Tutto inizia, più o meno, a cavallo tra il XX e XXI secolo. Siamo nel 2000 (mese più, mese meno) e sul mercato compare il primo modello di smartphone, telefono cellulare dalle funzionalità "avanzate" grazie a una dotazione completa di applicazioni di ogni tipo. Da quel momento la corsa alla miniaturizzazione, dei dispositivi e dei componenti interni che ne consentono il funzionamento, non si è più arrestata: gli smartphone sono stati i primi della "serie", ma ora l'evoluzione è guidata (e dettata) dai wearable device.
I dispositivi indossabili, però, affondano le loro radici in tempi più remoti. Prima che smartphone, tablet e wearable device possano fare la loro comparsa sul mercato, infatti, è necessario che una lunga serie di tecnologie facciano la loro comparsa ed evolvano gradualmente. Sembrerà strano, ma uno degli antesignani dell'Apple Watch e degli altri smartwatch è il Walkman Sony.
Il boom degli anni '70
Nel 1969 Seiko introduce il primo orologio da polso automatico al quarzo: grazie a un pendolo interno, l'orologio è in grado di caricarsi e funzionare senza il "supporto" di batteria o altre fonti di carica elettrica. Qualche anno dopo – è il 1974 – Casio introduce sul mercato il primo orologio da polso elettronico, seguito (qualche anno più tardi) dal Casio Databank DC-40, smartwatch ante litteram in grado di archiviare qualche decina di numeri di telofono e funzionante anche come calcolatrice.
Gli anni '70 non sono caratterizzati esclusivamente da orologi (più o meno) intelligenti. La corsa alla miniaturizzazione e alla digitalizzazione è dettata anche dalle fotocamere. Nel 1975 Polaroid lancia sul mercato la prima telecamera digitale, ma il prodotto della casa statunitense non ottiene il successo sperato. Il progetto viene così riposto nel cassetto per circa 20 anni: a partire dalla metà anni '90 le fotocamere e le telecamere digitali saranno costantemente sulla cresta dell'onda.
Ritorno al futuro (a suon di note)
Allo stesso modo, il settore musicale non è stato al riparo da un repentino processo di miniaturizzazione e digitalizzazione. In questo caso, però, le innovazioni hanno avuto seguito sia a livello tecnologico sia a livello commerciale. A metà decennio i Walkman "affollano" gli zaini e le tasche dei giovani di tutto il mondo: i mangianastri portatili "democratizzano" e liberano la musica permettendo a chiunque di ascoltarla ovunque si trovi.
Due decenni più tardi la tecnologia musicale subisce un'ulteriore spinta verso la miniaturizzazione dei dispositivi e la digitalizzazione dei supporti. A metà degli anni '90 compare il formato MP3, che consente di convertire le note in bit e spiana la strada alla comparsa di lettori musicali digitali.
Non è un caso, infatti, che qualche anno più tardi Steve Jobs presenta l'iPod, lettore di file MP3 destinato a cambiare una volta per sempre la storia della musica e dell'elettronica di consumo. Sempre nella prima metà degli anni '90 Garmin lancia il primo navigatore GPS portatile della storia. La strada verso lo smartphone (sia per form factory, sia per funzionalità e tecnologie) è di fatto spianata.
Il mostro nel salotto
Prima di arrivare a smartphone, smartwatch e wearable, però, è necessario un ulteriore step evolutivo. Senza display touchscreen, questi dispositivi sarebbero semplicemente inutilizzabili: gran parte del loro successo commerciale è infatti dovuto a un'interfaccia utente intuitiva e di semplice utilizzo. Questa parte di storia ha inizio nei primi anni '80 e si svolge (per così dire) all'interno dei salotti dei cittadini statunitensi e giapponesi.
Nella prima metà del decennio, infatti, i produttori di televisori iniziano a sviluppare e commercializzare i primi modelli di TV a cristalli liquidi. Sino a quel momento la tecnologia televisiva dominante è quella degli schermi CRT (a tubo catodico): pesanti e molto ingombranti, i televisori degli anni '70 occupavano una buona parte del salotto ed erano diventati "parte" del mobilio. La necessità di miniaturizzazione è evidente: Casio prima e Sharp poi iniziano a commercializzare TV con schermo LCD nella seconda metà degli anni '80, ottenendo immediatamente un grandissimo successo.
La spinta alla miniaturizzazione (assottigliamento, potremmo dire) dei display finisce con l'influenzare anche altri settori. "Complice" il perfezionamento della tecnologia touch, i display LCD touchscreen fanno la loro comparsa "a bordo" dei primi dispositivi informatici portatili (i cosiddetti PDA, assistenti personali digitali).
Questa evoluzione tecnologica rende effettivamente possibile lo sviluppo e la diffusione di smartwphone, smartwatch e wearable: più i dispositivi digitali si "avvicinano" all'utente, più naturale devono essere le modalità di interazione tra utente e dispositivo stesso.
Al cuore della miniaturizzazione
Le evoluzioni tecnologiche sin qui esposte, però, sarebbero semplicemente impossibili se alla base di tutto non ci fosse stata la miniaturizzazione delle componenti interne dei dispositivi, processore in testa. In questo caso il "merito" è del settore informatico e della diffusione capillare dei personal computer.
Come ci insegna la storia dell'informatica, i primi computer erano enormi mainframe capaci di occupare decine (se non centinaia) di metri quadrati. Oggi la miniaturizzazione tecnologica ha fatto letteralmente passi da gigante, tanto che un computer può stare nel palmo di una mano (vedi Arduino, Raspberry Pi e i computer stick). Il protagonista assoluto di questa miniaturizzazione è il processore, il cuore di ogni sistema informatico: se nei primi anni '60 le valvole termoioniche potevano occupare diversi metri quadrati, l'introduzione dei circuiti stampati ha permesso di ridurne le dimensioni e, allo stesso tempo, incrementarne le prestazioni e potenza di calcolo.
Ciò ha permesso di progettare e commercializzare computer (desktop e laptop sempre più piccoli), sino ad arrivare alle primissime generazioni di PDA (Personal digital assistant), antesignani di smartphone e altri dispositivi wearable.
L'infrastruttura necessaria
Per completare il quadro evolutivo, però, è necessario analizzare anche quello che accade "attorno" ai wearable device. Per prosperare, infatti, i dispositivi indossabili hanno necessità di un ecosistema che permetta loro di comunicare liberamente. Hanno bisogno di una rete di dispositivi informatici attraverso la quale i dati e le informazioni possano viaggiare senza grossi ostacoli.
La diffusione dei wearable a cui si assiste dal 2005 in poi (circa) è frutto anche dei protocolli di rete e comunicativi nati nel CERN e in altri istituti di ricerca del mondo dalla seconda metà degli anni '80 in poi. L'integrazione di questi protocolli e standard (Ethernet, Wi-Fi e altri) con infrastrutture di comunicazione sempre più potenti e diffuse ha reso possibilile l'interoperabilità, l'integrazione di più dispositivi e gettato le basi per l'ideazione e la creazione dell'infrastruttura cloud.
I wearable che oggi indossiamo – dagli smartwatch ai fitness tracker – basano gran parte delle loro funzionalità su una sorta di "fabbrica comunicativa" che mette in collegamento utenti con utenti, dispositivi indossabili con dispositivi indossabili. E saranno proprio i wearable, con la loro crescente quantità di dati creati e scambiati, a determinare forma e funzionamento delle reti del futuro: affinché l'Internet of things possa esprimere a pieno tutte le sue possibilità, è necessaria una (nuova) rivoluzione nel mondo delle reti.