Tempi duri per gli spammer di professione. Nelle scorse settimane, il Garante per la Privacy ha diramato le nuove Linee Guida per regolamentare l'attività pubblicitaria che, sempre più di frequente, avviene tramite canali web tutti nuovi e in continua evoluzione. I messaggi pubblicitari indesiderati, infatti, non passano più solamente attraverso la casella di posta elettronica – anche se gli ultimi dati in questo senso sono davvero molto preoccupanti – ma prendono strade sempre differenti e soprattutto fastidiose, vediamo insieme quali sono.
Consenso informato
La parola chiave delle Linee guida in materia di attività promozionale e contrasto allo spam è consenso informato. A fronte di un attivismo sempre maggiore su canali promozionali “vergini”, il Garante ha disposto un documento che combatte lo spam e favorisce pratiche commerciali "amiche" di utenti e consumatori. Particolare attenzione è stata posta alle cosiddette pratiche di social spamming (invio di messaggi pubblicitari tramite i social network), marketing mirato e marketing virale: d'ora in avanti, chi porterà avanti campagne pubblicitarie di questo genere senza aver chiesto il consenso preventivo e informato all'utente (può bastare, ad esempio, anche il Mi piace su una pagina Facebook o un follow per un account Twitter) rischierà sanzioni economiche sino a 500mila euro.
Onde evitare che si possano creare altri buchi normativi, le linee guida stabiliscono con estrema precisione gli ambiti di applicazione della nuova normativa. Particolare cura è dedicata alla definizione di cosa sia social spamming e cosa sia il marketing virale.
Social Spamming
Il maggior problema quando si parla di campagne pubblicitarie è, secondo il Garante per la Privacy, “l'indiscriminato e spesso inconsapevole impiego dei propri dati personali da parte degli utenti nell'ambito dei social network”. Non è un segreto, infatti, che i dati personali presenti su siti come Facebook e Twitter finiscano spesso e volentieri per essere predati da società di marketing con pochi scrupoli. Con la recente introduzione del nuovo strumento di ricerca Graph Search, il social network di Mark Zuckerberg sembra addirittura aver facilitato il compito di marketeer alla ricerca di indirizzi mail, numeri di telefono e altri dati sensibili di questo genere. “Questo impiego – si legge nelle linee guida – si presta alla commercializzazione o ad altri trattamenti dei dati personali a fini di profilazione e marketing da parte di società terze che siano partner commerciali delle società che gestiscono tali siti oppure che approfittino della disponibilità di fatto di tali dati in Internet”.
In questo caso, però, semplicità non fa rima con usabilità. “L'agevole rintracciabilità di dati personali in Internet (quali numeri di telefono o indirizzi di posta elettronica) non autorizza a poter utilizzare tali dati per inviare comunicazioni promozionali automatizzate senza il consenso dei destinatari”.
Tale disciplina è applicabile anche ad altre forme di comunicazione social, come i servizi di messaggistica istantanea come Whatsapp, Skype, Viber e altri ancora.
Marketing virale
Anche il passaparola può finire nel girone dei dannati dello spam nel caso in cui diventi troppo pressante e sin troppo specifico. Nel comma riservato al marketing virale, il Garante si concentra sulla definizione dei limiti e dei contenuti del messaggio di posta elettronica (o messaggio privato su un social network).
La diffusione del messaggio veicolato tramite campagne di marketing virale è paragonata, all'interno delle linee guida, alla diffusione di un virus biologico. Un prodotto o un servizio – anche non strettamente legati al web – di interesse per un utente viene veicolato dall'utente stesso ai suoi contatti tramite messaggi diretti o indiretti; questi stessi contatti possono a loro volta veicolare lo stesso messaggio, dando vita ad una catena di trasmissione molto potente e in grado di espandere il proprio raggio d'azione nel giro di pochi minuti.
Sino a quando questa attività resta circoscritta alla semplice “promozione personale” non configura ipotesi di violazione del Codice e delle Linee guida; nel caso in cui, però, queste azioni avvengano in maniera automatizzata e per finalità di marketing, rientrano allora a pieno titolo nella definizione di spam e come tali verranno trattate e sanzionate.
Semplificazioni per le aziende in regola
Nel caso in cui agenzie pubblicitarie e marketing dimostrino di aver sempre mantenuto un comportamento esemplare, verranno agevolate dal Garante nella realizzazione e diffusione delle loro campagne pubblicitarie. Nelle Linee guida, ad esempio, non si danno limiti al cosiddetto soft spam: non costituisce violazione delle direttive e delle norme l'invio di messaggi di posta o messaggi privati riguardanti prodotti simili o affini a prodotti già acquistati. O, ancora, basta chiedere una sola volta il consenso informato per le varie tipologie di campagne pubblicitarie e marketing – non solo invio di messaggi pubblicitari, ma anche lo svolgimento di ricerche di mercato – svolte dalla stessa società. Le imprese, infine, possono pubblicizzare i loro marchi o i loro prodotti tramite i loro profili social senza incorrere in sanzioni di alcun genere.