Negli ultimi anni, lo sviluppo del web ha concesso ai marketeer di tutto il mondo un'opportunità tanto inattesa, quanto immensa. A differenza degli altri media, Internet ha dato loro la capacità di raggiungere una popolazione ampissima in tutto il mondo, in tempi ristretti, con prezzi contenuti rispetto agli altri media. Non è un caso, quindi, che gli investimenti in questo settore siano cresciuti a ritmi sostenuti anche in un periodo di crisi economica e finanziaria come questo. Nel 2014 la pubblicità online, secondo alcune statistiche, sfiorerà i 120 miliardi di dollari con un incremento stimato del 13% rispetto all'anno precedente.
Cifre che potrebbero crescere ulteriormente se le previsioni fatte da alcuni esperti nel corso del South to Southwest Festival dovessero rivelarsi esatte. Ben presto, infatti, la pubblicità online potrebbe essere personalizzata e “consegnata a domicilio” grazie alla sempre maggiore espansione dell'Internet delle cose.
Cos'è l'Internet delle cose
Termine coniato nel 1999 da Kevin Ashton, lo Internet of things si riferisce all'estensione della Rete delle Reti al mondo reale (quello degli oggetti e dei luoghi concreti, tanto per intendersi). Sfruttando le infrastrutture di telecomunicazione utilizzate da Internet, tutti gli oggetti possono acquisire un ruolo attivo, interagendo l'uno con l'altro. Gli oggetti si rendono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri.
La sveglia, controllando in tempo reale la situazione del traffico lungo la strada percorsa solitamente per recarsi al lavoro, può decidere di suonare in anticipo rispetto a quanto stabilito per evitare che si arrivi in ritardo. Il frigo può “controllare” cosa sia rimasto in dispensa e inviare sullo smartphone la lista della spesa, onde evitare che si resti senza latte, succo d'arancia o formaggio. “L'internet delle cose – affermava Ashton nel 1999 – ha la possibilità di cambiare il mondo esattamente come lo ha cambiato Internet. Forse anche di più”. Ma cosa ha a che fare tutto questo con la pubblicità?
Integrazione profonda
I dispositivi elettronici di utilizzo quotidiano – telefonini, occhiali, orologi, lavatrice, frigo, lavastoviglie e non solo – diventano sempre più intelligenti, garantendo agli utenti un'integrazione di funzioni e un'interazione mai esperita in precedenza. Ciò offre ai brand – e indirettamente a chi si occupa di pubblicità – l'opportunità di rendere i prodotti parte indispensabile della vita dei clienti. Le case assicuratrici, ad esempio, potrebbero utilizzare smartphone e altri dispositivi portatili o indossabili (wearable device) per tenere traccia delle abitudini – alimentari e di guida – dei loro clienti per prevenire comportamenti possibilmente pericolosi. Applicando i principi della gamification (utilizzo delle meccaniche e delle dinamiche dei videogiochi in contesti differenti da quelli usuali) a questo settore, si potrebbe indurre l'utente ad avere comportamenti più salutari e sicuri.
Ricarica automatica
L'Internet delle cose, però, potrebbe rivoluzionare il modo in cui si fa spesa e, di conseguenza, il modo in cui la pubblicità raggiunge gli utenti. Basta riprendere l'esempio precedente del frigo collegato in Rete. Se il latte sta per terminare, si verrà avvisati con una notifica push sullo smartphone, così da potersi ricordare di compralo mentre si torna a casa da lavoro. A questo punto potrebbe inserirsi il marketee, offrendo, ad esempio, un coupon/sconto se si acquista un particolare tipo di latte piuttosto che un altro. O, ancora, una lavastoviglie potrebbe comprare da sé il detergente prima che termini approfittando di una delle tante offerte in arrivo dalla Rete.
Starbucks, negli Stati Uniti, sta già facendo qualcosa del genere con Clover, macchina da caffè “intelligente” in grado di realizzare profili dei clienti (con preferenze e abitudini d'acquisto) e salvarli nel cloud, andandoli poi a ripescare ogni volta che questi entreranno in un punto vendita Starbucks.
In ogni caso, le abitudini d'acquisto dei clienti saranno sempre più influenzate dalla convenienza e dalle offerte rispetto alla fedeltà al marchio (brand loyalty). Muovendosi nel modo giusto, il marketeer potrebbe quindi arrivare al cliente pochi istanti prima che questo acquisti qualcosa, risparmiando miliardi e miliardi di dollari in pubblicità televisiva o su altri media tradizionali.