Nell'Internet of Things che i ricercatori e l'industria stanno lentamente mettendo a punto e, anche se non ce ne accorgiamo, stanno già costruendo fisicamente, ogni oggetto può diventare "smart". Può cioè trasmettere e ricevere informazioni, per assolvere ad un compito o ad una specifica funzione. L'IoT, però, ha bisogno di tanti diversi tipi di oggetti smart, con una diversa complessità.
Molti di questi oggetti, ad esempio, dovranno trasmettere semplicemente la propria posizione e poche altre informazioni. È il caso dei magazzini smart, dove gli spostamenti di migliaia e migliaia di prodotti vengono registrati e seguiti per identificare i flussi della merce e ottimizzare la logistica. In questi casi una tecnologia molto usata è l'RFID, acronimo di Radio Frequency Identification. L'RFID è semplice e funzionale: un tag, cioè una sorta di etichetta, RFID comunica ad uno specifico "lettore" la sua presenza e alcune informazioni base. Ad esempio, il tipo di prodotto, la marca e il modello. O, se applicato ad un vestito, il tipo e la taglia e il colore. O ancora, in caso di alimenti, il tipo, il peso, la scadenza e la tabella nutrizionale.
La tecnologia RFID, insomma, può essere applicata virtualmente a tutto, ma ha un limite: la sua alimentazione elettrica. Per durare a lungo, o per trasmettere a grande distanza, i tag RFID devono essere collegati ad una fonte di energia. Adesso, però, uno studio del Massachusetts Institute of Technology (MIT) sembra aver trovato la soluzione: i tag RFID alimentati dalla luce, grazie a minuscole celle fotovoltaiche alla perovskite.
Tag RFID: la questione energia
Partiamo dal problema, per capire la soluzione. I tag RFID di solito vengono divisi in due grandi categorie: i tag RFID passivi e i tag RFID attivi. I primi non sono dotati di alimentazione, ma ricevono una microcarica emessa dal lettore quando si avvicina. E tanto basta per trasmettere le informazioni che contengono. I tag RFID attivi, invece, hanno una batteria che permette loro di trasmettere le informazioni ad una distanza maggiore, senza che si debba avvicinare un lettore. È chiaro che le potenzialità dei tag RFID attivi è ben maggiore, in ottica di IoT, rispetto a quelle dei tag passivi. Ma il problema dell'alimentazione rimane: la batteria, prima o poi, si scarica.
La soluzione: Tag RFID attivi fotovoltaici
I ricercatori del MIT sembrano aver trovato la quadratura del cerchio: abbinare i tag RFID ad una piccolissima cella fotovoltaica, sufficiente a fornire loro l'energia di cui hanno bisogno per comportarsi da tag attivi. Questa cella fotovoltaica è realizzata in perovskite, un materiale formato da titanato di calcio che permette di costruire celle fotovoltaiche flessibili, trasparenti e abbastanza efficienti per alimentare un tag RFID. Secondo i ricercatori del MIT, nelle giuste condizioni ambientali, un tag alimentato da queste celle può operare anche per anni prima di aver bisogno di un intervento di manutenzione. Inoltre, la perovskite è un materiale low cost, come low cost è la tecnologia RFID. Questa particolare combinazione di elementi tecnologici, quindi, avrebbe la possibilità di essere usata con facilità ed in tempi brevi praticamente ovunque nel mondo.
RFID indoor, outdoor e low cost
E per ovunque intendiamo proprio ovunque, perché per funzionare questi tag RFID fotovoltaici non hanno per forza bisogno della luce solare: si accontentano persino di una normale luce da interni. "La perovskite che usiamo ha un incredibile potenziale di assorbimento della luce da indoor - spiega Ian Methews, uno degli autori della ricerca - Il prossimo step sarà quello di integrare queste tecnologie usando i normali metodi di stampa dei circuiti elettronici, per dare il via alla produzione di sensori wireless a bassissimo costo".
Gli RFID conquisteranno il mondo?
Secondo i ricercatori del MIT, entro il 2025, nel mondo i dispositivi IoT raggiungeranno un numero vicino ai 75 miliardi. Un numero che basta da solo a farci capire quanto sia importante abbassare i costi di produzione di questi device. Ma ci dice anche quanta energia sarà necessaria ad alimentare sensori e dispositivi smart di vario tipo. La soluzione escogitata dal MIT, per questo, sembra essere l'uovo di Colombo: bassi costi di produzione per creare tag RFID che si alimentano da soli. La panacea a molti dei mali della IoT anche se, è bene precisarlo, la tecnologia RFID non può fare miracoli. È sufficiente a trasmettere dati statici, a comunicare la presenza di un determinato oggetto, ma non può (almeno al momento) essere utilizzata per scopi più complessi.