Come visto, il funzionamento stesso di un disco SSD ne compromette irrimediabilmente la longevità. I continui cicli di scrittura, cancellazione e riscrittura cui sono sottoposti, infatti, finiscono con il corrompere le celle di memoria e rendere così inutilizzabile il supporto di archiviazione. Più si utilizza un disco a stato solido, dunque, e più si accorcerà la sua "aspettativa di vita": una vera e propria fine annunciata che l'utente può, tutt'al più, tentare di rimandare il più possibile.
Alcuni trucchi per SSD, infatti, permettono di minimizzare gli effetti dei P/E cycles (Programming and Erasing cycles, i cicli che consentono di cancellare e scrivere dati su un disco a stato solido) e far sì che le unità di archiviazione dati del nostro computer durino più a lungo.
Quanto dura un disco SSD
Ovviamente, i dischi a stato solito sono progettati e realizzati affinché abbiano un'aspettativa di vita di svariati anni (alcune decine, si ipotizza) e non costituiscano, dunque, un problema nel breve e medio periodo. Inoltre, gli SSD di ultima generazione sono dotati di "tecnologie di sicurezza" che incrementano l'efficienza in fase di cancellazione e scrittura delle nuove informazioni. La più importante, in questo senso, è l'algoritmo wear leveling, che si assicura che tutte le celle di memoria del disco rigido siano occupate prima di iniziare con i cicli P/E e tornare, quindi, a scrivere su celle già piene.
Al di là di questi trucchi SSD che permettono di prolungare l'aspettativa di vita del supporto di memoria, i produttori sono soliti indicare la quantità massima di dati che è possibile scrivere in ogni cella prima che perda la capacità di mantenere la carica elettrica anche quando la periferica non viene alimentata. Un disco di buona qualità, ad esempio, è in grado di "supportare" sino a 220-250 terabyte di dati. Tenendo conto che solitamente si scrivono circa 50 gigabyte di dati al giorno e che un terabyte è composto da 1000 gigabyte, si può calcolare che tale disco abbia un'aspettativa di vita di circa 12 anni (220*1000:50=4.400 giorni).
Da notare, inoltre, che vedere foto o film, aprire documenti o ascoltare musica non incidono sull'aspettativa di vita del dispositivo di archiviazione dal momento che si tratta di operazioni di semplice lettura. Solamente la creazione di nuovi documenti, la modifica di file già esistenti o lo scaricare risorse (tipo film e foto) da Internet contano come scrittura di nuove informazioni sul proprio SSD.
Come preservare un SSD
Alcuni trucchi, inoltre, permettono di ridurre al minimo i cicli P/E e preservare così la salute del disco a stato solido. Queste mosse, molto semplici da mettere in atto, fanno sì che l'SSD non sia posto sotto stress e la sua capacità di archiviazione non sia scalfita prima del tempo.
- Aggiornare all'ultima versione del sistema operativo. Un upgrade del sistema operativo è necessario per mantenere in salute il disco a stato solido. Al crescere della loro diffusione, infatti, le case sviluppatrici – Microsoft ed Apple, ma non solo – migliorano il funzionamento dei loro sistemi operativi così da adattarsi al meglio alla presenza degli SSD nei computer
- No ai benchmark. I software di benchmarking SSD sono molto utili per comprendere le performance e le funzionalità delle varie componenti hardware, compreso il disco SSD. In quest'ultimo caso, però, i pesanti cicli di scrittura e cancellazione effettuati nel corso dei test andranno a intaccare la soglia massima prevista dal produttore in fase di produzione del supporto di memoria. Per il bene del disco a stato solido, dunque, è bene limitare al massimo l'utilizzo di questi software: effettuarlo una volta è più che sufficiente
- Disattivare l'ibernazione di Windows. Gran parte dei sistemi operativi – soprattutto quelli di ultima generazione – offrono agli utenti la funzionalità dell'ibernazione (che non va confusa con la sospensione), utile nel caso in cui il computer sia dotato di vecchi dischi magneto-meccanici. Grazie all'ibernazione, infatti, anche i vecchi computer dotati di hard disk "tradizionale" riusciranno a riavviarsi velocemente dopo un periodo di "inattività": il sistema operativo crea un'immagine dei dati presenti nella RAM e li salva all'interno del disco rigido, in modo che possa richiamarli in fretta e tornare a essere operativo nel giro di pochi secondi. Va da sé che, in caso di 4 gigabyte di memoria RAM occupata, il sistema operativo andrà a occupare 4 gigabyte di memoria sul disco rigido non appena l'ibernazione sarà avviata: un'operazione alquanto "innocua" nel caso di dischi magnetici, ma con conseguenze piuttosto gravi (e ormai note) nel caso degli SSD. Per disattivare ibernazione su Windows si deve cliccare con il tasto destro del mouse sul pulsante Start (oppure premere la sequenza "Tasto Windows X"), scegliere la voce Windows Powershell (amministratore) e cliccare su OK nella finestra che compare. Dopo qualche secondo vedremo aprirsi la schermata di Windows Powershell (una sorta di interfaccia a riga di comando): una volta che il cursore sarà attivo – lampeggerà – digitare il comando "powercfg -h off" e premere il tasto "Invio". D'ora in avanti l'ibernazione non si attiverà mai più (a meno che non si voglia riattivarla con il comando "powercfg -h on" da Powershell)
- Disabilitare Superfetch. Introdotta con Windows Vista (e mantenuta anche nelle versioni successive del sistema operativo Microsoft), il Superfetch consente di gestire in maniera più efficiente la memoria di sistema e caricare in anticipo i dati e i software utilizzati con maggior frequenza dall'utente. Si tratta di una sorta di memoria cache che, scrivendo dati sul disco rigido, permette di velocizzare il caricamento dei programmi e, di conseguenza, il funzionamento del PC. Come visto per l'ibernazione, si tratta di un'operazione relativamente a "costo 0" in caso di hard disk magneto-meccanico, ma con delle controindicazioni facilmente comprensibili per dischi SSD. Per disattivare il Superfetch bisogna avviare il Powershell (come visto nel punto precedente), digitare il comando "services.msc" e premere il tasto "Invio". Si aprirà la finestra dei servizi disponibili nel sistema operativo: cercare nell'elenco la voce "Ottimizzazione avvio", doppio click e disattivatela
- Ridurre la memoria virtuale. Come tutte le funzionalità viste – e disattivate – sinora, anche la memoria virtuale nasce nel corso del "monopolio" del disco magnetico e della "scarsità" di memoria RAM. Questo stratagemma permette di ospitare i dati che non trovano spazio nella RAM su una porzione del disco rigido, ma i cicli di scrittura necessari al corretto funzionamento di questo strumento sono numerosissimi. Nel caso in cui il proprio computer sia dotato di una quantità sufficiente di memoria di lavoro (almeno 8 gigabyte), si può anche disattivare la memoria virtuale. O, comunque, ridurlo al minimo consigliato dal sistema operativo stesso. Aprire il Pannello di controllo, cliccare su Sistema e sicurezza e poi su Sicurezza: nella finestra che compare cliccare sulla voce Impostazione di sistema avanzate nella colonna di sinistra e attendere l'apertura di una nuova finestra. Nella scheda Avanzate cliccare sul pulsante Impostazioni del riquadro Prestazioni così da far aprire la finestra Opzioni prestazioni: nella scheda Avanzate cliccare sul pulsante Cambia del riquadro Memoria virtuale per gestire manualmente le dimensioni del File di paging.