Per molti anni, decenni in realtà, il mondo degli utenti Windows si è diviso praticamente in due: gli utenti normali, da una parte, e gli smanettoni, dall'altra. E gli smanettoni avevano un gran da fare ai tempi dei primi sistemi operativi Windows, quelli che erano quasi una semplice interfaccia grafica dell'ormai preistorico MS-DOS.
Avendo a che fare con hardware dalla potenza nettamente inferiore a quello attuale, e con un sistema operativo con ampi spazi di perfezionamento, c'erano veramente tante impostazioni che potevano essere modificate in Windows e decine di trucchetti per far funzionare meglio il sistema operativo e spremere qualche prezioso punto percentuale di prestazioni in più. Con il tempo, però, le cose sono cambiate parecchio: da una parte l'hardware moderno è più che sufficiente per l'uso quotidiano (basti pensare a quanto lentamente caricava il sistema operativo negli Anni '90 e 2000 e quanto è più veloce a farlo adesso, con i moderni dischi SSD), dall'altra il sistema operativo stesso è molto più raffinato e "ottimizzato di fabbrica".
Per entrambi i motivi, oggi, ci sono dei trucchetti di ieri che non servono più a nulla o che, addirittura, andrebbero assolutamente sconsigliati. Eccone 5, che chi usa i sistemi Windows dal secolo scorso di sicuro in passato metteva in pratica.
L'upgrade del firmware
L'upgrade del firmware, cioè del codice che gestisce l'elettronica di base dei dispositivi, dalla scheda madre a quella grafica, passando per l'hard disk, negli anni scorsi era una cosa seria. Anzi serissima: se qualcosa fosse andato storto si sarebbe rischiato seriamente di impedire (a volte per sempre) il funzionamento di una o più componenti hardware del computer.
La stragrande maggioranza degli utenti, per questo, non aggiornava mai il BIOS o gli altri firmware presenti sulla propria macchina e, al massimo, lo faceva fare al "tecnico del computer".
Oggi non è più così: da quanto il BIOS è diventato UEFI lo si può aggiornare facilmente, e in modo sicuro, da una comoda app scaricata dal sito del produttore. A partire da Windows 8 viene utilizzato un meccanismo di upgrade basato su pacchetti di aggiornamento pronti e completi. Il firmware UEFI installa quindi il pacchetto di aggiornamento da solo, dopo un riavvio. Questa architettura rende gli aggiornamenti UEFI molto più affidabili dei vecchi aggiornamenti del BIOS, con meccanismi di controllo degli errori che possono ripristinare automaticamente le modifiche non andate a buon fine.
Il file di Swap (o memoria virtuale)
Quando la RAM costava un occhio della testa e nei computer desktop da casa si contava in mega e non in giga, la memoria non bastava mai ad eseguire neanche pochi semplici programmi contemporaneamente. C'era, per questo, il cosiddetto "file di Swap", detto anche "memoria virtuale": era un grosso file che il sistema operativo scriveva in autonomia sull'hard disk per posteggiare temporaneamente blocchi di dati, in modo da liberare spazio nella RAM.
Il problema era che i dischi rigidi erano lentissimi e il continuo scambio ("swap", appunto) rallentava moltissimo il computer. Per questo i più esperti impostavano manualmente il file di swap, rigorosamente dopo aver effettuato una deframmentazione completa del disco, affinché esso avesse dimensioni fisse e fosse collocato tutto su settori del disco vicini tra loro.
Il trucco non faceva miracoli, ma funzionava: le letture di settori consecutivi (burst) erano molto più veloci (ma sempre infinitamente più lente della RAM) rispetto alle letture di settori non consecutivi. Adesso, con i computer moderni e con Windows 10, non ha più senso impostare manualmente la memoria virtuale. Sia perché i dischi sono diventati veloci, che per il fatto che di RAM a disposizione ne abbiamo molta di più. Inoltre, in Windows 10, il file di Swap viene usato anche per posteggiare informazioni di sistema che sarebbe meglio non toccare.
La deframmentazione del disco
Collegata alla pratica appena descritta, c'era anche quella della deframmentazione del disco: più spesso la si faceva e meglio era. Deframmentare il disco, infatti, permetteva di compattare i dati in settori tutti vicini e di usufruire della velocità di lettura e scrittura superiore, già descritta per il file di Swap. Oggi, però, anche i dischi economici sono sufficientemente veloci da restare performanti anche con la sola deframmentazione automatica di Windows.
Ma c'è di più: molti dischi sono allo stato solido (SSD) e non più magnetici. Quindi sono formati da chip di memoria, che funzionano in modo completamente diverso dai vecchi dischi magnetici con testina che saltellava a destra e sinistra per leggere e scrivere i dati. Sugli SSD, invece, la deframmentazione esegue il comando Trim, che cancella i blocchi di memoria che non sono più in uso per liberare spazio.
Le utility di pulizia del registro
Un tempo il registro di Windows, cioè il file dove il sistema operativo archiviava la maggior parte delle informazioni relative ai driver per far funzionare le periferiche e alle applicazioni installate, era un vero e proprio caos. Ogni volta che una applicazione veniva disinstallata lasciava nel registro decine di voci non cancellate e spesso anche le associazioni dei relativi file (quelle che dicono a Windows quale è l'app predefinita per aprire un file).
Esistevano, per questo, decine di applicazioni che facevano il lavoro sporco di ripulitura del registro di sistema e, nei casi più disperati, riuscivano a farlo "dimagrire" parecchio e a risolvere piccoli e grandi errori apparentemente inspiegabili. E siccome la RAM era poca, e il registro viene caricato nella RAM, si guadagnava anche qualcosina in prestazioni. Ancora una volta, però, sono problemi del passato e non è più necessario usare queste app: la gestione del registro di Windows 10 è molto differente e anche più delicata, meglio non toccarlo.
L'ossessione per la telemetria
Venendo ai giorni nostri, e quindi a Microsoft Windows 10, questo sistema operativo contiene anche una novità: si chiama Microsoft Compatibility Telemetry ed è un sistema di raccolta dati (che poi vengono inviati a Microsoft) veramente massiccio. I dati raccolti sono moltissimi: l'impostazione base prevede l'invio di dati su "impostazioni, funzionalità e sul corretto funzionamento", mentre quella completa anche su "siti Web visitati, tipo di utilizzo di app e funzionalità, integrità e attività del dispositivo e segnalazione degli errori avanzata".
È poi possibile concedere l'autorizzazione a inviare a Microsoft i dati sull'input di una eventuale penna elettronica e sulla digitazione da tastiera. Tutte queste informazioni, e il loro invio, possono essere gestite dalla scheda "Privacy" delle Impostazioni. C'è un forte dibattito sul permettere o meno a Microsoft di raccogliere tutti questi dati su di noi e sono in molti a ritenere che l'invio dei dati vada assolutamente limitato.
27 gennaio 2020