale. La Germania, poi, ha recentemente deciso di uscire dal nucleare e di puntare sulle rinnovabili, ma sta sostituendo l'energia elettrica prodotta da nucleare con altra elettricità prodotta da fonti fossili, in particolare da carbone, per superare la fase di passaggio.
Ogni Paese, quindi, ha un differente mix energetico, un differente paniere di fonti che utilizza per produrre energia elettrica. E ogni paniere ha una diversa "intensità di carbonio". Con questa definizione si intende la quantità di CO2, espressa in grammi, che viene emessa per produrre un kWh di energia elettrica. In base al mix energetico usato la differenza tra l'intensità di carbonio di un Paese e l'altro può essere enorme.
I Paesi più green al mondo
Per scoprire l'intensità di carbonio dell'elettricità prodotta in ogni Paese c'è uno strumento open source molto utile: si chiama Electricity Map ed è stato realizzato da Tomorrow, azienda danese che si occupa di raccogliere e aggregare dati sulla produzione elettrica nel mondo. Electricity Map è un progetto ancora decisamente incompleto, ma già molto utile e, soprattutto, facile da usare.
Ogni Paese viene rappresentato con un colore diverso: quelli dove l'intensità di carbonio è bassa sono rappresentati in verde, quelli dove è alta in marrone scuro, con tutte le sfumature del caso in una scala che va da zero CO2 per kWh a 800 grammi di CO2 per kWh. Ma la mappa fa anche qualcosa in più, perché distingue, per ogni Paese, tra energia effettivamente rinnovabile ed energia prodotta "a basse emissioni". Il colore assegnato al Paese, però, dipende esclusivamente dai grammi di CO2 necessari per produrre un kWh di elettricità.
La zona con l'intensità di carbonio minore, tra quelle censite su Electricity Map, è il centro della Norvegia: appena 22 grammi di CO2 per kWh in media. Nel sudovest della Norvegia, però, si sale già a 57 grammi. Molto bene anche la Francia, con 25 grammi di CO2 per kWh, ma solo grazie all'uso massiccio del nucleare tanto che la quota di produzione da fonti rinnovabili si ferma al 27% (meno che in Italia).
A proposito dell'Italia, nella mappa di Tomorrow il nostro Paese viene diviso in sei aree:
- Settentrione: 273 grammi, 56% a basse emissioni, 42% rinnovabili
- Centronord: 261 grammi, 59% a basse emissioni, 59% rinnovabili
- Centrosud: 330 grammi, 52% a basse emissioni, 51% rinnovabili
- Meridione: 369 grammi, 39% a basse emissioni, 39% rinnovabili
- Sicilia: 324 grammi, 44% a basse emissioni, 44% rinnovabili
- Sardegna: 448 grammi, 33% a basse emissioni, 33% rinnovabili
La bassa intensità di carbonio registrata al nord e centro Italia deriva dalla presenza di numerose centrali idroelettriche al nord (e dal fatto che le centrali idroelettriche hanno un'efficienza altissima) e anche geotermiche al centro.