Tra di loro si chiamano Puertopianesi, dal momento che la loro idea iniziale era di chiamare la loro città dei sogni "Puertopia". Poi, quando qualcuno ne ha tradotto il significato dal latino all'inglese hanno preferito optare per un più morigerato Sol, sole in spagnolo. Un nome comunque d'effetto per una città che ancora non esiste e che, nei piani dei suoi progettisti, dovrebbe rappresentare una sorta di modello ai quali moltissimi altri potrebbero ben presto ispirarsi. Sol, infatti, dovrebbe essere la prima città al mondo basata su Blockchain, smart contracts e criptovalute.
Decine e decine di neomiliardari, divenuti tali grazie al boom delle criptovalute della seconda parte del 2017, si stanno trasferendo a Puerto Rico, per unirsi al già nutrito gruppo di cripto-paperoni che si è trasferito nell'isola caraibica nella prima parte del 2017. Il loro obiettivo è quello di creare una realtà – una città per alcuni, un quartiere o una sorta di "enclave" per altri – nella quale possano continuare a contrattare altcoin e creare società che mettano a frutto (anche economicamente) i prodigi tecnologici promessi dalla blockchain e dagli smart contracts.
Puertopia (o Sol), la criptocittà dei sogni
Nasce così il progetto Puertopia (successivamente rinominato Sol, come già accennato), una città utopica nella quale mostrare al mondo cosa è possibile fare applicando blockchain e smart contracts a ogni singolo aspetto della vita di una città. E dove tutto, ovviamente, avrà un prezzo in criptovalute (Bitcoin o altro è ancora da decidere). Insomma, la dimostrazione che queste tecnologie hanno anche un'utilità pratica e non si tratta dell'ennesimo "costrutto" finanziario destinato a esplodere come una bolla di sapone.
Un gruppo di miliardari nel cuore di Old San Juan (foto tratta da New York Times)
Alla ricerca dell'Isola che non c'è
La genesi di Puertopia, nonostante i soldi non manchino, è meno semplice di quanto si possa immaginare. Trovare un'area adatta a costruire una città dalle fondamenta non è affatto semplice, anche (e soprattutto) in una realtà recentemente devastata dall'uragano Maria come è Puerto Rico. Anche perché i miliardari delle criptovalute non si accontentano di poco: sono alla ricerca di uno spazio di circa 1.000 chilometri quadrati dove poter costruire senza troppi grattacapi e impedimenti di sorta.
Così, il gruppo di miliardari si prepara ogni mattina e si riversa nelle strade dell'isola caraibica nella speranza di trovare la loro isola che non c'è. Na ricerca estenuante, per alcuni versi, ma che non demoralizza di certo il gruppo di investitori. Nel caso in cui non dovessero trovare un'area in grado di soddisfarli, potrebbero decidere di trasferirsi all'interno di Old San Juan, il centro storico della capitale portoricana già abitato dalla prima ondata di paperoni delle criptovalute.
I purtopianesi in un locale del centro città (foto tratta da New York Times)
Perché Puerto Rico
Pur tra mille difficoltà, la volontà dei puertopianesi appare ferrea. Come amano ripetere in più occasioni, sono mossi dalle migliori intenzioni: hanno scelto Puerto Rico per "merito" dell'uragano Maria e vogliono aiutare l'isola a risollevarsi. "Siamo capitalisti benevoli – ripetono alcuni – venuti qui per realizzare un'economia benevola". Al momento, mentre la ricerca della loro valle incantata va avanti a rilento, stanno trattando con il governo per realizzare una banca per criptovalute: dovessero riuscire a spuntarla, sarebbe la prima di questo genere in tutto il mondo.
Mera questione economica?
Qualcun altro, però, intravede altre motivazioni alla base della scelta dei neo-paperoni delle criptovalute. E molto meno poetica rispetto a quanto vanno sbandierando ai quattro venti. Puerto Rico, pur appartenendo formalmente alla federazione degli Stati Uniti, ha un sistema di tassazione così favorevole da poter essere considerato una sorta di paradiso fiscale. Non ci sono tasse federali né a livello personale né sugli utili e profitti realizzati dalle società con sede a Puerto Rico, mentre la tassazione aziendale resta comunque favorevole.
E anche se una larga fetta di popolazione vede nei criptomiliardari un'occasione di rilancio e rinascita per l'isola, molti altri storcono un po' il naso. Qualcuno sospetta che la tassazione favorevole sia il loro unico interesse reale e che, presto, potrebbero cambiare idea e tentare di costruire la loro città utopica in un altro stato, dove il sistema fiscale li avvantaggi ulteriormente. A questo si unisce un malcontento generale per il trattamento di favore riservato ai nuovi arrivati, mentre la popolazione locale si barcamena tra mille difficoltà e un livello di tassazione molto più elevato.
5 febbraio 2018