La necessità aguzza l’ingegno, recita un vecchio detto popolare. E se si deve trovare un lato positivo della crisi economica e finanziaria che ci ha investito ormai sei anni fa, sta proprio in questo: aver stimolato la nostra creatività e capacità di adattamento. Se negli anni precedenti si era portati a disfarsi di oggetti un po’ malconci con troppa facilità, negli ultimi tempi abbiamo appreso che tutto (o quasi) può essere riparato e riutilizzato. Anche i dispositivi elettronici come computer, smarphone e cellulari. Tanto che si stanno velocemente affermando gruppi di lavoro e associazioni che insegnano agli iscritti come riparare il computer o il cellulare.
Una conferma di come il fenomeno della riparazione abbia preso piede a livello globale è data, ad esempio, dal Restart Project, iniziativa britannica dal cuore italiano. Il progetto, infatti, nasce da Ugo Vallauri e Janet Gunter che, traendo ispirazione dai “Repair Café” di Amsterdam e dai “Fixers Collective” di Brooklyn, da più di un anno organizzano periodicamente workshop a Londra. Il loro obiettivo è quello di “preparare il terreno” per una rivoluzione prima di tutto culturale. Anziché scegliere la strada semplice e immediata del comprare un nuovo cellulare non appena il vecchio inizia a dare segni di cedimento, i workshop organizzati dal Restart Project sono finalizzati all’apprendimento delle tecniche di riparazione degli oggetti di elettronica di consumo più diffusi.
I Restart Party (Festa della Riparazione, più o meno) vengono organizzati dall’inizio del 2012 e coinvolgono esperti informatici ed elettronici. Uno degli scopi principali che i tecnici tentano di perseguire è quello di far riacquistare agli studenti la manualità necessaria per effettuare le riparazioni. Dall’inizio del 2013, i fondatori del Restart Project tengono anche delle conferenze con studenti di design, organizzazioni ecologiste e governative e piccole industrie per promuovere i loro ideali e convincere anche loro a puntare su un sistema commerciale di riparazione tutto improntato sulla qualità.
Il prossimo passo è quello di acquisire una tale forza contrattuale da poter persuadere i grandi produttori di elettronica di consumo a mutare le loro politiche di fabbricazione. I gadget elettronici del futuro, secondo Vallauri e Gunter, dovrebbero avere un miglior design hardware e software, così che possano avere una durata temporale maggiore rispetto agli esemplari oggi in commercio.
9 maggio 2013