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Facebook blocca l'account di Cambridge Analytica per comportamento illecito

Cambrdge Analytica avrebbe utilizzato oltre 50 milioni di dati ottenuti infrangendo le regole sulla privacy di Facebook. Coinvolti Robert Mercer e Steve Bannon, due figure chiave per l'elezione di Trump

facebook

Con un post sul blog ufficiale, Facebook ha annunciato di aver bloccato gli account di Cambridge Analytica, di Strategic Communication Laboratories (l'azienda che controlla Cambridge Analytica), di Aleksandr Kogan (psicologo dell'università di Cambridge) e di Cristopher Wylie (capo dell'azienda Eunoia Technologies). Perché tutto questo interesse da parte di Facebook nell'annunciare con un post pubblico sul proprio blog il ban di questi quattro account? Cambridge Analytica e gli altri tre protagonisti di questa storia sono colpevoli di aver violato le regole della piattaforma, utilizzando in maniera inappropriata 50 milioni di dati ottenuti attraverso il social netowrk. Facebook ha voluto anche sottolineare che tra questi 50 milioni di dati non sono presenti informazioni sensibili (password, credenziali d'accesso).

 

cambridge analytica

L'annuncio di Facebook è molto importante anche per altri motivi, strettamente politici. Infatti, Cambridge Analytica è di proprietà di Robert Mercer, che nel 2014 la finanziò con oltre 15 milioni di dollari. Fino a qui nulla di anomalo. Se non fosse che Robert Mercer è uno dei più grandi sostenitori di Donald Trump e che Cambridge Analytica ha aiutato l'attuale Presidente degli Stati Uniti a delineare gli aspetti della campagna elettorale che lo ha visto trionfare nel novembre del 2016. E i 50 milioni di dati ottenuti illecitamente da Cambridge Analytica sono stati utilizzati per realizzare un profilo estremamente preciso degli abitanti di ognuno degli stati che compongono gli USA. Un vantaggio che Trump ha potuto sfruttare soprattutto in quelle regioni dove il voto era in bilico. Stiamo parlando di una pratica legale e che oramai viene portata avanti da qualsiasi schieramento politico durante le elezioni, l'unico problema è che l'azienda di Robert Mercer utilizzava dati provenienti da Facebook e che non dovevano essere nelle loro mani.

Thisisyourdigitallife, l'app da dove tutto è iniziato

Per capire cosa sia esattamente successo, è necessario fare un po' di chiarezza e riportare i fatti secondo il loro ordine cronologico. Cambridge Analytica è un'azienda che nasce nel 2013 grazie al finanziamento di Robert Mercier: l'obiettivo è condizionare l'opinione pubblica attraverso i social media utilizzando le tattiche di persuasione tipiche del mondo pubblicitario. Ovvero trasferire le tattiche del marketing all'interno del mondo della politica. Ma per riuscire in questo intento sono necessari milioni di dati sulle abitudini delle persone e su quello che realmente pensano. Tramite Cambridge Analytica Robert Mercier vuole influenzare l'esito delle elezioni presidenziali statunitensi e il primo banco di prova sono le elezioni per il governatore della Virginia. L'esito è disastroso, ma nell'azienda entra a far parte anche Steve Bannon, personaggio che assumerà il ruolo di capo della campagna elettorale di Donald Trump. Cambridge Analytica ha un grosso problema: riuscire a ottenere maggiori informazioni su quello che fanno e su quello che vogliono le persone.

 

steve bannon

In loro soccorso arriva Aleksandr Kogan, uno psicologo dell'Università di Cambridge con la passione per i numeri e i big data. Per raccogliere le informazioni sulle abitudini degli utenti, il professore sviluppa l'applicazione "thisisyourdigitallife" e la promuove attraverso la piattaforma social. L'app non è altro che un test sulla personalità delle persone, ma per poterla utilizzare è necessario fornire alcuni dati personali o accedere attraverso il profilo Facebook. In questo modo l'utente ignaro forniva all'app molte informazioni personali, come la città di residenza, i like lasciati nei post e la lista degli amici. Tutto questo è legittimo, sono molte le applicazioni che raccolgono questo tipo di informazioni, ma le società che ne entrano in possesso non devono condividerle con aziende terze. Cosa che invece ha fatto Aleksandr Kogan , che ha fornito tutti questi dati a Cambridge Analytica e a Eunoia Technologies, infrangendo le regole di Facebook. L'azienda di Menlo Park è a conoscenza di questi fatti dal 2015, anno in cui ha rimosso l'applicazione alla propria piattaforma. Facebook aveva anche intimato al professore universitario di eliminare i dati in suo possesso, cosa che in questi tre anni non ha fatto e che ha portato la piattaforma social a bloccare il suo account e quello degli altri protagonisti di questa storia.

L'importanza dei dati per le elezioni politiche

 

facebook hacker

Facebook ha voluto annunciare pubblicamente di aver bloccato l'account di Cambridge Analytica, di Aleksandr Kogan e di Cristopher Wylie per dimostrare che ha a cuore i dati personali dei propri utenti. Nel post pubblicato sul blog ufficiale ha anche annunciato che nei prossimi mesi verranno rafforzate ulteriormente le difese a protezione dei dati personali degli utenti e che negli ultimi anni sono stati fatti dei grossi passi in avanti per limitare l'utilizzo delle informazioni raccolte da aziende terze. Ma il caso Cambridge Analytica fa riflettere sull'utilizzo distorto che si può fare dei dati delle persone.

L'azienda finanziata da Robert Mercer, infatti, è accusata di aver manipolato l'opinione pubblica su tutti i più importanti avvenimenti politici degli ultimi anni, dall'elezione del Presidente degli Stati Uniti nel 2016 (Robert Mercer è uno dei più grandi sostenitori di Donald Trump, mentre Steve Bannon era il capo della campagna elettorale) fino alla Brexit. Cambridge Analytica da alcuni anni è stata presa di mira dai quotidiani per il lavoro oscuro che ha svolto in alcune campagne elettorali, ma finora non c'erano documenti a supporto. La notizia pubblicata da Facebook sul proprio blog non ha fatto altro che rinfocolare il dibattito sulle strategie non convenzionali utilizzate dall'azienda statunitense, a maggior ragione dopo uno dei data breach più grandi che il social network di Mark Zuckerberg ha dovuto subire.

18 marzo 2018

A cura di Cultur-e
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