Sono poco più di 9.000 i pazienti italiani in attesa di un trapianto di rene, trapianto di fegato o trapianto di midollo osseo. Un'attesa che, dati alla mano, si protrae per circa trenta mesi: tra la richiesta di immissione in lista e l'operazione, infatti, passano tra i 2 e i 3 anni. Una situazione delicata, soprattutto per chi è in attesa di un nuovo fegato o un nuovo cuore: in questi casi, infatti, crescono le possibilità di morire prima di riuscire a trovare un donatore compatibile.
Dei 9.100 pazienti in attesa, oltre il 70% è alla ricerca di nuovi reni (6.555), con un tempo di attesa di poco superiore ai 3 anni e una percentuale di decesso dell'1,5%. Calano, invece, i tempi di attesa per un trapianto di fegato (1,9 anni) anche se crescono le possibilità di non riuscire a sopravvivere tutto questo tempo (6,6% di decessi registrati). Per un nuovo cuore si devono attendere poco meno di 3 anni ma la percentuale di decessi è molto simile a quella registrata per il fegato (in questo caso 6,1%). Ogni anno, nei centri trapianti italiani, sono effettuati poco meno di 3.000 operazioni (dati 2013), in gran parte rese possibili grazie ad espianti da donatori morti.
Negli Stati Uniti, dove il bacino di pazienti in attesa di donazione è ancora più ampio e le liste sono differenziate per Stato, la situazione è ancora peggiore. A fine 2013 erano in attesa oltre 120mila pazienti con una media decessi molto vicina al 6%. Colpa, secondo l'organizzazione non governativa statunitense che si occupa del sistema trapianti federale (la United Network for Organ Sharing o UNOS), della difficoltà di trovare donatori compatibili con i pazienti in attesa.
Il problema, secondo alcuni studiosi che lavorano negli Stati Uniti, potrebbe essere risolta applicando alcune formule matematiche ai big data a disposizione della fondazione che cura il sistema di donazione federale. Dall'unione tra medicina e big data, insomma, potrebbero arrivare novità interessanti anche per i 9mila pazienti italiani.
Trapianto di reni
Come visto, tanto in Italia quanto negli Stati Uniti, i pazienti in attesa di un trapianto di reni superano di gran lunga il numero di tutti gli altri pazienti in attesa di un nuovo cuore, di un nuovo fegato o di un nuovo polmone. Solo i trapianti di midollo osseo vantano cifre superiori. Al di là dell'oceano provano a risolvere questa emergenza sanitaria grazie a una stretta sinergia tra dottori, economisti e matematici. L'obiettivo è “ottimizzare” le “risorse”, trovando abbinamenti compatibili tra donatore e ricevente.
Si tratta dell'applicazione dell'accoppiamento (proprietà di alcuni elementi all'interno della Teoria dei grafi) al mondo dei trapianti di organi: un sistema apparentemente “perfetto”, secondo il professore di economia Alvin Roth. Ad esempio, un marito che voglia donare il proprio rene alla moglie in lista d'attesa ma risulta essere incompatibile, può donare il proprio rene a un paziente in attesa a sua volta accoppiata con un possibile donatore compatibile con la donna. In questo modo si riuscirebbe a far coincidere perfettamente “domanda” e “offerta”, accorciando sensibilmente i tempi di attesa per un nuovo rene.
Inserendo questi big data in un computer con il giusto algoritmo, la soluzione dovrebbe essere a portata di mano.
Problema antigene
Il condizionale, però, è d'obbligo. La lista di fattori da tenere in considerazione quando si è alla ricerca di donatori compatibili è lunga, complessa e zeppa di “veti” incrociati. Un paziente in attesa di trapianto di reni, infatti, può sviluppare anticorpi che rendono ancora più complicato il processo: nel caso in cui si impianti un rene con antigeni non compatibili, il trapianto sarà destinato al fallimento. Oltre al gruppo sanguigno e alla compatibilità a livello di tessuti, sarà necessario tenere in considerazione anche gli anticorpi e gli antigeni dei pazienti e dei donatori.
“È a questo punto – spiega Ruthanne Leishman, program manager dell'ONUS – che entrano in gioco i computer. Tenere in considerazione tutti questi fattori per milioni di possibili coppie di donatori era semplicemente impossibile senza il supporto della potenza di calcolo logico-matematico che contraddistingue i CPU”.
La catena di Sant'Antonio
Nel 2005, nel corso di una conferenza internazionale in Francia, Alvin Roth concepisce con l'aiuto di Tuomas Sandholm, professore di Scienze Informatiche presso l'università Carnegie Mellon di Pittsburgh, un algoritmo ancora più potente e in grado di creare delle vere e proprie catene di coppie di donatori: in questo modo il “gioco” dello scambio di donatori può essere esteso ad un network ancora più ampio di pazienti, incrementando ulteriormente l'efficienza del processo di ricerca dei possibili donatori.
L'obiettivo è sfruttare i big data a disposizione per creare un database con 10.000 possibili coppie e combinarle in modo da ottenere catene che rendano possibili 3 o 4 “scambi” di organi alla volta. Si tratta, però, di un compito tutt'altro che semplice. Il calcolo dovrebbe tenere in considerazione migliaia di miliardi di possibili variabili e valutare milioni di possibili scambi. I ricercatori, comunque, restano molto ottimisti. “È stato interessante e allo stesso tempo soddisfacente avere la possibilità di progettare un algoritmo che dia risposta a problemi legati al trapianto di organi – afferma Sandholm. L'ultima versione che abbiamo rilasciato riesce a gestire un database molto vasto e adattarsi ai continui mutamenti che possono avvenire con il passare del tempo. Per questo siamo fiduciosi che permetterà di aumentare ulteriormente l'efficienza e ridurre i tempi di attesa per i pazienti”.