Nel nostro quotidiano ormai l'intelligenza artificiale (IA) è un aiuto e un supporto indispensabile.
Ci basti pensare agli assistenti virtuali integrati nel nostro smartphone o negli smart speaker che seguono pedissequamente le nostre indicazioni o rispondono alle nostre richieste. Soffermiamoci anche a pensare alle dinamiche delle ricerche on-line o dei siti di shopping, sempre più personalizzati nei suggerimenti che ci offrono e tarati in base ai nostri dati oppure in base a precedenti acquisti e/o ricerche.
L'uso della IA ha avuto anche molte applicazioni di più ampio respiro, a partire dai meccanismi di sicurezza sulle nostre auto, alla medicina, all'agricoltura, alla cyber sicurezza.
La IA potrebbe mai sostituirsi all'uomo in attività più creative, più emozionali ed emozionanti come l'arte?
Potrebbe l’intelligenza artificiale, come dice Henry Ward Beecher “intingere il pennello nella propria anima, e dipingere la sua stessa natura nei suoi quadri”?
Qualcuno risponderebbe subito di no, ma in realtà già ci sono stati esempi di creazioni artistiche da parte dell’IA negli scorsi anni.
Nel 2016 un algoritmo ha “studiato” oltre 300 opere dell’artista olandese Rembrandt, sino a concepire un’opera che riproducesse specificatamente il suo stile. E’ nato così “The Next Rembrandt”, concepito da un’idea di Bas Korsten in collaborazione con istituzioni e aziende informatiche.
Come non ricondurre al pittore di Leida quest’opera che rappresenta un uomo del XVII secolo, su uno sfondo monocromo, ritratto di tre quarti? L’abbigliamento è tipico del secolo: casacca e cappello nero, collare bianco. La scelta dei colori, la cura del dettaglio, lo sguardo diretto, riportano tutti ai ritratti dell’artista conosciuto in tutto il mondo.
The Next Rembrandt - "Ritratto di uomo"
Nel 2018 il quadro intitolato “Il ritratto di Edmond de Belamy”, realizzato da un’intelligenza artificiale, è stato venduto nella famosa casa d’aste Christie’s. Per la prima volte un’opera creata da un’intelligenza artificiale è stata messa in vendita in una casa d’aste fra le più prestigiose al mondo.
Il ritratto rappresenta un uomo, con abiti scuri e colletto bianco, dai contorni sfumati. Anche il viso presenta linee abbozzate, non definite. Lo sfondo è bicolore, i toni sono cupi e malinconici.
Spicca in basso a destra la “firma dell’autore”, ovvero l’algoritmo che lo ha generato.
Algoritmo ideato dal collettivo francese Obvious - "Edmond De Belamy"
Un altro esempio è l’installazione del 2019 chiamata “Memories of Passerby I”. L’installazione è stata creata con un mobile di fattura antica e con due schermi di forma rettangolari. All’interno del mobile era presente un pc che, utilizzando un database di opere d’arte, ha creato in autonomia dei volti.
Le immagini proiettate cambiano, si evolvono e si trasformano in pochi i stanti, generando così ritratti unici ed ogni spettatore che si avvicina all’istallazione fruisce di un’unica e originale esperienza artistica.
Dittico cangiante con IA di Mario Klingemann - "Memories of Passersby I"
Dal 2020 invece Denis Shirayev ha iniziato ad utilizzare l’AI per “rinnovare” alcuni fra i più famosi quadri della storia dell’arte (Da “La dama con l’ermellino” di Leonardo da Vinci a “La Nascita di Venere” di Sandro Botticelli, da “Ragazza con l’orecchino di perla” di Jan Vermeer ad “Autoritratto” di Frida Kahlo). La rielaborazione dei volti di queste famosissime opere è stata fatta dall’AI utilizzando come database le piattaforme WEB e i social ad oggi più utilizzati.
Se ci piaccia più l’originale o la rielaborazione dell’AI è una nostra scelta, ma certamente è affascinante il processo di riadattamento moderno delle stesse.
"Dama con l’Ermellino" di Leonardo da Vinci e rifacimento tramite IA. Credit: Denis Shiryaev.
"La Nascita di Venere" di Sandro Botticelli e rifacimento tramite IA. Credit: Denis Shiryaev.
Ragazza con l’Orecchino di Perla" di Johannes Vermeer e rifacimento ramite IA. Credit: Denis Shiryaev.
"Autoritratto" di Frida Kahlo e rifacimento tramite IA. Credit: Denis Shiryaev.
Guardando queste opere è lecito porsi alcune domande: chi è l’autore di questo quadro o di questa installazione, dato che dietro queste realizzazioni oltre all’IA ci sono sicuramente informatici, ingegneri, sistemisti, programmatori?
E’ possibile, con questa modalità creativa, instaurare un legame fra autore e opera d’arte?
Può una IA essere soddisfatta del proprio lavoro creativo o trarre gratificazione dallo stesso, come disse Vincent Van Gogh “assolutamente per mio piacere”?
E rispetto a chi fruisce di tali opere, quanto emozionante può essere un’opera d’arte creata da un algoritmo?
Può questo tipo di “creazione” comunicare allo spettatore i tormenti, i dubbi, i ripensamenti, le correzioni, che da sempre hanno guidato la gestazione creativa degli artisti?
Un dibattito molto interessante su questi temi è presente nel testo “Arte E Intelligenza Artificiale Be my GAN” scritto dalla studiosa di estetica Alice Barale e pubblicato ad ottobre 2020. Il libro raccoglie osservazioni e confronti da parte di molteplici studiosi sulla GAN (Generative Adversarial Networks) e sulle sue applicazioni.
Certo, le domande sono tante e non è possibile fornire delle risposte. Per fortuna, come afferma Luciano De Crescenzo, “il punto interrogativo è il simbolo del bene”. Per cui continuiamo a porci delle domande, degli interrogativi, dei dilemmi etici e filosofici: solo così la nostra ricerca di risposte sarà sempre alimentata dalla curiosità, dalla apertura mentale e dalla voglia di capire.