Dotati di sistemi di intelligenza artificiale sempre più avanzati e fisicamente sempre più somiglianti all'uomo, i robot stanno vivendo una vera e propria età dell'oro. Moltissime le società, grandi e piccole, pronte a investire nel settore con la speranza di creare i robot umanoidi del futuro: da Sony a Google, passando per Apple e Foxconn, anche i grandi nomi mondiali dell'hi-tech non vogliono farsi trovare impreparati.
Il motivo di questa "corsa agli armamenti" è presto detto: i robot umanoidi possono essere, di fatto, impiegati in qualsiasi tipo di occupazione: non solo dovrebbero rimpiazzare gli operai all'interno delle fabbriche nei prossimi decenni, ma possono trovare impiego nelle case di cura e negli ospedali, nelle operazioni di soccorso, all'interno dei condomini o, più semplicemente, come droidi da "compagnia".
Ed è proprio per questa duttilità e questa stretta relazione con azioni e attività tipicamente umane che molti scienziati e ricercatori si interrogano sul futuro del rapporto tra robot e uomini. Alcuni chiedono una sorta di "moratoria", convinti che un'intelligenza artificiale troppo sviluppata possa portare a spiacevoli conseguenze. I robot umanoidi, insomma, hanno fatto già scattare più di qualche campanello d'allarme e il rapporto con i loro stessi creatori potrebbe essere già in crisi.
Questione di fiducia
Come dimostra una ricerca condotta da scienziati e ingegneri del Georgia Institute of Technology (Stati Uniti), i robot umanoidi sembrano godere di buona reputazione indipendentemente dalle loro funzionalità o dell'occupazione per la quale sono stati creati. Nel corso di una serie di esperimenti in situazioni di emergenza (ricreate artificialmente), i volontari hanno dimostrato di fidarsi ciecamente di un piccolo robot umanoide nonostante fosse la prima volta che lo incontrassero.
Nella situazione sperimentale, anziché tornare sui propri passi e scegliere di uscire dalla porta utilizzata in precedenza, la totalità dei volontari ha seguito le orme del droide quasi senza batter ciglio. Il robot, però, è stato programmato per condurre le persone in un luogo senza via d'uscita, condannandole di fatto a morte certa nel caso di reale situazione di emergenza.
Secondo Paule Robinette, lo scienziato che ha ideato il robot umanoide e la situazione sperimentale, le persone credono che i droidi conoscano più cose sull'ambiente circostante rispetto a quante ne conoscano effettivamente oppure che non commetteranno mai errori. Supposizioni, però, non sempre vere e che potrebbero mettere a rischio non solo il rapporto uomo-robot, ma la stessa vita delle persone.
Sirenetto da recupero
Ad aprire uno squarcio di luce su un futuro apparentemente grigio potrebbe pensarci OceanOne, robot umanoide dell'Università di Stanford (California, Stati Uniti), utilizzato nel maggio 2016 per le operazioni di ritrovamento ed esplorazione di un vecchio galeone francese. Nel corso della missione, il droide dotato di due arti superiori e una piccola "coda direzionale" (per questo motivo è stato anche definito un automa-sirenetto) ha mostrato di saper interagire in maniera intelligente con i suoi "controllori".
Al largo delle coste francesi, OceanOne ha aiutato il team diretto dal professor Oussama Khatib a esplorare i fondali del Mediterraneo e recuperare alcuni oggetti all'interno della nave. Grazie alle telecamere stereoscopiche di cui è dotato e al feedback tattile, il docente della Stanford University e i suoi studenti hanno potuto "toccare con mano" il vecchio relitto quasi fossero impegnati fisicamente nelle operazioni di recupero.
Capace di muoversi autonomamente, OceanOne ha dimostrato che il rapporto tra uomo e robot non è poi così compromesso e può portare grandi vantaggi in situazioni di emergenza. Robot umanoidi potrebbero sostituire persone in carne e ossa nelle operazioni di manutenzione delle centrali nucleari, oppure manutenere e sistemare le dorsali oceaniche posizionate a migliaia di metri sotto il livello dell'acqua. Il droide creato dai ricercatori statunitensi, insomma, potrebbe essere il capostipite di una nuova "specie" di automi che, forti della loro intelligenza artificiale, potrebbero collaborare in maniera fattiva con i loro operatori nelle situazioni più disparate.