L'ultima arrivata in ordine di tempo è Apple, che dopo anni di attesa ha introdotto questa tecnologia a bordo dell'iPhone X, il melafonino del decennio e dispositivo di punta dei mesi a cavallo tra 2017 e 2018. Certo, rispetto ai vari Samsung, HTC e Motorola la casa di Cupertino arriva con qualche anno di ritardo, ma con la sua decisione di supportare nativamente la ricarica wireless la casa di Cupertino è riuscita a influenzare e "indirizzare" il settore più di quanto gli altri fossero stati in grado di fare in passato.
Già poche settimane dopo il lancio dell'iPhone X, il mondo della ricarica senza fili è stato protagonista di un cambiamento molto probabilmente inatteso: Powermat, tra i maggiori produttori di caricatori wireless, ha annunciato di voler aderire al Wireless Power Consortium, consorzio di produttori che si occupa dello sviluppo dello standard di ricarica senza fili Qi (lo stesso adottato da Apple per l'iPhone X, per intendersi). Non ci sarebbe nulla di anomalo, se Powermat non fosse anche il membro più importante del consorzio Power Matters Alliance, responsabile dello sviluppo dello standard PMA, alternativo al già citato Qi.
Segno che la lotta tra i due standard potrebbe essere giunta a un punto di svolta, con Apple a giocare il ruolo di arbitro della contesa, con la bilancia che sembra definitivamente pendere dalla parte dello standard Qi. Certo, il mondo dell'hi-tech non è affatto avaro di sorprese, ma non sembra essere questo il caso.
Quali sono gli standard wireless di ricarica
Il mondo della ricarica senza fili può essere paragonato, a grandi linee, a quello della ricarica veloce. Le similitudini tra i due settori, infatti, sono molteplici: entrambe le tecnologie sono frutto di tentativi di minimizzare i contrattempi legati all'alimentazione a batteria e alla necessità di dover caricare continuamente – e con tempi di attesa differenti – i dispositivi elettronici. Il maggior punto di contatto, però, sta nell'esistenza di diversi standard adottati dai vari produttori: nel caso della ricarica veloce, la Quick Charge di Qualcomm se la deve vedere con la Dash Charge di OnePlus, i caricatori wireless si dividono tra standard Qi e standard PMA (o AirFuel).
Le differenze tra i due standard, come vedremo in dettaglio tra poco, sono minime. Entrambi, infatti, sfruttano l'induzione elettromagnetica per ricaricare le batterie dei dispositivi elettronici e funzionano a una distanza di pochi millimetri (una manciata al massimo).
Come funzionano i caricabatterie wireless Qi e PMA
Che si tratti di Qi o PMA poco importa: in entrambi i casi, gli standard wireless per ricarica elettrica basano il loro funzionamento su una basetta deputata a generare un piccolo campo elettromagnetico all'interno del quale gravitano gli elettroni responsabili della carica del dispositivo elettrico. Lo standard del Wireless Power Consortium e quello della Power Matters Alliance si differenziano, però, a livello di frequenza di risonanza utilizzata per generare i campi elettromagnetici e di protocolli di comunicazione necessari per sintonizzare e sincronizzare base di ricarica e smartphone.
Prima che un caricabatterie wireless inizi a "svolgere il proprio lavoro", infatti, è necessario che scambi alcune informazioni con i dispositivi nelle sue immediate vicinanze. Prima di tutto, si verifica che lo smartphone da ricaricare sia compatibile con lo standard wireless della basetta e quale versione dello standard utilizzare. Questo ultimo controllo è necessario per impostare la potenza del flusso di corrente e, di conseguenza, la velocità di ricarica del dispositivo.
Terminate le "formalità", si può passare all'azione. La base a induzione crea il campo elettromagnetico che consentirà alla batteria di ricaricarsi senza che ci sia bisogno di collegarla a un cavo.
19 febbraio 2018