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Machine to machine, che cos'è e come funziona

Inizialmente limitata al settore dell'automazione industriale, questa tecnologia sta conoscendo una rapida crescita anche grazie all'Internet delle cose

M2M

Con il termine Machine to machine (spesso abbreviato con l'acronimo M2M) ci si riferisce a quell'ecosistema di soluzioni (definizione data da un dirigente Oracle nel corso di una conferenza sull'argomento) che fanno uso di soluzioni embedded per facilitare lo scambio e l'analisi di dati in tempo reale tra dispositivi connessi in diverso modo (wireless o via cavo) all'Internet of Things. Si tratta, dunque, di un'etichetta che può essere applicata a un ventaglio piuttosto ampio di dispositivi, sia hardware sia software: si può utilizzare, infatti, per descrivere ogni tecnologia che permette a dispositivi di rete di scambiare informazioni in modo automatico e compiere azioni senza che sia necessario l'intervento dell'uomo.

 

Machine to machine

 

Data questa definizione, si capisce che praticamente qualunque dispositivo può essere, in potenza, connesso alla rete M2M ed entrare a far parte di un network più grande. Secondo Machina research, società specializzata in ricerche di mercato per dispositivi mobili, nel prossimo quinquennio il numero di dispositivi capaci di interagire secondo i principi del Machine to Machine saranno oltre 50 miliardi. Questa popolazione di dispositivi connessi potrà includere qualunque device: dai sensori energetici che informano in maniera automatica il sistema di controllo centrale sull'utilizzo istantaneo di risorse come energia elettrica o carburante a sistemi di monitoraggio per malati di cuore che potrebbero informare il medico, automaticamente e a distanza, che è arrivato il momento di un check up del paziente.

La struttura base del M2M

Affinché un sistema Machine to Machine possa funzionare, sono necessari alcuni elementi di base che vanno a costituirne l'infrastruttura portante. Oltre ai dispositivi con capacità di connessione – come ad esempio i sensori prima citati – saranno necessari moduli RFID (che consentono la comunicazione e lo scambio di informazioni a corto raggio), una rete wireless ad ampio raggio per le comunicazioni a distanza basata, ad esempio, su una macrorete Wi-Fi o sulla rete cellulare (in questo caso, i dispositivi dovranno essere dotati di slot per SIM grazie alle quali agganciarsi alla rete) e software per l'autonomic computing che consentano ai dispositivi M2M di comunicare e gestirsi senza che sia necessario l'intervento di un programmatore o un esperto di informatica.

 

Machine to machine

 

L'esempio più noto di applicazioni Machine to Machine è quello della telemetria: utilizzata sin dai primi anni del 1900 in ambito industriale per la trasmissione dei dati operativi di macchinari di vario genere. Agli albori di questa tecnologia, il doppino telefonico era il mezzo di trasmissione prediletto dai pionieri della telemetria. Successivamente si è preferito adottare mezzi di comunicazione senza fili – le onde radio – oggi soppiantate dallo sviluppo e diffusione della Rete Internet, sia via cavo sia wireless. Ciò ha permesso alla telemetria di uscire dall'ambito industriale per essere utilizzata anche con device di utilizzo quotidiano come i termostati.

Presente e futuro del M2M

La configurazione più utilizzata, sinora, in un sistema M2M consiste di un hub centrale il cui ruolo è di collezionare e processare i dati ricevuti sia via cavo sia in modalità wireless. In una situazione tipo, i sensori sparsi nell'ecosistema circostante raccolgono dati (come atemperatura, livello di umidità nell'aria, scarso assortimento di un prodotto sugli scaffali e altre informazioni di questo genere), li inviano all'elaboratore centrale che, in maniera autonoma, creerà alert per un operatore umano al quale toccherà prendere la decisione più adatta per l'evento segnalato dalla rete M2M.

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Machine to machine

 

Gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni – sia sul lato hardware sia sul lato software – hanno permesso lo sviluppo di sensori e dispositivi capaci di ragionare autonomamente una volta che i dati ambientali sono stati raccolti. In questa ottica, l'hub centrale non sarà più necessario così come l'operatore umano: sarà direttamente il dispositivo connesso all'Internet delle cose a valutare quale sia la soluzione migliore ed agire in completa autonomia (attivare l'aria condizionata in caso di temperatura troppo elevata, ordinare nuovi prodotti nel caso in cui non ce ne siano più in magazzino e così via). Ciò porterà un numero sempre maggiore di dispositivi a connettersi alla Rete, facendo crescere parallelamente il numero di indirizzi IP necessari per mantenere in piedi l'intera infrastruttura di Rete. La crescita esponenziale della tecnologia M2M, dunque, renderà necessaria una rapida diffusione e adozione del protocollo IPv6: solo in questo modo si potrà far fronte alla penuria di indirizzi IPv4 manifestatasi negli ultimi anni.

A cura di Cultur-e
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