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Google SGE, che cos’è e come si attiva

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Che cos’è la la Search Generative Experience di Google, come funziona e come utilizzarla anche in Italia. La guida completa a questa nuova modalità di ricerca

Google SGE Wachiwit/Shutterstock

Tra le novità più interessanti introdotte da Google, c’è sicuramente la Search Generative Experience (SGE) che arriva con l’obiettivo preciso di migliorare la ricerca sul web e diventare una nuova e più efficace alternativa alle classiche modalità di esplorazione della rete.

Questa innovazione, pur non essendo ancora disponibile in Italia, rappresenta un punto di svolta per la SEO e per le strategie ad essa connesse, vale quindi la pena scoprire cos’è, come funzione e in che modo influenzerà il web.

  • 1. Che cos’è la Search Generative Experience
    Ricerca Google

    Peace-loving/Shutterstock

    La Search Generative Experience funziona grazie all’utilizzo avanzato dell’intelligenza artificiale generativa per analizzare nel dettaglio le query degli utenti e interpretare più efficacemente le richieste così da rispondere ai loro bisogni in modo ancora più efficiente e, soprattutto, contestualizzato.

    In questo senso, quindi, a differenza delle “vecchie” modalità di ricerca, la SGE riesce a raccogliere, sintetizzare e organizzare le varie informazioni presenti sul web, così da mostrare risposte più dettagliate sotto forma di testo direttamente nella pagina di ricerca.

    La vera particolarità di questa tecnologia, quindi, è che non si limita a mostrare all’utente i contenuti già presenti altrove, ma li rielabora e li integra ad altre informazioni creando un testo inedito con informazioni a 360° dalle tabelle ai grafici, passando per il testo e le immagini.

    Per consentire questa cosa, la funzionalità utilizza il modello linguistico di grandi dimensioni Pathways Language Model 2 (PaLM2), che sfrutta l’AI per analizzare, sintetizzare e realizzare nuovi contenuti partendo dalle diverse fonti a disposizione.

    Questo modello è in grado di comprendere e contestualizzare le domande degli utenti (a prescindere dal livello di specificità richiesto) proponendo risposte approfondite direttamente collegate all’argomento ma che, soprattutto, si adattano dinamicamente alle richieste delle persone.

  • 2. Come utilizzare la SGE
    Google Search

    Melnikov Dmitriy/Shutterstock

    Come detto in apertura la Search Geneative Experience non è ancora disponibile in Italia e, quando lo sarà, potrebbe essere molto diversa da quella che arriverà ufficialmente nel nostro paese.

    Detto questo per attivare la funzione serve la versione più recente di Google Chrome e, naturalmente, un account Google. Poi bisogna essere maggiorenni e essere in uno degli oltre 120 paesi nel mondo in cui è attivo il servizio.

    Quando sarà il momento, comunque, basterà aprire Chrome, nel caso non fosse già stato fatto, accedere col proprio account Google e andare sulla schermata iniziale.

    Qui bisognerà cliccare sull’icona Labs, che indica le funzionalità sperimentali di Google e, nella nuova scheda, cercare appunto la SGE e attivarla. In alternativa per i possessori di una VPN, è possibile geolocalizzarsi altrove e provare il servizio, ricordandosi comunque che è ancora in beta.

    Dopo l’attivazione la funzione sarà disponibile come la classica modalità di ricerca ma, chiaramente, cambieranno le modalità di visualizzazione delle risposte.

    Oltretutto, trattandosi di funzionalità in fase di test, Google SGE non è ancora disponibile per tutte le query di ricerca e potrà essere utilizzata solo per alcune categorie.

    Tra queste ci sono le ricerche basate sui fatti, quindi che si attengono a dati e informazioni ufficiali.

    Le ricerche definitorie, utili per dare definizioni più chiare a termini o concetti.

    Nelle ricerche procedurali, con il sistema che può rispondere a domande su procedimenti specifici, come ad esempio preparare un piatto specifico.

    Per le ricerche comparative con la possibilità di analizzare e confrontare diversi prodotti, servizi o affini.

    Infine nelle ricerche di acquisto, per aiutare l’utente negli acquisti online. 

  • 3. I limiti di questa tecnologia
    Internet

    Evan Lorne/Shutterstock

    Come tutti i tool alimentati dall’intelligenza artificiale, Google avvisa chiaramente gli utenti dei rischi che si corrono con questa tecnologia che, ad esempio, potrebbe mostrare dati o informazioni inesatte che, dunque, andrebbero sempre ricontrollate dagli utenti.

    Stesso discorso per le considerazioni o le conclusioni su un determinato argomento che potrebbero essere “falsate” proprio da questi dati inesatti.

     Stesso discorso per i consigli medici, quelli finanziari o quelli legali che potrebbero non essere attendibili e, anzi, potrebbero fornire informazioni completamente inesatte con conseguenze anche gravi per la salute delle persone, arrecando potenzialmente anche dei danni fisici, psicologici o economici.

    In questo senso, infatti, il suggerimento di Google è sempre quello di non credere al 100% alle informazioni riportate dall’AI che, almeno per il momento, non possono essere considerate completamente affidabili e, anzi, potrebbero essere addirittura falsate o pregiudizievoli.

    Il consiglio del colosso della tecnologia, quindi, almeno su questi argomenti sensibili è quello di chiedere il parere di un esperto in carne e ossa, così da non correre alcun rischio.

    In questi casi specifici, dunque, la Search Generative Experience dovrebbe essere considerata come una specie di punto di partenza, da cui muoversi per orientare la propria curiosità e richiedere, poi, la consulenza a un professionista del settore.

    E questo è un punto molto importante quando si parla di tecnologie del genere che, se usate senza cognizione di causa, possono portare a conseguenze anche piuttosto gravi. Lo spirito critico, dunque, e la consapevolezza rimangono ancora gli strumenti più potenti per vivere ed esplorare il web in modo sicuro.

    Per tutto il resto, può essere invece considerata come una modalità di ricerca innovativa, pronta a rispondere a (quasi) ogni domanda degli utenti.

    Per saperne di più:

A cura di Cultur-e
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