Il problem solving è la capacità di risolvere i problemi e di far fronte a situazioni critiche, con soluzioni creative, innovative e adeguate al contesto. È una dote che potrebbe apparire scontata, ma che, in verità, non tutti possiedono realmente. Per questo motivo rientra tra le soft skills, le competenze trasversali, maggiormente richieste dalle aziende.
Il motivo è presto spiegato: saper risolvere i problemi è una qualità che si sviluppa con il tempo, grazie alle esperienze di vita e ad un background culturale che rende predisposti a pensare in maniera alternativa e fuori dagli schemi. Un’attitudine che è difficile da trasmettere con brevi corsi o conferenze. Ciò che, però, può essere appreso sono delle tecniche che possono essere applicate da tutti per approcciarsi ai problemi.
- Il problem solving: un esempio di soft skills
- Problem solving e psicologia
- Problem solving, mondo del lavoro e innovazione
- Problem solving e scuola
- Tutte le metodologie del problem solving
- Strumenti per il Problem Solving: mappe mentali e tecnica dei 6 cappelli
- Esercizi di problem solving
- I vantaggi del problem solving
- Il metodo dei 5 perchè nel Problem Solving
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0. Il problem solving: un esempio di soft skills
Il problem solving è la capacità di individuare un problema, capire velocemente le cause che lo hanno scatenato e le ripercussioni che potrebbe avere in un ambiente, analizzare tutto il contesto in cui si inserisce e gli elementi che potrebbero influire sulla decisione finale e, infine, trovare la soluzione migliore per porvi rimedio.
Il problem solving non è una conoscenza o competenza tecnica, ma una qualità puramente personale dell’individuo che fa riferimento all’intelligenza emotiva.
In informatica il problem solving indica un processo computerizzato. La teoria della complessità computazionale, ad esempio, studia le risorse minime necessarie per rivolvere un problema e, l’Intelligenza Artificiale (AI), simulando il comportamento umano, può avere come scolpo la risoluzione di problemi.
Richiede la tendenza a utilizzare, nel processo mentale, non solo il pensiero verticale, basato sul ragionamento deduttivo, ma anche il pensiero laterale, che invece non segue i dettami logici, ma stimola l’elaborazione di nuove idee e spinge gli individui a percorrere sentieri mai battuti e sperimentati per raggiungere gli obiettivi che si sono posti.
Ci sono poi altre soft skills che possono sostenere la capacità di problem solving dell’individuo, come la capacità di lavorare in team, ascoltando le opinioni di tutti per portare a termine le mansioni. È bene possedere, poi, anche la capacità di prendere decisioni, assumendosene la responsabilità e gestendo percentuali di rischio. Una soluzione ai problemi, inoltre, verrà trovata più facilmente da coloro che riescono a gestire lo stress e a non avvertire la difficoltà nei momenti di pressione e di insicurezza.
Sviluppare la capacità di problem solving richiede tempo, voglia di mettersi in gioco e di tenere la mente allenata.
Occorre imparare a ad approcciarsi ai problemi nella maniera più efficace, senza tralasciare la parte di analisi e facendo molta attenzione agli effetti ottenuti dalla decisione presa. Un buon modo per affrontare gli imprevisti è il seguente:
- Analizzare il problema: definire in maniera chiara qual è il problema e cosa l’ha scatenato.
- Individuare tutte le possibili soluzioni: non fermarsi ad una sola ipotesi, ma vagliare tutte le alternative, considerando tutti i pro e i contro.
- Prendere una decisione: una volta valutate tutte le possibilità, individuare la decisione con il miglior rapporto rischi-benefici.
- Attuare la decisione presa: mettere in atto la soluzione.
- Valutarne gli effetti: controllare sempre cosa succede dopo aver agito per comprendere se sono stati commessi errori. Si tratta di un momento importante per poter apprendere una lezione e poter applicare gli stessi schemi che sono risultati funzionanti in altre situazioni simili.
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1. Problem solving e psicologia
Il problem solving è un processo cognitivo, affettivo e comportamentale che viene messo in atto dall’individuo di fronte ad una sfida o ad un ostacolo da superare per raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. È un’attività del pensiero intensamente studiata in psicologia, in particolar modo dalla psicologia del pensiero, che si occupa di fenomeni come la formazione dei concetti e la risoluzione delle criticità.
Un problema sorge quando un individuo si trova di fronte ad una situazione complessa e non può raggiungere la meta che ha stabilito attraverso un’azione meccanica o l’applicazione di procedure già precedentemente conosciute, acquisite e applicate. Non può sfruttare un approccio intuitivo.
Il soggetto, nonostante la complessità della situazione, è spinto da una forte motivazione, dettata da un bisogno fisiologico o non fisiologico. Sorgeranno degli interrogativi che configureranno la situazione come problematica. La criticità diventa un prodotto psicologico ed esiste solo quando è la mente a definirla come tale.
La presenza del problema è una situazione legata alla dimensione personale e determinata dal pensiero del singolo individuo. Esiste solo nella dimensione psicologica delle persone e non in quella naturale o oggettiva.
Sorge quando gli ostacoli presenti tra la persona e il soddisfacimento dei suoi bisogni non si possono rimuovere con prestazioni mentali già applicate, poiché insufficienti per il raggiungimento degli obiettivi. La soluzione si configura, quindi, come una scoperta.
Il problema è un prodotto psicologico del singolo individuo. La situazione problematica si configura quando non si possono applicare procedimenti già utilizzati in passato e occorre scoprirne di nuovi.
La Psicologia della Gestalt e gli studiosi afferenti a questo filone hanno analizzato in maniera approfondita i processi del pensiero di fronte alle situazioni problematiche, pur non utilizzando mai il termine ‘problem solving’. Max Wertheimer, che nel 1912 ha fondato questa corrente, ha preferito parlare di pensiero produttivo, differenziandolo dal pensiero riproduttivo. Un concetto ripreso da quasi tutti gli psicologi che hanno seguito l’orientamento gestalista.
Il pensiero riproduttivo applica al problema soluzioni già utilizzate in altri contesti, in maniera del tutto automatica. Il pensiero produttivo ristruttura tutta la situazione problematica e, attraverso la comprensione, l’intuito e la creatività, cerca nuovi processi risolutivi.
Il problem solving non è una riproduzione di ciò che è già accaduto in passato, ma è una produzione del nuovo, la creazione di ciò che ancora non è mai esistito nella mente del singolo individuo. Una forte componente è giocata dall’intuito e dalla creatività.
Kohler, esponente della scuola gestalista, ha sottolineato l’importanza degli aspetti creativi e l’influenza di quest’ultimi nella messa a fuoco dei nessi chiave della situazione. Secondo lo studioso, il problema diventa risolvibile solo quando appare con chiarezza, nella sua completezza, di fronte all’individuo.
Questo può avvenire solo attraverso un fenomeno, l’insight, che consente di ‘vedere dentro’, di intuire. È un’illuminazione della relazione esistente tra elementi che apparentemente sembravano essere scollegati. Wetheimer ha poi approfondito il concetto, affermando che solo a mente aperta, senza condizionamenti, si può comprendere profondamente la realtà, giungere alle radici di un problema e ad una soluzione.
L’insight non è improvviso, ma si ha solo dopo una lunga ricerca che ha avvio da una soluzione generica che permette di rivedere il problema in maniera più specifica. Si procede per soluzioni e approfondimenti del problema finchè non si arriva a visualizzarlo sotto ogni suo aspetto e in tutta la sua complessità.
Il problem solving consiste nella creazione di nuove idee, di nuovi processi e di soluzioni mai esistite in precedenza a partire da una profonda comprensione del problema in ogni suo aspetto.
Il problem solving è stato studiato anche dal filone cognitivista, corrente teorizzata da Ulric Neisser nel 1967. È stata posta l’attenzione sul modo in cui il pensiero utilizza le conoscenze già possedute e sui singoli passaggi che vengono messi in atto nella risoluzione del problema.
Secondo Newell e Simon, considerati pionieri del problem solving, gli individui, nella risoluzione del problema, si immaginano da uno stato iniziale ad uno stato finale. Per passare da uno all’altro attuano un processo, fatto di tanti piccoli passi intermedi compiuti attraverso degli operatori mentali, ovvero delle mosse consentite o non consentite. Ciò viene chiamato problem space.
Ad ogni passaggio, è possibile scegliere tra tante diverse alternative. Per individuare la mossa giusta da compiere, le persone applicano delle strategie (euristiche). A differenza degli algoritmi, non hanno una riuscita assicurata, ma qualora si verificasse una condizione di successo il risparmio di fatica e di tempo sarebbe netto e vantaggioso.
È necessario saper rappresentare ed individuare il problema e valutare tutte le soluzioni trovate per comprendere se sono funzionali al raggiungimento dell'obiettivo o al soddisfacimento del bisogno iniziale.
Bisogna notare le differenze tra stato iniziale e stato finale, creare delle sottofasi per ridurre la distanza e selezionare gli operatori mentali giusti. In questo modo il problema principale viene scomposto in tanti piccoli sotto-problemi da risolvere passo dopo passo.
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2. Problem solving, mondo del lavoro e innovazione
Aziende e organizzazioni di ogni tipo si trovano ad operare in contesti iper-competitivi, dove il cambiamento è veloce e le aspettative dei clienti sempre più elevate. La necessità di risorse umane che sappiano cogliere le opportunità provenienti dall’esterno, risolvere conflitti, affrontare le sfide e superare gli ostacoli è quanto mai necessaria.
In un contesto così complesso, l’abilità di problem solving si afferma tra le soft skills più ricercate dai recruiter. A renderla necessaria soprattutto la trasformazione digitale, che sta investendo indifferentemente tutte le realtà. Molte attività sono in una fase di transizione importante e delicata.
I problemi, le criticità, le emergenze e i conflitti sono all’ordine del giorno e sono completamente differenti da quelli già affrontati in passato. Vanno elaborate nuove strategie e attuati nuovi processi. I lavoratori devono mostrare tutte le loro capacità analitiche, per comprendere ogni aspetto dell’imprevisto, capirne l’origine e rimuoverne la causa in maniera creativa.
Il problem solving porta a guardare le difficoltà come opportunità di miglioramento, favorendo un cambio di prospettiva. Ci si focalizza sugli aspetti positivi del problema, che diventa occasione per avviare un processo di innovazione interno alle aziende con la produzione di prodotti e servizi che rispondono alle nuove esigenze dei clienti.
Il problem solving porta ad un vantaggio competitivo ed è un elemento chiave per lo sviluppo di imprese di ogni tipologia e dimensione.
Il mondo del lavoro, inoltre, con l’avvento e il rafforzarsi dell’intelligenza artificiale, della robotica e dell’industria 4.0 cambierà profondamente. Molti lavori tradizionalmente svolti con l’intervento degli esseri umani saranno portati a termine dalle macchine. Avere capacità di problem solving permetterà ai lavoratori di ripensare ai propri piani e a trovare nuovi modi per applicare le conoscenze e competenze possedute, aprendosi a nuovi spazi di impiego e alla possibilità di cogliere nuove opportunità.
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3. Problem solving e scuola
L’importanza del problem solving come soft skill è universalmente riconosciuta e il suo sviluppo viene stimolato fin dall’età scolare. L’obiettivo è quello di facilitare l’incremento dell’abilità su tre piani differenti, comportamentale, psicologico e operativo, affrontando un percorso multidisciplinare, che non coinvolga solo l’area della matematica e della logica, ma anche le materie umanistiche.
Gli allievi, sin dalla scuola dell’infanzia, vengono messi di fronte a problemi da risolvere, via via più complessi. In questo modo migliora non solo la creatività e l’utilizzo del pensiero laterale, ma anche la capacità di giudizio e di valutazione.
Si parte stimolando la comprensione. Gli alunni devono imparare a identificare i problemi, individuarne le componenti, capire se rappresentano davvero un ostacolo da superare, raccogliere tutte le informazioni necessarie per affrontarli e ricercare, nella memoria, se hanno già incontrato una situazione simile.
Si deve, poi, fare una previsione su ciò che è necessario per superare un problema in termini di tempo e strumenti. Successivamente, si pianifica la risoluzione in base ai dati in possesso e alle proprie conoscenze. Nello svolgere il compito, lo studente deve controllare i risultati ottenuti, valutare la propria azione e, se opportuno, prendere in considerazione un cambio di prospettiva o di approccio. La procedura adottata, se di successo, potrà essere riutilizzata anche in futuro.
L’allenamento dell’abilità di problem solving ha un effetto positivo anche sullo sviluppo del pensiero critico degli studenti. Attraverso la risoluzione creativa di problemi, gli allievi imparano ad avere consapevolezza delle proprie abilità cognitive e ad analizzare ciò che li circonda con oggettività, senza tralasciare nessun aspetto della realtà.
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4. Tutte le metodologie del problem solving
Sono stati sviluppati differenti metodi per aiutare gli individui, sia nei contesti lavorativi che nella vita quotidiana, a identificare i problemi, individuare le criticità e trovare soluzioni che siano innovative, efficienti ed applicabili concretamente.
Si tratta di metodologiche che hanno come obiettivo quello di evitare eventuali errori di definizioni, che porterebbero ad una risoluzione affrettata che comporterebbe solo uno spreco di preziose risorse. Evitano la tendenza a cercare il colpevole e non la soluzione o ad affrontare gli eventi in situazioni di poca chiarezza.
Tra i metodi più diffusi c’è l’Applied Problem Solving (APS), un sistema pratico, facilmente adattabile a tutte le situazioni reali. Prevede un’approfondita analisi del contesto e dell’ambiente circostante. Sono le persone a dover raccogliere, in prima persona, dati, informazioni e le evidenze. Si parte con la ricostruzione dei fatti e si procede la definizione più precisa possibile del problema.
Dopo aver determinato il problema, se ne individuano le cause, fino ad arrivare a quella primaria, alla radice. Successivamente, si studiano le possibili soluzioni e come applicarle. Si sceglie l’alternativa ritenuta più efficace, che potrebbe produrre il maggior numero di benefici con l’utilizzo della minor quantità di risorse, si applica e si valutano i risultati ottenuti.
È uno dei metodi più semplici tra quelli elaborati, perché è stato realizzato con l’obiettivo di renderlo applicabile a realtà di diverso genere. Può essere utilizzato in contesti lavorativi o per affrontare gli imprevisti quotidiani e personali.
Esistono diversi metodi per applicare il problem solving: alcuni sono semplici, altri più complessi e destinati ad ambiti specifici.
La metodologia DMAIC (Define, Measure, Analyze, Improve and Control) prevede cinque fasi. L’obiettivo è quello di incrementare l’efficienza dei processi, apportando un miglioramento alle singole attività. Permette una maggiore flessibilità, facilita il lavoro di gruppo, incrementa la produttività, la qualità e riduce lo spreco di risorse.
Nella fase di definizione vengono individuati tutti i processi che presentano delle criticità. Si stabiliscono gli obiettivi da raggiungere e tutte le risorse necessarie per ottenere il risultato sperato. Nel momento della misurazione si valuta l’efficacia dei processi, attraverso la raccolta di dati e informazioni. Questi vengono poi analizzati nel terzo step.
Tutti i problemi riscontrati durante l’analisi, vengono studiati nella fase improve. Viene ricercata una soluzione che sia migliorativa della qualità delle performance e che porti ad una maggiore soddisfazione del cliente. Una volta ottimizzato il processo, va tenuto costantemente sotto controllo per evitare un calo delle prestazioni nel tempo.
Il FMECA (Failure Modes, Effects and Criticality Analysis) viene utilizzato soprattutto in ambito industriale per la manutenzione e per la risoluzione dei guasti di strumenti complessi come macchine e impianti. Consiste in un lungo e articolato processo di analisi a cui segue la definizione delle possibili azioni da attuare per raggiungere un miglioramento.
Il ciclo di Deming consiste nel pianificare, progettando azioni correttive dopo aver individuato eventuali criticità e provando ad applicare le soluzioni individuate. Dopo aver fatto una verifica sui risultati raggiunti, accertandosi che siano conformi a quelli previsti, si standardizza il processo elaborato e lo si inserisce in produzione. Una volta che il cambiamento è diventato normalità, si avvia un nuovo ciclo per dare vita ad un miglioramento continuo e inarrestabile.
Altri metodi per arrivare ad una risoluzione dei problemi in maniera creativa e innovativa sono il FARE (Focalizzare, Analizzare, Risolvere ed eseguire), l’applicazione di un pensiero laterale che si allontana da quello logico-deduttivo e la metodologia risolvi ed analizza, che viene utilizzato principalmente in ambito informatico per risolvere le criticità in maniera permanente.
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5. Strumenti per il Problem Solving: mappe mentali e tecnica dei 6 cappelli
Oltre ad avere una predisposizione naturale al problem solving, nel tempo sono state sviluppate numerose tecniche che possano aiutare l’individuo nel processo di risoluzione dei problemi stimolando la creatività e lo spirito di innovazione.
Tra gli strumenti più utili, ci sono senza ombra di dubbio le mappe mentali, ideate negli anni ’60 da Tony Buzan. Si tratta di rappresentazioni grafiche a raggiera che mettono in collegamento libero idee e pensieri fornendo una visione d’insieme di argomenti, progetti o problemi. Con un quadro ben chiaro e delineato, è più facile focalizzarsi sul problem.
Per risolvere problemi si può ricorrere alle mappe concettuali, che sono realizzate creando collegamenti di tipo gerarchico.
La tecnica dei sei cappelli, ideata da Edward De Bono, ha invece come scopo quello di analizzare le situazioni da punti di vista differenti per poi giungere alla soluzione più adatta. Si devono metaforicamente indossare sei cappelli e ragionare in un modo prestabilito, dando più importanza ad un aspetto o ad un altro:
- Cappello bianco della razionalità, per valutare tutti i fatti e i dati oggettivi
- Cappello rosso delle emozioni, per tenere in considerazione l’aspetto emotivo
- Cappello nero della negatività, per analizzare tutti gli ostacoli e i limiti
- Cappello giallo della positività, per individuare le opportunità
- Cappello verde della creatività, per elaborare nuove soluzioni creative
- Cappello blu del controllo, individuata la soluzione adeguata in base alle risorse possedute, bisogna passare all’organizzazione per attuarla. Rappresenta il pensiero strutturato.
Per giungere alle soluzioni migliori, infine, è importantissimo imparare ad ascoltare il prossimo, per cogliere tutte le sfumature dei problemi, le necessità altrui o per comprendere nel modo giusto gli obiettivi da raggiungere, e imparare a ragionare per ipotesi.
Un altro strumento particolarmente utile nella risoluzione dei problemi è l’analisi di Pareto. Partendo dal principio che l’80% delle conseguenze proviene dal 20% delle cause e che è meglio concentrarsi su un numero ristretto di fattori per ottenere risultati migliori, si costruisce un diagramma che facilità la ricerca di soluzioni.
Il diagramma di Pareto viene costruito in cinque passi: identificando il problema, elencandone le cause, assegnando un valore a ciascuna causa, costruendo un grafico a barre e analizzando il diagramma. In questo modo si avrà una riproduzione visiva della situazione nella sua totalità e sarà più semplice prendere delle scelte che producano gli effetti desiderati.
Un valido strumento per studiare le relazioni di causa-effetto alla base di un problema è quello 5W2H. In relazione alla criticità, ci si chiede chi, cosa, dove, quando, perché, in che modo e quanti. In questa maniera si cerca di delineare un quadro completo della situazione, senza tralasciare alcun dettaglio che potrebbe influire negativamente sull’applicazione della soluzione e sul raggiungimento degli obiettivi che ci si è prefissati.
L'analisi di Ishikawa, o diagramma di causa-effetto, è lo studio che porta allo sviluppo di un grafico strutturato a lisca di pesce o ad albero. È uno strumento che facilita lo studio di qualsiasi tipo di fenomeno. I collegamenti vengono fatti con il supporto della logica, con lo scopo di collegare ad ogni effetto la sua causa.
Ad utilizzarlo deve essere un gruppo di persone che ha esperienza rispetto al tema trattato e all’argomento oggetto dell’analisi. Tutti i membri del team dovranno esprimere senza remore le loro supposizioni e opinioni cercando di individuare la causa principale.
Il diagramma si costruisce inserendo in cima il problema da studiare e si prosegue aggiungendo gradualmente tutti gli elementi con relazione di causa effetto. Analizzando le correlazioni, si individua la soluzione più efficace ed opportuna. L’ultimo step prevede una valutazione degli effetti prodotti dalla decisione messa in atto.
Per la ricerca di soluzioni creative, una pratica estremamente efficace è quella del brainstorming. Consiste nella presentazione del problema ad un gruppo di persone o ad uno specifico team di lavoro. Tutti i componenti presenti al meeting devono partecipare attivamente con una libera espressione delle proprie idee.
Nessuna opinione o proposta, anche quella più fantasiosa e che apparentemente appare inapplicabile, può essere respinta o messa da parte. Ogni opzione va analizzata con cura. Si otterranno delle alternative di soluzioni mai prese in considerazione, si rafforzerà la coesione del team e il senso di appartenenza di ogni membro del gruppo.
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6. Esercizi di problem solving
La capacità di problem solving è una soft skill che può essere potenziata in diversi modi. Si possono applicare metodologie, tecniche e strumenti o avere una conoscenza approfondita del settore in cui si lavora o dell’ambiente in cui si vive per poter sfruttare tutti i processi già attuati in passato, captarne i limiti e i vantaggi.
Anche allenarsi quotidianamente, facendo dei semplici esercizi, può aiutare a sviluppare un pensiero laterale e creativo e modificare il proprio approccio alla realtà, agli imprevisti e alle criticità. Può essere un ottimo stimolo e un’opportunità per migliorare la propria posizione lavorativa.
Un buon modo per tenersi allentati è quello di guardare il problema sotto nuovi punti di vista, riformulandolo in maniera più astratta o più concreta a seconda delle situazioni. Per interpretare la realtà e trovare nuovi modi di agire, si possono utilizzare delle analogie con fenomeni apparentemente lontani e imparagonabili.
Assumere la prospettiva di un’altra persona permette di guardare la realtà da un punto di vista differente dal proprio e di sviluppare una forte empatia. Può essere utile, per ottenere lo stesso effetto, partecipare a divertenti giochi di ruolo.
La sperimentazione resta il miglior modo per cambiare il modo di pensare e di guardare ai problemi. Non devono essere considerati ostacoli, ma opportunità di crescita. Uscendo fuori dagli schemi, facendo scelte mai fatte prima, applicando nuove strategie, si possono ottenere ottimi risultati.
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7. I vantaggi del problem solving
Saper risolvere i problemi è fonte di numerosi vantaggi considerati imperdibili dalle aziende e dagli esperti delle risorse umane. Tra queste vi è sicuramente una più semplice gestione dello stress. Saper approcciarsi ad ogni situazione con un atteggiamento positivo, comporta una minore tensione negli ambienti di lavoro e tra dipendenti.
Ovviamente, ciò si riflette positivamente anche nel team working, grazie ad un miglioramento degli equilibri del gruppo, sul rendimento e sulle performance.
La capacità di problem solving, torna utile non solo nell’ambiente di lavoro, ma anche nella vita quotidiana. Saper far fronte agli imprevisti con lucidità e rapidità, consente di vivere con maggiore serenità e spensieratezza.
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8. Il metodo dei 5 perchè nel Problem Solving
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Saper risolvere i problemi con soluzioni innovative, intraprendendo strade mai percorse in precedenza, è una delle abilità più richieste nel mondo del lavoro. Il problem solving è tra le soft skills più ricercate dagli esperti di risorse umane, poiché chi la possiede riesce ad apportare miglioramenti all’azienda, rappresentando un grande vantaggio.
Lo sviluppo dell’abilità di problem solving non è immediato, ma avviene nel tempo grazie ad esperienze di vita e ad una propensione personale. Saper individuare un problema o un imprevisto, coglierne le cause scatenanti e le conseguenze, capire come superarlo impiegando le risorse giuste e ottimizzando i tempi è necessario per poter accedere più facilmente ad avanzamenti di carriera e per cogliere occasioni importanti nella vita quotidiana.
Per migliorare la propria abilità nella risoluzione dei problemi si possono adottare metodi e tecniche differenti. Tra questi vi è quella dei cinque perché, diffusa in ambito lavorativo da Sakichi Toyoda, fondatore delle Toyota Industries.
La tecnica dei 5 perché del Problem Solving è un metodo lean che può essere applicato in tutti i settori e gli ambienti per arrivare ad individuare soluzioni efficaci e innovative e per rimuovere definitivamente tutto ciò che scatena effetti indesiderati.
Rispondendo alla domanda ‘perché’ si possono individuare le criticità di una situazione e le connessioni di causa-effetto. Il metodo viene applicato per studiare un problema nella sua totalità, analizzandone tutti gli aspetti: dove si è manifestato, da cosa è stato determinato, come ha influito sulle performance e i risultati e tanto altro.
Si articola in tre fasi. Nella prima si delinea il problema descrivendolo dettagliatamente, nella seconda si cercano le cause che lo hanno scatenato e nella terza si individuano soluzioni e processi di lavoro innovativi. È un metodo che può trovare dei limiti negli ambienti ostili e se non si riesce ad avere un approccio imparziale.
Per approfondimento: Il metodo dei 5 perchè nel Problem Solving