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Google, i più grandi fallimenti del colosso della tecnologia

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I più grandi fallimenti di Google, ecco la lista di tutte le applicazioni e di tutti i servizi chiusi da Big G nonostante i grandissimi investimenti iniziali

Google JarTee/Shutterstock

In Breve (TL;DR)

  • Google ha chiuso numerosi progetti nel corso degli anni, tra cui Google+, Google Wave e Google Allo, a causa di scarso successo o problemi di usabilità, evidenziando le sfide nell’entrare in mercati competitivi.
  • Servizi innovativi come Google Glass e Google Stadia hanno dimostrato visioni futuristiche, ma sono stati abbandonati per motivi di prezzo, limitazioni tecniche o mancanza di supporto adeguato.
  • Nonostante i fallimenti, molte idee di Google hanno influenzato settori come il cloud gaming e la realtà aumentata, mostrando l'impatto delle sue innovazioni sul panorama tecnologico.

Google è una delle aziende più importati del mondo che, quasi quotidianamente, propone agli utenti decine e decine di prodotti innovativi che nel tempo hanno davvero stravolto la vita delle persone.

Non sempre, però, ciò che l’azienda presenta è davvero così incredibile come sembra e molto spesso alcune delle trovate del colosso della tecnologia sono finite (a volte precocemente) nel temutissimo cimitero delle applicazioni.

Nel tempo, i software abbandonati sono stati molti, vediamo quelli più famosi degli ultimi anni.

Google+, la morte del social di Big G

google+

dennizn/Shutterstock

Lanciato nel 2011, Google+ è stato la risposta di Google allo strapotere di Facebook nel segmento dei social network.

Tuttavia, nonostante tutto l’impegno messo dall’azienda di Mountain View, questo social non è riuscito a ottenere il successo sperato e, infatti, è stato abbandonato dopo poco tempo.

La ragione principale del fallimento è stata, essenzialmente, un ingresso tardivo nel mercato ma anche un utilizzo piuttosto macchinoso che, rispetto al già citato Facebook, ha solo generato molta confusione negli utenti.

Google Allo, il flop della piattaforma di messaggistica

Google Play

JarTee/Shutterstock

Lanciata nel 2016, Google Allo è stata una delle molte app di messaggistica istantanea sviluppate da Big G e, in questo caso, l’intenzione del colosso era quello di competere con WhatsApp, iMessage, Facebook Messenger e Telegram.

Nonostante le buone intenzioni, però, i limiti di quest’app erano molti e, tanto per citarne uno, l’assenza di un sistema di crittografia end-to-end che era disponibile solo in modalità Incognito.

Chiaramente, al suo arrivo sul mercato i competitor diretti erano già molti e molto più utilizzati; oltre a questo, anche la presenza di più applicazioni simili come Hangouts, Google Duo e Android Messages ha creato molta confusione tra gli utenti che, alla fine, hanno abbandonato l’ala protettiva di Big G e si sono rivolti altrove.

Google Wave, un sistema di comunicazione troppo complicato

Google

JarTee/Shutterstock

Una sorte simile a quella di Google Allo è toccata a Google Wave, un tool nato con l’obiettivo di unire le funzionalità di e-mail, messaggistica istantanea, wiki e social network in un'unica piattaforma, consentendo agli utenti di comunicare e collaborare in tempo reale.

L’app ha visto la luce nel 2010 e, almeno per quei tempi, era davvero un sistema innovativo e per certi versi ha anticipato molti dei servizi attualmente disponibili; il problema era che si trattava di uno strumento molto complicato da usare.

Inoltre, l’app non era certo esente da bug e problemi di lag che nel giro di pochissimo hanno portato gli utenti a ignorare totalmente Google Wave, anche se oggi molte delle moderne piattaforme per la collaborazione sul web hanno ripreso quell’idea.

Google Buzz, l’altro social scomparso

Gmail

Mamun_Sheikh/Shutterstock

Google Buzz è stato un altro tentativo di Big G di entrare nel mondo dei social, con un prodotto che mirava a integrare social networking e microblogging in Gmail, consentendo agli utenti di condividere foto, video e link con i propri contatti.

Un’idea potenzialmente interessante ma, chiaramente, non per chi utilizza la propria email per lavoro; oltretutto l’app aveva anche grosse falle in materia di privacy con Google che ha automaticamente collegato gli utenti ai loro contatti Gmail più frequenti, rivelando a tutti potenziali connessioni sensibili.

Inoltre, anche il suo essere integrato in Gmail ha reso l'interfaccia utente troppo complessa rispetto a quella dei social concorrenti, spingendo gli utenti a non considerarlo mai come una valida alternativa.

Google Glass e Google Daydream la realtà aumentata secondo Big G

Google Glass

Ahmet Misirligul/Shutterstock

Google Glass era un dispositivo indossabile per la realtà aumentata che, nemmeno a dirlo, aveva la forma di un qualsiasi paio occhiali.

Aveva un piccolo display, una fotocamera e un touchpad progettati per aiutare gli utenti a navigare sul web tramite gli occhiali e a utilizzare le varie app di messaggistica.

Oltre a questo era anche possibile scattare foto, registrare video e interagire con le app tramite gesti e comandi vocali.

Nonostante fosse piuttosto avanti per l’epoca i motivi del fallimento del progetto sono stati diversi: il primo è che la fotocamera integrata ha sollevato molte preoccupazioni sulla privacy; oltre a questo parliamo anche di un prodotto con un design poco attraente, molto scomodo da utilizzare e con un’autonomia davvero insufficiente.

Non bisogna dimenticare, ovviamente, anche il prezzo elevato di ben 1500 dollari, che lo ha reso accessibile a pochi e, oltretutto, visto il numero insufficiente di app compatibili, un acquisto davvero difficile da giustificare.

Una sorte simile è toccata a Google Daydream, una piattaforma per la realtà virtuale volta a offrire agli utenti un'esperienza VR di alta qualità, con una vasta gamma di contenuti VR (come giochi, app e video a 360 gradi) tutti accessibili tramite l'app Daydream.

Il problema principale di questo device, però, stava nel suo funzionamento che richiedeva necessariamente l’integrazione con uno smartphone.

Ma non un qualsiasi smartphone, uno con abbastanza potenza per elaborare i contenuti VR, cosa che ha fatto salire ulteriormente il prezzo e l’ha reso davvero poco allettante.

Google Health, al fianco del sistema sanitario

Dati medici

Dragana Gordic/Shutterstock

Lanciato nel 2008, Google Health era un tool per la gestione dei dati sanitari nato con l’obiettivo di archiviare, organizzare e condividere in modo sicuro le informazioni sanitarie degli utenti.

Nonostante il suo potenziale, l’app ha dovuto affrontare diverse criticità come, ad esempio, diverse difficoltà nell’integrazione con i sistemi per le cartelle cliniche elettroniche già esistenti.

Questo problema ha ovviamente causato una certa riluttanza tra i vari provider nel fidarsi di Google che, oltretutto, aveva elaborato anche una piattaforma molto complessa e davvero difficile da utilizzare, cosa che ha contribuito ulteriormente alla chiusura del tool.

Google Stadia, una buona idea chiusa troppo presto

Google Stadia

DANIEL CONSTANTE/Shutterstock

L’ultimo e forse il più grande fallimento di Big G è stato Google Stadia, il servizio di cloud gaming che ha resistito sul mercato per meno di tre anni.

Si trattava, in realtà, di un’idea molto interessante che permetteva agli utenti di utilizzare un servizio cloud per giocare a diversi giochi, inclusi quelli tripla A, pur senza avere l’hardware necessario per farlo.

I giochi, infatti, venivano elaborati su cloud e poi riprodotti su PC con una latenza minima e un risultato più che soddisfacente (per le connessioni in grado di reggere il carico del servizio).

Vista la brevissima vita di questo servizio, Google ha anche rimborsato gli utenti di tutto l’hardware Stadia acquistato, come i controller e i pacchetti Play and Watch con Google, più buona parte dei contenuti digitali comprati.

La cosa paradossale è che subito dopo la chiusura del servizio sul web sono apparsi altre app delle aziende concorrenti che, in sintesi, offrono le stesse cose ma che, inaspettatamente, sono riusciti a conquistare gli utenti che ancora li utilizzano sui propri device.

Probabilmente la chiusura di Google Stadia è stata un po’ troppo frettolosa e, probabilmente, nemmeno lo stesso Google si è accorto delle potenzialità di un servizio che in questo settore, si può dire tranquillamente, che ha fatto scuola, ispirando non poco la concorrenza.

L’unica colpa da attribuire forse a questo servizio era nel catalogo di giochi non (ancora) ai livelli di quello della concorrenza e, probabilmente, le poche offerte a disposizione degli utenti.

Per il resto, ancora una volta, Google si è dimostrato avanti rispetto alla concorrenza ma, forse, ha avuto fretta di concentrare le sue attenzioni su altro, facendosi sfuggire un’occasione d’oro.

Per saperne di più: Google: il motore di ricerca più diffuso ed efficace

A cura di Cultur-e
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