Immaginare una rete Internet che oltre a essere incredibilmente veloce, sia anche virtualmente non hackerabile. Queste sono le promesse della rete quantistica, basata su un particolare fenomeno della fisica quantistica: l’entanglement. Si parla di entanglement quando due particelle, pur lontane tra loro e indipendenti, appaiono “impigliate” come in un unico sistema quantistico.
Per poter realizzare una rete quantistica che sia funzionale, i ricercatori lavorano da diversi anni per osservare l’entanglement (o “correlazione quantistica”) non solo nelle scale piccolissime delle dimensioni atomiche, ma anche a livello macroscopico. Un risultato ottenuto per la prima volta dal team del ricercatore Shlomi Kotler, fisico della Hebrew University of Jerusalem, e dai colleghi del National Institute of Standards and Technology di Boulder, in Colorado.
Unendo le loro forze, sono riusciti a costruire due tamburi miniaturizzati, grandi appena quanto un capello umano, e ne hanno sincronizzato le vibrazioni fino a quando non hanno iniziato ad agire come un unico sistema.
Ottenere la correlazione quantistica di questi due oggetti pone le basi non solo per la progettazione di computer quantistici sempre più potenti, ma anche per la realizzazione di una rete quantistica che sia fruibile in un futuro, che sembra sempre meno lontano, a livello globale.
Entanglement e azione spettrale a distanza
Per poter comprendere l’importanza del risultato ottenuto da Kotler e colleghi, è necessario fare un passo indietro sull’ e sulla definizione di “azione spettrale a distanza”. Per entanglement, si intende quando due particelle apparentemente scollegate tra loro iniziano a comportarsi come se fossero “impigliate”, o meglio correlate, tanto da formare un unico sistema fisico quantistico.
In questa situazione le due particelle condividono un particolare stato quantico che, per sua natura, non è definito finché non avviene una osservazione diretta dello stesso. Una volta effettuata l’osservazione su una particella, quel particolare stato quantico viene “bloccato” per la particella osservata ma anche, per via dell’entanglement, anche sulla sua “compagna”, e questo avviene istantaneamente, a prescindere dalla distanza che intercorre tra le due particelle. Questo effetto è chiamato l’azione spettrale a distanza: non importa quanto lontane siano tra loro le due particelle, fossero anche distanziate di anni luce, l’osservazione diretta dello stato di una particella influirà istantaneamente anche sullo stato dell’altra.
Per capirci, semplificando al massimo, sarebbe come mettere due bicchieri in una scatola opaca, uno pieno d’acqua e l’altro vuoto, agitare la scatola in modo da spostare l’acqua da un bicchiere all’altro (ma potrebbe, per caso, anche rimanere tutta nel primo bicchiere) e poi portare i due bicchieri, sempre chiusi in scatole opache, a grande distanza. A quel punto aprendo una delle due scatole ed osservando quanta acqua c’è nel primo bicchiere, ci farà sapere immediatamente quanta acqua c’è nel secondo, anche se esso non è abbastanza vicino d poterlo osservare direttamente.
Una teoria, questa dell’azione spettrale a distanza, che non ha mai convinto Albert Einstein, uno dei fondatori della meccanica quantistica.
Come spesso accade, però, a distanza di tempo le teorie trovano riscontro negli esperimenti. Negli ultimi decenni, l’entanglement è stato più volte osservato tra particelle, soprattutto fotoni. Al momento, i ricercatori sono riusciti a creare sistemi di 18 fotoni entangled tra loro. Inoltre, sono riusciti a “impigliare” un mini tamburo come quello di Kotler, grande appena come un capello umano, a una nube contenente un miliardo di atomi di cesio: al vibrare del tamburo, gli atomi giravano e si posizionavano di conseguenza. Il passo successivo, ora, è portare l’entanglement a livello macroscopico, così da poterne sfruttare le proprietà fisiche per progettare e costruire computer quantistici e reti quantistiche alla portata di tutti.
L’esperimento dei due tamburi miniaturizzati
Il compito assai arduo di Kotler e colleghi è stato quello di osservare come i due tamburi miniaturizzati entangled riuscissero a suonare insieme a un livello di precisione inimmaginabile, come se fossero diventati un’unica entità. Per poter raggiungere queto risultato, Kotler ha dovuto limitare tutte le possibili interferenze esterne, che avrebbero potuto alterare lo stato fisico-chimico dei minuscoli tamburi. Per questo motivo, l’esperimento è stato condotto in un ambiente in cui la temperatura era tenuta appena a un centesimo di grado sopra lo zero assoluto, cioè circa meno 273 gradi Celsius, così che le naturali vibrazioni termiche, indotte dalla temperatura degli atomi costituenti i singoli tamburi, non potessero influire sulle vibrazioni indotte dall’esperimento.
Dopo aver creato l’ambiente ideale per il test, i ricercatori hanno irradiato i tamburi miniaturizzati in alluminio con una luce a microonde, fino a farne piegare (gonfiare) la superficie. Le vibrazioni dei due oggetti sono state così misurate più volte, fino ad ottenere un valore statistico che fosse significativo e che ha permesso di osservare come il movimento delle superfici fosse perfettamente sincronizzato: stessa velocità ma direzioni opposte.
Mentre uno saliva, l’altro scendeva, come un unico sistema fisico che ricorda le estremità di un’altalena sali-scendi in un parco per bambini.
I due tamburi, trattati in questo modo, rimangono entangled tra loro per circa 200 microsecondi: un tempo che può sembrare cortissimo, ma che è stato sufficiente ai ricercatori per manipolare i tamburini ed eseguire esperimenti. Il prossimo passo sarà quello di far eseguire ai due tamburini correlati quantisticamente dei protocolli sempre più complessi, così da trovare tutti i modi in cui questa proprietà fisica possa essere usata per trasmettere informazioni a livello quantistico e utilizzare questi oggetti come dei qubit per computer quantistici o per la rete Internet quantistica.
Tamburi miniaturizzati e rete quantistica: le prospettive future
L’esperimento condotto dai ricercatori e i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science è solo l’ultimo di una lunga serie in cui si cerca di creare oggetti entangled di dimensioni sempre maggiori rispetto a quelle delle singole particelle atomiche e subatomiche. Anche se i tamburi miniaturizzati sono anch’essi molto piccoli, il fatto che siano realizzati con trilioni di atomi ciascuno li rende il primo oggetto “macroscopico” in cui viene osservato entanglement.
Il confine tra mondo classico e mondo quantistico diventa così ogni giorno più sottile, traghettando la ricerca verso due importanti prospettive future. Da un lato ci sono i computer quantistici, che elaborano le informazioni o qubit, proprio basandosi sul fatto che gli elementi del proprio calcolo siano entangled tra loro. Uno dei grandi limiti dei computer quantistici è proprio trovare dei materiali adatti a diventare dei qubit fisici che possano supportare la realizzazione su larga scala di queste macchine.
I tamburi miniaturizzati di Kotler potrebbero essere usati come qubit, che memorizzano le informazioni di movimento e usano il “sali-scendi” come un equivalente quantistico degli 0 e 1 dei bit dell’informatica classica.
Dall’altro lato ci sono le applicazioni per la creazione di una rete quantistica, che permetta di collegare più computer quantistici tra di loro. Da questo punto di vista, il limite più grande è la realizzazione dei nodi intermedi della rete che deve collegare due dispositivi che siano in grado di conservare e propagare l’informazione racchiusa nell’entranglement senza modificarla: i tamburi miniaturizzati potrebbero immagazzinare le informazioni inviate da un computer quantistico attraverso le microonde, riconvertirle e ritrasmetterle a lunga distanza a un altro dispositivo. L’Internetquantistica sembra così sempre più vicina e possibile.