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Tessile, nuove fibre e tessuti per una moda hi-tech

Diversi istituti di ricerca in tutto il mondo stanno testando nuovi tessuti e nuove fibre per realizzare gli abiti del futuro

Il tessuto double face realizzato a Stanford

Se credete che lo smartphone e gli altri dispositivi elettronici indossabili rappresentino l'apice della trasformazione digitale dei nostri giorni, siete completamente fuori strada. I nostri telefonini, smartwatch e wearable vari non sono che la punta di un iceberg molto più esteso e che potrebbe vedere la luce solamente negli anni a venire. Stando alle ultime scoperte di alcuni centri di ricerca statunitensi, infatti, la vera innovazione passa dall'industria tessile, probabilmente una delle più antiche attività dell'umanità.

Trainata dal settore della moda, l'intera industria è oggetto di un processo innovativo continuo e duraturo, che consente non solo di ideare nuovi modelli, ma di scoprire nuovi materiali in grado di abbattere l'impatto ambientale della produzione di capi d'abbigliamento. Un aspetto fondamentale, se si considera che l'industria tessile è una delle maggiori responsabili dell'inquinamento ambientale (e anche sociale, secondo alcuni esperti). Riuscire a realizzare prodotti alla moda ma che strizzino l'occhiolino all'ambiente, insomma, è di importanza capitale.

Il tessuto double-face che sostituisce il condizionatore

Le innovazioni nel mondo dell'industria tessile possono avere un impatto, tutt'altro che insignificante, anche su atre aree e settori "tecnologici". Si prenda ad esempio il tessuto hi-tech sviluppato da alcuni ingegneri dell'Università di Stanford, negli Stati Uniti. La fibra tessile, in questo caso, è "avvolta" a mo' di sandwich da uno strato di fibra di rame e uno strato di fibra di carbonio. L'obiettivo non è quello di trasformare le persone che lo indosseranno in una sorta di parafulmine, ma di regolarne la temperatura corporea – senza impiegare alcuna forma di alimentazione elettrica – in modo da rendere inutili condizionatori e caloriferi.

 

I risultati della ricerca condotta a Stanford sul nuovo tessuto caldo-freddo

 

Il tessuto double-face sviluppato nei laboratori dell'istituto accademico statunitense, infatti, ha la capacità di isolare termicamente o dissipare calore a seconda del lato dal quale lo si indossa. Se la fibra in rame è a contatto con la pelle umana (e lo strato di carbonio è rivolto verso l'esterno), la persona che lo indossa disperderà calore più velocemente e riuscirà a stare al fresco anche nelle calde e afose giornate estive; se, al contrario, lo strato in carbonio sarà a contatto con la pelle, e la fibra in rame esposta verso l'esterno, il tessuto double fase agirà da isolante termico, consentendo di mantenere una temperatura corporea elevata anche se ci si trova in ambienti particolarmente freddi.

Un tessuto del genere potrebbe rappresentare una vera e propria svolta non solo per l'industria tessile, ma anche per altri settori industriali. Capi d'abbigliamento realizzati con il tessuto double-face, infatti, potrebbero permettere di creare abiti sia estivi sia invernali, rendendo inutile il cambio di stagione. A questo si aggiunge la possibilità, come detto, di abbattere l'utilizzo di sistemi di riscaldamento e raffreddamento alimentati a energia elettrica o idrocarburi, riducendo fortemente l'impatto sull'ambiente e sulla natura.

Le nuove fibre per gli abiti del futuro

Gran parte degli investimenti nel campo della ricerca dell'industria tessile sono però concentrate sullo sviluppo di nuove fibre, sia naturali sia sintetiche, che permettano la realizzazione di capi d'abbigliamento più eco-friendly.

 

 

Lo stilista italiano Salvatore Ferragamo, tanto per fare un esempio, sta per presentare una collezione di foulard realizzata sfruttando una fibra naturale ricavata dalla buccia d'arancia su brevetto dell'italiana Orange Fiber, mentre molte altre startup sono impegnate nella realizzazione di materiali simili al cuoio o alla pelle ma realizzati partendo da materiali vegetali. È il caso di Ananas Anam, che realizza un simil-cuoio partendo dalla fibra delle foglie di ananas (e che sarà utilizzata da alcuni brand del gruppo Louis Vuitton), mentre la startup MycoWorks vuole realizzare un sostituto della pelle partendo dal micelio dei funghi.

 

La seta "coltivata" in laboratorio

 

C'è chi, infine, vorrebbe sostituire la seta naturale ricavata dai bachi con una seta sintetica, sviluppata in laboratorio da materiali naturali. Si tratta della californiana Bolt Threads che, partendo da proteine analoghe a quelle utilizzate dai ragni per tessere la loro ragnatela, è in grado di generare una sorta di seta liquida che, se opportunamente trattata, può essere filata per realizzare capi di alta moda.

 

17 giugno 2018

A cura di Cultur-e
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