Si chiama Reverse Marketing, o marketing al contrario, e consiste nell’elaborare strategie lontane dalle tradizionali e più diffuse logiche pubblicitarie e di marketing. Al centro di questo approccio c’è la consapevolezza che il modo di approcciarsi dei consumatori alle aziende è completamente cambiato nel tempo.
Quest’ultimi, bersagliati costantemente da comunicazioni pubblicitarie e sponsorizzazioni, che ritrovano sul proprio smartphone, nella casella mail, in tv e in altri momenti della loro quotidianità, hanno perso interesse e sviluppato un atteggiamento ostile e di resistenza.
Per questo motivo si è reso necessario trovare nuovi modi per suscitare curiosità e interesse in modo da spingere il consumatore a ricercare spontaneamente il contatto con l’attività. Marketing al contrario, quindi: non è l’azienda ad inseguire il consumatore, ma il cliente a cercare le attività dell'azienda.
Scopriamo nel dettaglio cos’è il Reverse Marketing e come funziona.
Reverse marketing, come funziona
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Nel marketing tradizionale si assiste ad aziende che cercano di comunicare con potenziali clienti, mettendo in luce in maniera esplicita tutti i propri punti di forza, quelli dei prodotti e dei servizi che offrono e ciò che li differenzia dagli altri competitor. Lo fanno attraverso diverse strategie pubblicitarie, a seconda degli obiettivi che vogliono raggiungere, del budget a propria disposizione e del pubblico di riferimento che vogliono colpire.
Un approccio classico, seppur spesso portato avanti con strumenti digitali e su piattaforme web, che, per lungo tempo, ha dato ottimi risultati. Oggi, però, si scontra con un imperante scetticismo sviluppato dalle persone, costantemente bombardate da messaggi pubblicitari di questo tipo.
Suscitare la loro attenzione, sorprenderli e catturare la curiosità del pubblico è diventato estremamente difficile. Per questo motivo, le aziende e gli esperti di marketing hanno iniziato a cercare nuovi modi per rompere la barriera dell’indifferenza e riuscire ad ottenere dei risultati.
È sempre più difficile riuscire ad attirare l’attenzione del pubblico, suscitare stupore e curiosità
Da qui nasce il reverse marketing, un approccio del tutto non convenzionale alla comunicazione, che rende il cliente protagonista e che mira a creare esperienze coinvolgenti. La tattica più utilizzata è quella di inviare dei messaggi contrastanti che talvolta sembrano andare contro l’azienda stessa, asserendo limiti di servizi e prodotti, comunicando delle proibizioni o esplicitando degli inviti a non comprare.
Strategie di reverse marketing, perché si sono rivelate vincenti
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Le aziende che hanno adottato il reverse marketing sono riuscite ad ottenere buoni risultati, non solo in termini di vendite, ma soprattutto in visibilità.
Il reverse marketing si basa sulla psicologia inversa, quindi cerca di offrire degli stimoli che generino una risposta opposta rispetto a quanto si afferma. Per il principio della reattanza psicologica, la tendenza umana a non fare ciò che gli viene imposto, il pubblico tende a fare l’esatto contrario di ciò che gli viene suggerito o, addirittura, proibito.
Quella che potrebbe apparire come un’azione poco sensata da parte dell’azienda è, in realtà, frutto di una strategia precisa e di una ricerca di mercato approfondita. Per ottenere i risultati sperati, è importante che l’azione comunicativa sia basata su attente ricerche e analisi di mercato.
Per riuscire a fornire gli stimoli giusti, infatti, è necessario conoscere il proprio target di riferimento, i suoi bisogni e i suoi valori, i suoi interessi e gli strumenti comunicativi che utilizza maggiormente. In questo modo si può implementare una strategia di reverse marketing efficace, in grado di creare stupore e condurre all’azione desiderata.
Gli obiettivi che si raggiungono sono, in conclusione, gli stessi che vengono perseguiti con il marketing tradizionale.
Reverse marketing, l’implementazione pratica: storie di successo
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Si possono trovare diversi tentativi di reverse marketing, alcuni dei quali hanno avuto grande successo. È il caso, ad esempio, di Clio MakeUp, beauty influencer che ha fondato una sua azienda e che realizza prodotti make-up e per la skincare.
La fondatrice del brand ha realizzato un video, pubblicato sui suoi canali social, dal titolo ‘I prodotti che mi pento di aver creato’. Un contenuto che, in prima battuta, ha spiazzato gli utenti del web, poiché sembrava fortemente autocritico nei confronti dell’azienda stessa.
In realtà, seppur con toni contrariati, polemici e apparentemente negativi, Clio MakeUp ha elencato tutti i punti di forza dei suoi prodotti, invogliando l’utente a proseguire la visione fino alla fine del contenuto e all’acquisto. I risultati non si sono fatti attendere: il video è diventato virale, conquistando milioni di visualizzazione e migliaia di like, commenti e condivisioni.
Ad utilizzare il reverse marketing in una strategia pubblicitaria, anche Patagonia, una nota azienda specializzata in abbigliamento sportivo. In una campagna di grande successo lanciata nel 2011, il brand ha invitato i clienti a non comprare una determinata giacca del catalogo. Le vendite sono aumentate del 30%.
Queste strategie sono state replicate da altri brand e, dati i risultati ottenuti, non vi è dubbio che in futuro assisteremo ad un numero crescente di campagne basate sul reverse marketing.
Per saperne di più: Cos’è e cosa si intende per digital marketing