Ne esistono di vari tipi: alcuni possono stimolare la memoria, altri sviluppare la flessibilità mentale; altri ancora possono servire da pungolo per il ragionamento e il problem solving. Potrà anche sembrare assurdo e difficile da credere, ma i videogames possono ricoprire un ruolo molto importante nella terapia di alcuni dei disordini e malattie mentali più diffuse e difficili da curare: dall'autismo alla depressione, passando per la schizofrenia.
Negli ultimi anni, alcuni centri di ricerca statunitensi stanno portando avanti degli studi sperimentali che prevedono l'utilizzo di console di gioco (normalissime Xbox, PlayStation e Wii) e videogames come forma di terapia alternativa. E i risultati sono anche superiori alle attese iniziali.
Realtà immersiva
Carly McCullar, oggi 32enne insegnante di Dallas, ne è un esempio lampante. Diagnosticati alcuni disturbi dello spettro autistico in età adulta, decide di entrare a far parte di un programma sperimentale portato avanti dal “Center for BrainHealth” dell'Università del Texas a Dallas. L'obiettivo era quello di migliorare le proprie capacità sociali e comunicative sottoponendosi ad un programma educativo specifico per la malattia. Anziché essere sottoposta a sessioni di terapia “tradizionale”, però, all'insegnante statunitense viene chiesto di sedersi davanti a un computer e giocare con alcuni videogames di realtà virtuale sviluppati ad hoc per la sperimentazione. Alcuni sensori collegati al PC, inoltre, ne registravano i movimenti facciali e corporei, così da registrare le risposte – emotive e non – agli stimoli in arrivo dal videogames.
Il programma è stato sviluppato in modo da simulare esperienze sociali e situazioni reali (colloquio di lavoro, discussione con amici e con vicini particolarmente chiassosi, appuntamenti galanti) nelle quali, solitamente, pazienti con disturbi dello spettro autistico hanno difficoltà a “ritrovarsi”. I vari videogames utilizzati nella sperimentazione creano dunque una realtà virtuale immersiva, nella quale il paziente può simulare comportamenti e strategie sociali che potranno poi essere replicati nella realtà. “Sai di essere in una realtà alternativa – ha affermato Carly McCullar – ma le emozioni provate sono le stesse che si provano nella realtà. Anche gli 'errori' commessi nel gioco possono tornare utili per correggere i comportamenti nella vita di tutti i giorni”.
Presa di coscienza
Non si tratta, però, dell'unico caso in cui i videogames possono essere utilizzati a mo' di terapia psicologica. Oltre all'autismo, i videogames trovano applicazione anche nella terapia di alte malattie. Il titolo “Drepession quest”, realizzato dalla sviluppatorrice Zoe Quinn, offre un ambiente virtuale all'interno del quale il gamer può prendere coscienza dei problemi che una persona affetta da depressione si trova ad affrontare quotidianamente. Le indecisioni e le sensazioni di impotenza e mancanza di speranza che ci si trova a vivere quando si è depressi sono riprodotte nella maniera più accurata possibile: un modo per mostrare a tutto il mondo cosa voglia dire soffrire di depressione e richiamare tutti alle proprie responsabilità.
Banco di prova
In quest'ultimo caso, così come nel caso della sperimentazione con la realtà virtuale portata avanti dall'Università del Texas, i videogames sono dei veri e propri banchi di prova per chi presenta disturbi mentali di vario tipo. La natura “programmabile” dei giochi, inoltre, permette di adattarli alle situazioni più varie, creando ambienti simulativi differenziati e tarati a seconda delle varie terapie da somministrare. L'ambiente virtuale, sostiene la coordinatrice del progetto dell'università texana Tandra Allen, si configura dunque come alternativa complementare alla terapia psicologica così come è tradizionalmente intesa: grazie alla sua estrema adattabilità, la realtà virtuale può essere utilizzata in quei casi in cui i metodi previsti dai protocolli sanitari non siano efficaci (ad esempio, a causa dell'età)
Non solo: è possibile utilizzare videogames che si trovano normalmente in commercio (Minecraft, Mario Kart, Halo ed altri titoli) come banco di prova “motivazionale”. Alcuni pazienti – solitamente i più piccoli, ma può funzionare allo stesso modo anche con gli adulti – sono posti di fronte a degli obiettivi e dei risultati da raggiungere e da lì si valutano risposte ed emozioni provate. Inoltre, i videogames multiplayer permettono di sviluppare e rafforzare relazioni sociali senza accorgersene: nel corso delle partite sono chiamati alla cooperazione, alla condivisione di obiettivi e strategie, alla creazione di un ambiente comunicativo condiviso all'interno del quale potersi scambiare informazioni utili al raggiungimento degli scopi.