Da un lato abbiamo il movimento del transumanesimo, con i suoi biohacker e i suoi cyborg pronti a impiantarsi appendici elettroniche per migliorare la loro vita. Dall'altro, invece, troviamo i plantoidi, robot modulari che prendono ispirazione dalle forme e dai comportamenti delle piante per interagire con l'ambiente e favorire, così, la loro "crescita" ed "evoluzione". I primi prendono a esempio robot e androidi (magari visti nei film) e provano a modificare e migliorare il loro corpo con "inserti" robotici; i secondi, invece, traggono ispirazione dalle piante per ridurre il loro impatto ambientale ed energetico e ottimizzare il loro processo di crescita.
Pur con le loro differenze, queste due tendenze hi-tech rientrano entrambe nel solco della cosiddetta biorobotica o robotica bioispirata. Si tratta di una particolare branca scientifica che si propone di applicare i principi dell'evoluzione biologica alla progettazione e realizzazione di robot e androidi che sappiano adattarsi all'ambiente sfruttando soluzioni meccaniche ed energetiche per generare funzionalità anche molto complesse. Insomma, lo scopo è quello di creare robot che siano sempre più simili agli esseri viventi, siano essi uomini o piante.
Che cosa sono i plantoidi
I plantoidi nascono proprio in questa ottica: riuscire a creare dei robot bioispirati che sappiano fare tesoro del comportamento delle piante per crescere e proliferare. Teorizzati per la prima volta in un paper scientifico edito nel 2010, i plantoidi sono ancora oggi una costruzione teorica più che pratica. Un plantoide, dal punto di vista teorico, si compone di diversi moduli autonomi e specializzati: dalla combinazione delle loro azioni, il robot-pianta riesce a trarre "sostentamento" e crescere all'interno di un ambiente a lui ignoto. La collaborazione tra i vari moduli è spesso paragonata a quella delle api, tanto che si parla di swarm intelligence, ossia intelligenza di sciame.
Plantoidi come forma d'arte
A partire dal 2016, su iniziativa della ricercatrice italiana Primavera De Filippi, i plantoidi sono divenuti anche una forma d'arte. La De Filippi, che si occupa di tematiche legate al diritto d'autore online e alle implicazioni della blockchain nella vita reale, è autrice di un progetto che coinvolge non solo robot bioispirati, ma anche blockchain e pagamenti in criptovalute. Di fatto, il plantoide della ricercatrice italiana si configura anche come una nuova modalità di raccolta fondi dal basso – quindi crowdfunding – per finanziare il lavoro di artisti digitali di ogni genere.
Plantoidi e Bitcoin
Particolarmente interessante, poi, il rapporto che la De Filippi è riuscita a creare tra plantoidi e robotica bioispirata con la blockchain e i Bitcoin. Il suo progetto artistico-digitale, infatti, prevede che la crescita e l'evoluzione delle sculture a forma di plantoide siano accelerate dalle donazioni in criptovalute degli utenti. Il funzionamento di questa peculiare forma d'arte è tanto semplice quanto articolato: ogni plantoide è dotato di un proprio wallet Bitcoin che riceve donazioni da parte di appassionati d'arte; una volta che il wallet sarà pieno, il plantoide esaurirà la sua funzione e farà nascere una nuova pianta bioispirata. Un ciclo vitale completo, dunque, nel quale un artista scelto dalla community di plantoidi dà vita a un robot a forma di pianta, la stessa community la "alimenterà" a suon di Bitcoin e Ethereum, sino a quando il wallet non sarà pieno e darà il là a un nuovo plantoide. "Spero – afferma la De Filippi in un'intervista a Forbes – che questa esperienza sia di ispirazione per altri artisti e che dia il via ad altre sperimentazioni basate su questa forma di finanziamento dal basso".
7 maggio 2018