La campagna acquisti degli ultimi mesi ha portato all’acquisizione di Kobo e Viber, espandendo ulteriormente un raggio d’azione economico e finanziario già molto ampio. Dal commercio elettronico alle aste online, dai servizi bancari alla prenotazione di viaggi, ora Rakuten vuole riuscire a imporre il proprio marchio anche nel settore della telefonia VoIP e della vendita di contenuti digitali. Il gigante giapponese dell’e-commerce, attivo nella terra madre dal 1997, conta oggi decine di ramificazioni in tutti continenti, con sussidiarie nel Regno Unito (Play.com), Francia (PriceMinister), Germania (Tradoria, ora Rakuten Germany), Brasile (Ikeda, ora Rakuten Brasile), Spagna (Wuaki.tv) e Stati Uniti (Buy.com). E dire che gli inizi non erano stati dei migliori.
Partenza a rallentatore
Rakuten nasce nel febbraio 1997 con il nome di MDM su iniziativa di Hiroshi Mikitani (che tuttoggi ricopre il ruolo di Chief Executive dell’azienda). Rakuten Shopping Mall - negozio generalista di e-commerce - iniziò ad operare nel maggio dello stesso anno, mentre la società acquisì il nome attuale - Rakuten Inc. - nel 1999.
I primi mesi non furono dei migliori. Con appena 6 dipendenti e 13 commercianti, Rakuten visse momenti molto difficili. Ben presto, però, il “ricettivo” popolo giapponese iniziò ad acquistare merce da ogni tipo dal portale creato da Mikitani, decretandone dapprima il successo nazionale e, successivamente, quello internazionale.
Nel 1998, poco prima del cambio di denominazione, arrivò anche il primo tentativo di espansione in un mercato affine a quello del commercio elettronico: quello delle aste online. Seguendo le orme di Pierre Omidyar e della sua eBay, Hiroshi Mikitani lanciò Rakuten Super Auction.
L’inizio del nuovo millennio
Gli anni a cavallo tra il XX e XXI secolo servirono a Rakuten per rafforzare e consolidare la propria posizione di dominio nel mercato giapponese e in quello del sud-est asiatico. Nel 2000 arriva il collocamento di parte del capitale azionario sulla borsa di New York (listino Nasdaq), mentre nel 2001 sono lanciati i servizi di prenotazione viaggi (Rakuten Travel) e di vendita libri online (Rakuten Bookshop).
Ben presto la società nipponica riesce a superare il miliardo di yen di fatturato e può iniziare a programmare la propria espansione negli altri continenti.
Alla conquista del mondo
Dal 2005, grazie ad una serie di acquisizioni e fusioni, Rakuten inizia ad espandere il proprio raggio d’azione anche al di fuori del mercato giapponese. La prima “vittima” fu Linkshare (immediatamente rinominata Rakuten Linkshare), start-up con base a New York attiva nel settore del marketing e della promozione delle vendite online. Nel 2007 arriva il cambio di sede, mentre l’anno successivo viene lanciato il primo servizio di e-commerce al di fuori del territorio nipponico: con il lancio di Taiwan Rakuten Ichiba, il gigante creaao da Hiroshi Mikitani gioca la carta estera.
Gli anni della campagna acquisti
Il 2010, però, passa alla storia come il più proficuo sotto il punto di vista delle acquisizioni. Dopo l’adozione dell’inglese come lingua ufficiale del portale, Rakuten mette a segno una serie di acquisti che ne ampliano a dismisura il raggio d’azione, sia economico, sia geografico. La prima pedina a cadere sotto il peso delle offerte milionarie di Mikitani è la france PriceMinister (acquistata per 200 milioni di dollari circa), seguita da Buy.com (250 milioni di dollari circa) e la definizione della joint-venture con il motore di ricerca cinese Baidu.
L’appetito della società di e-commerce giapponese, però, era stato tutt’altro che placato e nel 2011 vengono portati a termine gli acquisti di Ikeda (Brasile), Tradoria (Germania) e Play.com (Regno Unito).
Nel 2012, invece, Rakuten si dedica ad uno shopping più “strategico”, concentrando le proprie risorse finanziarie su pochi obiettivi ben mirati. Con un investimento di circa 100 milioni di dollari entra nel capitale di Pinterest, mentre nel gennaio 2012 vengono definite le trattative (anche se concluse più in là con il tempo) con la canadese Kobo. Il 13 febbraio 2014 - questione, quindi, della scorsa settimana - l’annuncio della definizione dell’acquisto di Viber per la cifra di 900 milioni di dollari.
20 marzo 2014