Sembrano essere passati decenni, addirittura secoli. E invece è tutto accaduto non più di tre anni fa. A cavallo tra il 2014 e il 2015 il mondo dell'alta tecnologia – e non solo – sembrava essere pronto per l'ennesima rivoluzione. Questa volta non c'erano di mezzo né nuovi smartphone né altri dispositivi mobili che avrebbero permesso un'interazione differente con il mondo circostante (come i Google Glass, ad esempio), ma un oggetto capace di trasformarci tutti in maker.
Nel giro di pochi mesi il web e le riviste di settore furono travolte dall'ondata delle stampanti 3D e delle varie tecnologie di stampa tridimensionale. Le campagne su Kickstarter furono decine, così come le startup nate nel tentativo di approfittare del nuovo trend tecnologico. Come detto, il mondo hi-tech sembrava pronto per la rivoluzione, ma evidentemente non lo erano gli "utenti della porta accanto".
A meno di tre anni da quella prima ondata, infatti, si sono perse le tracce radar di molti di quei progetti e di quelle startup. E anche i più promettenti hanno dovuto ridimensionare di molto le proprie aspettative. Così, mentre le stampanti 3D sono utilizzate sia a livello industriale sia a livello di ricerca scientifica (si pensi agli organi stampati in laboratorio), i dispositivi destinati al grande pubblico non hanno goduto della stessa fortuna. Diversi i motivi che hanno minato il successo della stampa 3D e che ne hanno resa impossibile la diffusione a livello commerciale. Scopriamo i più rilevanti.
Non per tutti
Il problema primario è che le stampanti 3D non sono per tutti. E non solo per le loro dimensioni o il loro prezzo (nonostante tutto, ancora piuttosto elevato). La loro configurazione, infatti, richiede una conoscenza della materia e una capacità informatica non esattamente "comuni". Può capitare, infatti, che anche i più avvezzi alle cose informatiche e più capaci nel destreggiarsi tra impostazioni e preferenze abbiano qualche difficoltà a configurare correttamente il loro dispositivo da maker nuovo di zecca, tanto dall'esser tentati di abbandonare sul nascere la stampa 3D.
Insomma, che piaccia oppure no, bisogna accettare il fatto che la stampa tridimensionale non è una "materia" facilmente digeribile e non tutti possono avvicinarsi a cuor leggero a questo mondo.
Problema compatibilità
Alle difficoltà legate alla prima configurazione della stampante 3D si aggiungono anche quelle derivanti dalla mancanza di uno standard di settore definito e accettato da tutti. Il "caos creativo" che ha accompagnato la fase di sviluppo iniziale dell'universo della stampa 3D, infatti, non ha favorito la nascita di uno standard che fosse condiviso dai vari produttori. In questo modo può accadere che un progetto realizzato in un determinato formato file può essere letto da due o più stampanti 3D ma non da quella che si possiede. Se si dovesse verificare questa situazione, l'utente sarà costretto a scaricare un programma che converta il progetto iniziale in un altro formato e sperare che tutto fili per il verso giusto.
Va da sé che non tutti gli utenti siano in grado di compiere operazioni del genere o abbiano un livello di conoscenza tale da capire quale sia la natura del problema e avere a disposizione i mezzi per risolverlo. Insomma, si finisce con il tornare al punto di partenza: la stampa tridimensionale, purtroppo, non è per tutti.
Quale materiale?
Uno dei punti di forza della stampa 3D sta nella ricchezza e nella varietà dei materiali che possono essere utilizzati nel corso del processo creativo. Si va dai materiali plastici alle leghe di metallo, passando per ceramiche, legno e addirittura materie prime culinarie. Una situazione, però, che può anche finire con il trarre in inganno gli utenti. Può capitare, ad esempio, di iniziare la stampa di un proprio progetto per accorgersi, a metà dell'opera, di aver utilizzato il materiale sbagliato. In casi come questi c'è poco da fare: sarà necessario interrompere la stampante e riprendere da capo l'operazione buttando letteralmente all'aria ore e ore di lavoro.