Un paio di giorni fa Google è crashato e per qualche minuto è risultato irraggiungibile in tutto il mondo. Sarà forse la prima volta (o una delle poche) dal giorno della sua creazione che il motore di ricerca di Larry Page e Sergey Brin resta offline per così tanto tempo. Questo evento, però, ci ha aiutato a capire due cose: tutti sono fallibili e possono commettere qualche errore, anche Google; l'importanza del motore di ricerca per eccellenza nel generare traffico nella Rete.
Due minuti d'inferno
Lo stop a Google (e altri servizi di Big G, come Gmail, YouTube e Google Drive, ad esempio) non è durato più di due, tre minuti. Ma in questo lasso di tempo più di qualche persona ha rischiato seriamente una crisi di nervi. Lo si capisce, ad esempio, analizzando il grafico rilasciato da Topsy, tool statistico per Twitter. Nei minuti in cui Google Search e altri servizi della società di Mountain View risultavano irraggiungibili, i tweet contenenti la parola Google hanno fatto registrare un'impennata improvvisa, passando da una media di circa 200 post al minuto a oltre 1.200 post al minuto (2 al secondo) quando il problema ha iniziato a manifestarsi.
Pur avendo riconosciuto il problema (era davvero difficile provare a nasconderlo o fare finta di nulla), Google non ha ancora spiegato a cosa sia dovuto il black out.
Internet goes banana
Stando ad Alexa Ranking (leader mondiale nelle rilevazioni statistiche sul web), Google è responsabile del 40% circa del traffico mondiale. Anche qualche punto percentuale in più. Se qualcuno, fino ad oggi, avesse nutrito dubbi su questa rilevazione, deve suo malgrado ricredersi. GoSquare, altra società di rilevazioni statistiche online, nel corso del blackout che ha colpito i servizi Google, ha registrato un notevole calo nel traffico di Rete. Un calo approssimativamente del 40%, segno che i numeri forniti da Alexa Ranking sono tutt'altro che errati.
Notevole anche il rimbalzo registrato non appena tutti i servizi sono tornati funzionanti: un balzo in avanti del 100% circa, con il volume di pagine visualizzate tornato molto presto ai livelli pre-crash.
Leggendo questi dati, qualche commentatore statunitense si è divertito a dire che, in quei minuti, Internet goes banana, un'espressione colloquiale traducibile con Internet è andato a farsi benedire. Per non voler essere più volgari.
19 agosto 2013