È divenuto difficile, ormai, provare a visitare un sito che permetta un minimo di interazione social tra gli utenti (forum, reti sociali, blog e altri portali di questo genere) senza incappare in uno di loro. I troll sono ovunque: il numero degli “attaccabrighe da tastiera” cresce esponenzialmente giorno dopo giorno.
Sociologia del troll
Una spiegazione sociologica e scientifica di questa improvvisa mutazione arriva da Norman Johnson, professore associato presso il Bauer College dell'Università di Houston, Texas (USA). Il sociologo statunitense spiega, in una delle sue più recenti pubblicazioni, che la crescente incidenza di comportamenti aggressivi nel caso di scambi comunicativi mediati da mezzi informatici è dettata dal mancato trasferimento di “stimoli” sociali. A differenza dell'interazione vis-à-vis, il contesto in cui avviene la comunicazione online è meno ricco di indicazioni e spunti cui “appigliarsi” in caso di difficoltà: può accadere, dunque, che non si riesca a decifrare correttamente il significato nascosto dietro il messaggio generando così un'incomprensione. Non solo: l'anonimato garantito in molti casi dal web farebbe diminuire la paura di giudizi e sanzioni sociali, favorendo ulteriormente la comparsa di comportamenti violenti e aggressivi. Insomma, la colpa della comparsa dei troll sarebbe da additare alla natura stessa di Internet: completamente libera, un po' “distaccata” e soprattutto priva di ogni tipo di freno inibitorio.
In principio c'era Usenet
Non è un caso che i primi “esemplari” di troll, dunque, facciano la loro comparsa agli albori della storia del web. I primi “agitatori da tastiera” nascono come flamer (dal verbo inglese “to flame”, innescare o accendere) nei gruppi di discussione su Usenet, una sorta di rete sociale ante litteram grazie alla quale gli utenti potevano (e possono) scambiare link e informazioni sui temi più svariati. Nel caso in cui lo scontro verbale si fosse acceso tra due o più flamer, le probabilità che il tutto si trasformasse in una flame war (scambio di risposte ad alto contenuto di accuse e insulti, anche a livello personale) erano molto elevate.
Lo scambio dialettico tra flamer, comunque, si basa su fatti circostanziati e ben definiti: è dettato, insomma, da diversità di opinioni su un tema preciso e delineato. Il troll rappresenta, invece, una sorta di evoluzione della specie: gli insulti e le accuse sono totalmente prive di qualunque base. Si insulta e si provoca per il solo gusto di insultare e provocare.
Net.weenie
Prima di arrivare ai troll, comunque, la “specie” dei “disturbatori da tastiera” subisce una evoluzione intermedia che va sotto il nome di net.weenie. I primi net.weenie sono comparsi nei gruppi di discussione Usenet: a differenza dei flamer, la loro azione di disturbo non è legata a discussioni o argomenti particolari: i messaggi (e gli insulti, in alcuni casi) sono fini a sé stessi e hanno il solo scopo di gettare scompiglio nella comunità di Usenet.
Un esempio è dato dai cosiddetti warlorder, utenti del gruppo alt.fan.warlord che, per un lungo periodo, furono in grado di tenere sotto scacco molti dei gruppi e sottogruppi di discussione su Usenet. La netiquette di questa “rete sociale” prevede che, per garantire una migliore leggibilità dei messaggi e del newsgroup, le firme degli utenti non possano superare le quattro righe di lunghezza. Solleticati da questa limitazione, i primi net.weenie iniziano a creare firme grafiche in codice ASCII lunghe anche diverse centinaia di righe. Non c'era una reale motivazione alla base di questo comportamento: l'importante era contravvenire alle regole imposte da qualcun altro.
La nascita dei troll
È il 14 dicembre 1992 quando il termine troll è usato per la prima volta è usato con un significato affine a quello attuale. Lo scenario, come al solito, è quello di un gruppo di discussione Usenet. Come riportato dall'Oxford English dictionary, un utente posta all'interno del gruppo alt.folklore.urban il messaggio “Magari dopo che l'ho postato, possiamo trollare ancora un po' e vedere cosa accade”. È proprio attorno a questo periodo che il termine trolling subisce un'evoluzione semantica decisiva: si passa dal “causare disturbo a causa delle proprie convinzioni” all'essere semplicemente “convinti a causare disturbo”.
Nel 1994 un articolo comparso sulla versione statunitense di Wired descrive il comportamento di Brice Wellington e di altri utenti che, partendo dal gruppo alt.tasteless, infiammano altri spazi di discussione con messaggi e post privi di qualunque senso. In breve tempo, i messaggi passano dall'essere satirici e scherzosi ad essere veri e propri concentrati di cattiveria e insulti. Si naviga tra i vari gruppi, si sceglie un bersaglio - “l'esemplare” apparentemente più debole – e lo si colpisce con durezza, sino a vederlo capitolare.
E alla fine arriva 4chan
Nel 2003 Christoher Pool dà vita a 4chan, una sorte di social network completamente anonimo, utilizzato spesso e volentieri come valvola di sfogo sociale e culturale. È tra le pagine, i messaggi e i board di 4chan che la “specie” di provocatori virtuali va incontro al suo ultimo step evolutivo. La parola troll acquisisce il significato che oggi tutti le attribuiscono – seppur nelle sue varie sfumature – e gli utenti si comportano da troll perché decidono di esserlo. Una volontà, se vogliamo, rafforzata dallo spirito di impunità che aleggia nella comunità di 4chan: qualunque azione si commetta, si ha sempre la sensazione – nella maggior parte dei casi giusta – che mai nessuno riuscirà a risalire alla propria identità. L'ambiente ideale, insomma, dove far crescere e proliferare utenti che insultano e offendono per il solo gusto di farlo.