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Obsolescenza dei dati, informazioni digitali a rischio scomparsa

Il problema è noto da tempo agli addetti ai settori, ma ora Vint Cerf lo ha reso di pubblico dominio. Quali le possibili soluzioni?

Floppy disk

L'allarme è stato lanciato da Vint Cerf, una vera e propria autorità del settore. Il monito del papà di Internet suona più o meno così: “Non affidate i vostri ricordi più cari al web o, ben presto, potreste pentirvene”. Secondo lo scienziato statunitense, tra i primi a contribuire alla creazione dei protocolli su cui oggi si basa lo scambio di informazioni online, i bit (qui intesi come dati e informazioni digitali e non come “semplice” unità di misura) avrebbero un'aspettativa di vita molto più breve di quello che si potrebbe pensare. Ad esempio, una foto online (sia postata su un social network, sia salvata all'interno di un account di cloud storage) rischia di durare meno di uno scatto stampato su carta fotografica.

Un po' un colmo, dal momento che spesso e volentieri si hanno difficoltà a far sparire dal web informazioni delicate e che potrebbero mettere a repentaglio la propria reputazione. Un fatto paradossale, a pensarci bene: mentre libri e codici manoscritti risalenti al medioevo fanno bella mostra di loro nei musei di mezzo mondo, le immagini postate online o i documenti archiviati su di un CD o su qualunque altro dispositivo di memoria rischiano di non essere più disponibili in un decennio o poco più.

 

Collezione di floppy disk

 

Tanti nomi per un solo fenomeno

Bit rot, data degradation, data decay, data rot, software rot. O, per dirlo nella lingua di Dante e Petrarca, obsolescenza dei dati. Questo il nome di un fenomeno che, all'espandersi della sfera digitale, sta diventando sempre più pressante: per una lunga serie di fattori, dati archiviati solo dieci anni fa potrebbero non essere più accessibili nel giro di un lustro o due. Basta pensare, ad esempio, ai floppy disk, formato “standard” di supporto di memoria esterna sino all'inizio degli anni '90, è praticamente illeggibile ai giorni nostri. Discorso valido anche per alcuni software utilizzati sino a non molti anni fa: i cambiamenti registrati nei supporti di memoria e nei sistemi operativi li hanno resi di fatto inutilizzabili.

A questo si deve aggiungere il deterioramento fisico dei supporti dettato, da un lato, dal loro continuo utilizzo e, dall'altro, dalla loro stessa natura. Se un floppy disk da 5 pollici aveva un'aspettativa di vita che non superava i due anni, i CD e i DVD masterizzati non dovrebbero andare oltre i cinque anni (mentre i CD musicali e i DVD multimediali dovrebbero vivere sino a 20 anni). Discorso analogo per il cloud: nonostante i salvataggi ridondanti e la sicurezza di poter accedere ai file da qualunque dispositivo connesso alla Rete, i nostri dati potranno sopravvivere all'eventuale scomparsa delle aziende che li gestiscono?

 

CD

 

Generazione dimenticata

Nel suo discorso tenuto nel corso dell'incontro annuale dell'American Association for the Advancement of Science, Vint Cerf ha parlato non a caso di Generazione dimenticata. L'obsolescenza dei dati, infatti, potrebbe trasformare l'era digitale in una sorta di buco nero informativo: se i dati deperiscono così in fretta – sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista “concettuale” - gli archeologi del futuro potrebbero avere non poche difficoltà a reperire informazioni su quanto accaduto nel terzo millennio. Gli scambi di messaggi di posta elettronica e di SMS, ad esempio, non saranno tracciabili né consultabili come gli epistolari degli scrittori del XVI o del XVIII secolo. Allo stesso modo, nel giro di un paio di decenni forse non saremo più in grado di leggere i libri digitali di oggi, giocare con vecchi videogiochi e gestire i file multimediali (come foto e video di famiglia) a meno che non si trovi un modo di rendere universali e immortali i dati digitali. Un problema noto a tutti gli esperti del settore – scienziati, ingegneri, informatici – che da tempo sono al lavoro per cercare una soluzione che da un lato permetta di conservare i dati e li renda accessibili nei decenni e secoli futuri e, dall'altro lato, non sia eccessivamente costoso.

 

Windows 3.1

 

Le soluzioni?

La genesi del problema, secondo il prof. Michael Clanchy (ordinario di Storia medievale e archivistica presso la University of London), andrebbe ricercata nella scomparsa della distinzione tra il messaggio da convogliare (effimero per sua stessa natura) e il mezzo di comunicazione da utilizzare (fisico e permanente). Oggi, sia il messaggio sia il mezzo di comunicazione sono divenuti digitali, eliminando la distinzione tra ciò che era effimero e ciò che era fisico. Certo, se ne è guadagnato in comodità e in facilità nella trasmissione dell'informazione, ma la conservazione di questi dati (a loro modo effimeri) sta dando non pochi problemi.

Mentre le biblioteche e le emeroteche (ma anche le pinacoteche e i musei in genere) stanno lì a ricordarci che la conservazione delle informazioni analogiche non solo è possibile, ma si ha anche la possibilità di avere accesso e consultare documenti vecchi di secoli o millenni. Allo stato dell'arte, la stessa cosa non può dirsi dell'informazione digitale: le cataste di vecchi CD illeggibili (a causa di ossidazione, sbalzi di temperatura, influenze magnetiche, cariche elettrostatiche e tanti altri fattori) o inutilizzabili (a causa dell'avanzamento tecnologico e del rilascio di nuovi sistemi operativi) ci ricorda che l'obsolescenza dei dati è un tema di strettissima attualità.

 

Un certosino del Medioevo

 

La gran parte dei documenti nativi digitali è recuperabile e riproducibile, a patto di avere le giuste risorse (materiali ed economiche) a disposizione. Affinché i documenti digitali che si producono oggi siano leggibili, diciamo, tra uno o due secoli, è necessario mettere in atto politiche attive di conservazione, che coinvolgano sia l'autore del documento, sia l'archivista che ne dovrà avere cura. Per far sì che l'obsolescenza dei dati divenga un problema di secondo ordine, è necessario creare un contesto all'interno del quale la conservazione dei dati digitali sia più semplice, efficacie e sicura: fondamentale, dunque, l'utilizzo di formati dati aperti e standardizzati, l'organizzazione delle informazioni e dei materiali in maniera avveduta e studiare nuove forme per la protezione dei diritti d'autore e della proprietà intellettuale. 

A cura di Cultur-e
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