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Il neuromarketing, cos'è e come funziona

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Il neuromarketing è un campo di ricerca interdisciplinare che utilizza tecniche di neuroscienza, psicologia e marketing per comprendere come il cervello dei consumatori elabora le informazioni e prende decisioni di acquisto. Vediamo come può essere applicato dalle aziende

neuromarketing Parradee Kietsirikul / iStock via Getty Images

Il neuromarketing è una disciplina che si occupa di applicare le neuroscienze al marketing, allo scopo di comprendere come il cervello degli individui elabora le informazioni e prende decisioni d'acquisto. Esso è nato formalmente nel 2002, grazie all'opera di Ale Smidts, professore di Marketing Research della Rotterdam School of Management. Smidts e il suo team hanno iniziato a utilizzare tecniche di neuroscienza per comprendere meglio come le persone rispondevano alle campagne di marketing.

L'evoluzione tecnologica degli ultimi anni ha permesso al neuromarketing di svilupparsi in molteplici settori, anche inaspettati. Ciò che gli studi nel campo del neuromarketing hanno dimostrato è che il processo decisionale d'acquisto non si può definire consapevole, poiché l'acquirente non sceglie in base al puro ragionamento logico, ma è influenzato da fattori emotivi ed irrazionali.

La citazione "I consumatori non pensano quello che sentono, non dicono quello che pensano e non fanno quello che dicono" viene attribuita al noto pubblicitario britannico David Ogilvy. Secondo Ogilvy, le decisioni di acquisto dei consumatori non sono guidate solo da motivazioni razionali, ma anche da impulsi emotivi che spesso non sono consapevoli di provare.

Questo è stato dimostrato anche dalla ricerca nel campo del neuromarketing, che ha evidenziato come gran parte delle attività cerebrali siano automatizzate e inconsapevoli, per il 95%. David Ogilvy sottolinea l'importanza di comprendere il comportamento e le motivazioni dei consumatori, anche quando non sono esplicitamente dichiarati, per poter sviluppare strategie di marketing efficaci.

L'obiettivo del neuromarketing è quello di capire come il cervello dei consumatori elabora le informazioni e di individuare le tecniche di comunicazione e persuasione più efficaci per influenzare le loro decisioni d'acquisto.

In questo senso, il neuromarketing si distingue dalla ricerca di mercato tradizionale, che si basa principalmente su interviste, sondaggi e focus group, e che non riesce a cogliere tutte le sfumature dei processi decisionali umani.

neuromarketing

    Parradee Kietsirikul /  iStock via  Getty Images 

Tra le tecniche di neuromarketing più utilizzate troviamo l'EEG (elettroencefalogramma), che registra l'attività cerebrale dei consumatori in tempo reale, la risonanza magnetica funzionale (FMRI), che consente di visualizzare l'attivazione di specifiche aree cerebrali in risposta a uno stimolo esterno e l'eyetracking che consente di monitorare il movimento degli occhi per capire il comportamento e le preferenze degli individui in diversi ambiti.

Grazie a queste tecniche, gli esperti di neuromarketing sono in grado di valutare l'impatto di diverse strategie di marketing sul cervello dei consumatori e di individuare i fattori che influenzano positivamente o negativamente il loro comportamento d'acquisto.

Il neuromarketing rappresenta un campo di ricerca in costante evoluzione, che promette di offrire alle aziende nuovi strumenti per comprendere meglio i propri clienti e per sviluppare strategie di marketing sempre più efficaci. Tuttavia, è importante sottolineare che l'utilizzo di queste tecniche solleva anche alcune questioni etiche, legate alla privacy dei consumatori e alla manipolazione delle loro scelte d'acquisto.

Siamo esseri a razionalità limitata

Sì, gli esseri umani sono considerati avere una razionalità limitata, cioè la capacità di ragionare e prendere decisioni non è sempre completamente razionale e logica.

Ci sono diversi fattori che possono influire sul processo decisionale, tra cui le emozioni, i bias cognitivi e le distorsioni cognitive.

La razionalità limitata è un’idea proposta da Herbert Simon, economista e politologo, il quale afferma che gli esseri umani tendono a seguire decisioni soddisfacenti invece di ottimizzare, il che significa che cercano di trovare una soluzione accettabile piuttosto che la soluzione perfetta. In altre parole, la razionalità umana non è perfetta e può essere influenzata da fattori esterni o interni che limitano la capacità di prendere decisioni ottimali.

Le emozioni possono influire sul processo decisionale in modo significativo, poiché possono influire sulla percezione della realtà e sull'interpretazione delle informazioni. Ad esempio, una persona che si sente triste potrebbe essere più propensa a prendere decisioni negative, mentre una persona che si sente felice potrebbe essere più propensa a prendere decisioni positive.

neuromarketing

    Dilok Klaisataporn /  iStock  via Getty Images

Pensieri lenti e veloci

Il concetto di "pensieri lenti e veloci" è stato introdotto dal premio Nobel Daniel Kahneman nel suo libro omonimo. Secondo Kahneman, la mente umana lavora attraverso due modalità: il Sistema 1 e il Sistema 2.

Il Sistema 1 è automatico, emotivo e intuitivo, mentre il Sistema 2 è razionale e consapevole. Il primo è caratterizzato da un'elaborazione rapida, primitiva e impaziente delle informazioni, mentre il secondo richiede uno sforzo consapevole e una maggiore attenzione.

Il concetto di pensieri lenti e veloci è quindi una descrizione della diversa velocità con cui la mente elabora le informazioni in base al Sistema utilizzato. Questo concetto può essere applicato a diversi contesti, come la psicologia, l'economia comportamentale e il marketing.

I pensieri lenti e veloci rappresentano due modalità di elaborazione mentale, che possono influenzare il processo decisionale e il comportamento umano.

I tre cervelli secondo Paul MacLean (1973)

La teoria dei tre cervelli di Paul MacLean è stata introdotta dal neuroscienziato statunitense nel 1962 e ha rappresentato un'importante interpretazione della struttura cerebrale dei vertebrati.

Secondo la sua teoria, il cervello umano è costituito da tre parti distinte, ciascuna delle quali ha la sua funzione specifica e si è sviluppata in un'epoca diversa dell'evoluzione umana.

Il cervello rettile, anche noto come cervello istintivo, rappresenta la parte più antica e primitiva del cervello umano, ed è responsabile delle funzioni vitali e dei comportamenti di sopravvivenza, come il movimento, la respirazione e la fame. Il cervello rettile si trova nella parte inferiore del cervello ed è presente in tutti i vertebrati.

Il cervello limbico, invece, è la parte del cervello che regola le emozioni, la memoria e il comportamento sociale. Questa parte del cervello è presente in tutti i mammiferi ed è evoluta successivamente rispetto al cervello rettile. Il cervello limbico si trova nella parte centrale del cervello e comprende strutture come l'ippocampo e l'amigdala.

neuromarketing

    Mikhail Konoplev /   iStock via Getty Images  

Infine, il neocortex rappresenta la parte più evoluta e complessa del cervello umano ed è responsabile delle funzioni cognitive superiori, come il pensiero astratto, il ragionamento e la comunicazione linguistica. Questa parte del cervello è presente solo nei mammiferi superiori, come i primati, ed è la più recente dal punto di vista evolutivo. Il neocortex costituisce la maggior parte del cervello umano e si trova nella parte superiore del cervello.

In sintesi, la teoria dei tre cervelli di Paul MacLean descrive come il cervello umano si è evoluto attraverso tre stadi successivi, ognuno con funzioni specifiche e sempre più complesse. Questa teoria ha avuto un impatto significativo sullo studio del cervello e ha permesso di comprendere meglio la sua struttura e funzione.

Comunicare ai tre cervelli

Occorre utilizzare un linguaggio e delle strategie di comunicazione adatte per raggiungere tutti e tre i livelli del nostro cervello: il cervello rettilineo, il cervello limbico e il neocortex. Per comunicare efficacemente con il cervello rettilineo, ad esempio, è importante utilizzare un linguaggio chiaro e preciso, mostrare autorità e leadership e ricalcare la situazione.

Tuttavia, durante la comunicazione, dobbiamo anche considerare i bias cognitivi, ovvero gli errori cerebrali che ci portano a giudicare le informazioni in modo distorto e a prendere decisioni irrazionali. Esistono oltre 200 bias cognitivi, codificati dalle neuroscienze, dalla psicologia e dalle scienze sociali, che possono influenzare la nostra percezione e il nostro comportamento. Conoscere questi bias cognitivi può essere molto utile nella vita quotidiana e nel marketing.

Per comunicare in modo efficace ai tre cervelli e mitigare gli effetti dei bias cognitivi, è importante utilizzare un linguaggio e delle strategie adatte a ogni livello cerebrale, e al contempo conoscere i bias cognitivi più comuni e come evitarli.

Bias cognitivi

I bias cognitivi sono schemi di pensiero irrazionali che possono influire negativamente sulla percezione della realtà e sulla capacità di prendere decisioni. Ci sono molti tipi di bias cognitivi, come ad esempio il bias di conferma, la tendenza a cercare informazioni che confermano le proprie opinioni e a ignorare quelle che le contraddicono.

Alcuni esempi di distorsioni cognitive comuni sono:

  • La generalizzazione estrema: trarre conclusioni generali sulla base di un singolo evento o esperienza.
  • Il pensiero negativo: concentrarsi esclusivamente sui pensieri negativi e ignorare quelli positivi.
  • La catastrofizzazione: ingigantire l'importanza di un evento o situazione negativa.
  • La personalizzazione: attribuire la colpa di un evento negativo a se stessi senza considerare le altre cause.
  • La polarizzazione: vedere le cose solo in termini di estremi, come bianco o nero, senza considerare le sfumature di grigio.

Riconoscere e comprendere queste distorsioni cognitive può aiutare a sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio pensiero e a gestire meglio le emozioni. La terapia cognitivo-comportamentale è un metodo efficace per identificare e modificare queste distorsioni cognitive.

neuromarketing

 

bowie15 / iStock via Getty Images 

Neuromarketing e web

Il neuromarketing può essere applicato anche nel contesto del web e dell'e-commerce, per comprendere meglio le preferenze e i comportamenti dei consumatori online. Questa conoscenza può poi essere utilizzata per migliorare la progettazione di siti web, l'esperienza utente e la comunicazione di marketing online. Può essere utilizzato in diversi modi per migliorare l'efficacia delle campagne di marketing online.

Ecco alcuni esempi di come il neuromarketing può essere applicato al mondo del web:

  1. Analisi della navigazione: tracciando il comportamento dei visitatori sul sito web, è possibile capire quali elementi del design e del contenuto funzionano meglio per attirare l'attenzione e incoraggiare le conversioni.
  2. A/B Test: utilizzando la tecnologia di imaging cerebrale, è possibile testare differenti versioni di una pagina web per determinare quali elementi causano una maggiore attività cerebrale legata all'interesse e alla motivazione.
  3. Personalizzazione: il neuromarketing può essere utilizzato per comprendere meglio i desideri e le esigenze dei consumatori e personalizzare il contenuto e la pubblicità di conseguenza. 
  4. Comunicazione visiva: il neuromarketing può essere utilizzato per capire come le immagini e i video influiscono sull'elaborazione visiva del cervello e quindi per migliorare la qualità dei contenuti visuali.
  5. Interfaccia utente: il neuromarketing può essere utilizzato per capire come l'interfaccia utente e la facilità d'uso influiscono sull'esperienza dell'utente e quindi per migliorare la qualità dell'interfaccia utente.

Il neuromarketing quindi può essere utile per comprendere i processi decisionali degli utenti online e migliorare l'esperienza di acquisto sui siti web. Ad esempio, il modello mentale dell'Emotional Journey si basa sui 5 micro-momenti emotivi che caratterizzano il processo decisionale dell'utente online e può essere utilizzato per migliorare la user experience e aumentare le vendite online.

Il processo decisionale è il processo attraverso cui le persone prendono decisioni e scelgono tra diverse opzioni. Il processo decisionale può essere suddiviso in diverse fasi:

  1. Attenzione: la prima fase del processo decisionale in cui l'individuo diventa consapevole della necessità di prendere una decisione.
  2. Attrazione: la fase in cui l'individuo inizia a cercare informazioni e opzioni.
  3. Interesse: la fase in cui l'individuo valuta le opzioni disponibili e determina quali sono più interessanti o pertinenti.
  4. Analisi: la fase in cui l'individuo valuta le opzioni in base ai propri criteri e considera le conseguenze di ogni scelta.
  5. Azione: la fase in cui l'individuo sceglie un'opzione e agisce su di essa.

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    designer491 / iStock via Getty Images

Il processo decisionale può essere influenzato da molti fattori, tra cui le esperienze passate, le emozioni, i bias cognitivi e le informazioni a disposizione. A volte, il processo decisionale può essere influenzato anche dalle distorsioni cognitive.

In generale, il processo decisionale è un processo continuo e dinamico, che può essere influenzato da molteplici fattori e può variare a seconda delle persone e del contesto.

Il neuromarketing può essere efficace sul web se utilizzato correttamente e in modo etico.

Tuttavia, è importante ricordare che non può sostituire completamente la ricerca di mercato tradizionale e che i risultati ottenuti attraverso le tecniche di neuromarketing devono essere interpretati con cautela e supportati da altre evidenze.

Inoltre, è importante che le imprese utilizzino il neuromarketing in modo responsabile e rispettoso della privacy dei consumatori.

Secondo un articolo di Neurofied, l'etica del neuromarketing dipende in larga misura dalle intenzioni, dagli scopi degli studi e delle tecniche utilizzate. Il neuromarketing può essere considerato etico quando mira a migliorare la comunicazione con i consumatori e a fornire loro un'esperienza di acquisto più soddisfacente e personalizzata.

Tuttavia, è importante anche prendere in considerazione l'aspetto della privacy e del consenso informato dei consumatori, evitando di raccogliere informazioni senza il loro consenso o di utilizzarle in modo inappropriato.

Un altro articolo di HRMind sottolinea come l'utilizzo di tecnologie e metodologie di neuromarketing sollevi questioni etiche che richiedono la massima attenzione. Per questo motivo, è necessario considerare gli aspetti etici sin dalla fase di progettazione dello studio, adottando standard elevati per la raccolta e l'elaborazione dei dati.

Infine, un articolo di Neuorexplore mette in evidenza come il neuromarketing possa essere considerato un metodo più etico rispetto ad altre tecniche di marketing tradizionale. Il neuromarketing infatti mira a comprendere meglio i bisogni e le preferenze dei consumatori, per offrire loro prodotti e servizi che soddisfino effettivamente le loro esigenze.

In conclusione, l'etica del neuromarketing è una questione molto importante che richiede una riflessione approfondita e un'attenzione costante. È importante che le tecniche di neuromarketing vengano utilizzate con responsabilità, tenendo sempre presente il rispetto della privacy e del consenso informato dei consumatori.

Scritto da:
Antonio Pascalis
Digital Marketing Manager
Appassionato di Architettura dell'informazione, Digital Marketing, Project management, Service Design, UX Design e Neuromarketing
https://www.linkedin.com/in/antoniopascalis/
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