Cosa significa tie-in? Wikipedia ne spiega il significato così: “un'opera commerciale di intrattenimento (romanzo, fumetto, film, serie televisiva, videogioco, gioco...) che è stata tratta, con regolare concessione dei diritti d'autore, da un'altra opera di natura diversa, ma con la stessa ambientazione e, in buona parte, con personaggi e trama analoghi.”
Per chi è cresciuto negli anni ’80 e ’90 giocando ai videogames, però, tie-in era sinonimo di aspettative deluse e mediocrità.
Come mai? Focalizzandoci su un tipo specifico di tie-in, ossia quella dei videogiochi tratti da opere cinematografiche, la produzione di quel ventennio è stata, molto spesso, una delusione pressoché costante.
Il motivo di questo mediocrità può essere attribuibile a 2 motivi principali: i relativi limiti tecnologici delle macchine da gioco (siano essi stati console o computer) e l’avidità dei publisher che cercavano di massimizzare gli introiti dei propri prodotti pubblicando i giochi derivati da film il prima possibile, allineando l’uscita del prodotto videoludico a quello cinematografico in modo da sfruttarne l’hype.
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Gli albori dei videogiochi tie-in
In realtà sarebbe ingiusto generalizzare, sia negli anni ’80 che nei ’90 sono stati pubblicati tie-in di eccellente qualità: Raiders of the Lost Ark pubblicato d Atari nel 1982 (ispirato a “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta” del 1981), Star Wars, pubblicato da Atari nel 1983 (ispirato all'ominimo film “Star Wars” del 1977) e Ghostbusters pubblicato da Activision nel 1984 (ispirato al famoso film “Ghostbusters - Acchiappafantasmi” dello stesso anno) sono esempi di giochi eccellenti basati su film (solo “Ghostbusters”, però, uscì lo stesso anno della pellicola su cui era basato).
Purtroppo, però, questi tre esempi sono parte di un ristretto gruppo di mosche bianche; la lista di pessimi tie-in videoludici, infatti, è molto più corposa: E. T. del 1982 (giudicato addirittura, ancora oggi, come il peggior videogioco del mondo, basato sull’omonimo film di Steven Spielberg), Alien del 1982 (basato sull’omonimo film di Ridley Scott), Rambo (da “Rambo” di Ted Kotcheff), Back to the future (da “Ritorno al futuro” di S. Spielberg), Blade Runner (da “Blade Runner” di R. Scott) e potrei andare avanti ancora per molto.
L'industria videoludica di fine secolo scorso
Passando agli anni ’90 e ai 2000, è visibile già un sintomatico miglioramento della situazione: Disney's Aladdin del 1993 (tratto dal film “Alladin“, del 1992, prodotto da Disney), The Terminator: Future Shock del 1995 (basato sul Franchise di James Cameron), Die Hard Trilogy del 1995 (basato sui primi tre film con protagonista Bruce Willis nei panni del poliziotto John McClane), Goldeneye 007 del 1998 (basato sul film dedicato a James Bond “Goldeneye” del 1995), The Lord of the Rings: The Two Towers del 2002 (dal film “Il signore degli anelli: le 2 torri” del 2002) e Spiderman 2 del 2004 (basato su “Spiderman 2” di Sam Raimi, del 2004) sono chiari esempi di come i tie-in di qualità fossero sempre più presenti.
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Ovviamente anche in questo caso non sono mancati titoli di pessima qualità: Charlie’s Angels del 2003 (basato sul Film “”Charlie's Angels - Più che mai” di McG ), Bad Boys: Miami Takedown del 2004 (tratto da “Bad Boys II” di Michael Bay), Aliens Vs. Predator: Requiem del 2007 (basato sul Film “Alien VS Predator II” di Colin e Greg Strause) e potrei continuare…
La sensazione, però, è che gli alti e bassi dei tie-in sia assimilabile agli alti e bassi dell’industria videoludica in generale, cioè i tie-in non sono più brutti perché forzatamente e/o frettolosamente basati sui film ma perché alcuni giochi, in generale, risultano di scarsa qualità rispetto ad altri.
Forse parte del merito dell’innalzamento della qualità dei tie-in videoludici è attribuibile alla tecnologia: a cavallo tra la fine dei ’90 e l’inizio del 2000, sul mercato erano presenti console di gioco così potenti da essere, per certi versi, “rivoluzionarie” (Playstation, Sega Saturn, Nintendo 64, Xbox) e anche i computer ormai godevano di schede video e hardware in generale con prestazioni eccezionali.
Ciò ha permesso agli sviluppatori di videogames (e ormai ai grossi team da essi formati) di esprimere la propria creatività con molti meno limiti rispetto ai loro colleghi degli anni ’80 e ’90; la stessa lunghezza dei giochi è aumentata in modo esponenziale rispetto a un decennio prima: ad esempio Final Fantasy VII, il gioco di maggior successo della saga “Final Fantasy”, si completava in circa 40 ore.
Durate di questo tipo danno l’idea delle potenzialità ormai a disposizione degli sviluppatori di videogame che non erano più costretti ad adattare alcuni aspetti di un film in un gioco ma, per assurdo, anche ad aggiungerne altri rispetti al film su cui il gioco era basato.
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Industria cinematografica vs industria dei videogiochi
Un ulteriore aspetto importante da considerare, secondo me, è che l’industria videoludica negli anni ’80 e primi ‘90, non aveva affatto le dimensioni di oggi, era un mercato di nicchia; ovviamente, al contrario, l’industria cinematografica era incomparabilmente più prospera e diffusa in tutto il mondo.
Questo implicava anche una differenza di investimenti nei due settori e questo, in parte, insieme ai 2 motivi visti prima (tecnologia non all’altezza e avidità dei publisher) potrebbe aver contribuito alla pletora di titoli di basso livello.
Da fine degli anni ’90 a oggi, invece, la crescita dell’industria videoludica è stata esponenziale: il suo fatturato, ormai, ha nettamente superato quello dell’industria cinematografica.
Nel 2022 risultano 203 miliardi di dollari i ricavi della prima mentre “solo” 68 miliardi di dollari della seconda.
Questo spiega in parte, secondo me, la rivoluzione che si è manifestata dal 2000 in poi, ossia la produzione di film basati sui videogiochi, ossia il tie-in era anche il film, non più solo il videogioco: ormai il videogioco si era trasformato in un media di massa e, come tale, anche i suoi protagonisti sono diventati delle “star”.
In realtà, il pioniere di questa inversione di tendenza è stato il film “Super Mario Bros”, pubblicato nel 1993 e basato sull’idraulico italo-americano di Nintendo protagonista, dagli anni ’80 a oggi, di numerosissimi videogames di successo; il film utilizzò i personaggi del franchise, mentre la storia è originale: la “trama” dei giochi di Mario, in effetti, era ancora troppo semplice per essere utilizzata in un film.
Il film fu stroncato dalla critica ma fu una pietra miliare perché inaugurò la strada del tie-in “inverso”; successivamente, a 2 anni di distanza, uscì “Mortal Kombat”, basato sul noto franchise dell’omonimo picchiaduro prodotto da Midway Games, che ricevette anche critiche positive da testate prestigiose come il Los Angeles Times, il New York Times e Variety; ma anche qui il soggetto era semplice, era infatti un torneo tra esperti di arti marziali più o meno assetati di sangue.
Come scritto più su, però, lo storytelling dei videogames si è ampliato tantissimo grazie al miglioramento dell’hardware a disposizione per giocare, con la possibilità di produrre giochi lunghi, alcune volte, fino a centinaia di ore: questo, a seconda della bravura degli autori delle loro storie, ha permesso di creare soggetti e sceneggiature sempre più lunghe e articolate con personaggi approfonditi e sfaccettati, a volte con una complessità molto superiore a storie e protagonisti di un film.
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Le storie sempre più intriganti dei videogiochi, quindi, hanno formato parte della molla (l’altra è stata la trasformazione del mercato dei videogames da dedicato a una nicchia, a mass market, con le implicazioni economiche relative) che ha spinto l’industria cinematografica a produrre film basati sui videogiochi.
Il tie-in in tempi recenti
Oggi, per verificare quanti film siano stati realizzati su licenze di videogiochi, basta vedere questa pagina di Wikipedia.
Spesso questi film si sono rivelati campioni di incasso, come il recente cartone animato “Super Mario Bros. - Il film” del 2023, “Warcraft - L'inizio” del 2016, “Pokémon: Detective Pikachu” del 2019, dando inoltre vita a numerose saghe di successo come quella dedicata a “Resident Evil”, “Tomb Raider”, “Sonic”. “Pokémon” ecc.
Oggi siamo arrivati a un punto in cui il media su cui è declinato un personaggio o un franchise è irrilevante: un libro, un fumetto, un videogioco o un film possono vedere protagonisti, indifferentemente, il personaggio (o il franchise) originale di un libro, di un fumetto, di un videogioco o di un film (o di una serie TV); nel passaggio da un media a un altro, infatti, non pesano più limiti tecnologici o finanziari, l’unico aspetto importante è l’interesse che genera il personaggio protagonista (o l’universo a cui appartiene), poiché ormai tutti media, anche quello videoludico, sono ormai equiparati.