Nel 2019, negli Stati Uniti, un giovane in preda ad un attacco di asma è riuscito a salvarsi la vita chiamando il numero di emergenza 911, anche se non è riuscito a pronunciare alcuna parola: la sua posizione, rilevata dal GPS, è stata inviata dallo smartphone al call center e i soccorsi sono arrivati in tempo. Due anni prima, nel 2017, un bambino di appena 4 anni ha salvato la vita di sua madre chiedendo a Siri di chiamare i soccorsi.
Sono solo due dei tantissimi esempi di casi in cui uno smartphone ha salvato la vita a qualcuno e sono solo l'inizio di una nuova era in cui la tecnologia mobile aiuterà i soccorritori ad assistere meglio e prima chi ha bisogno di aiuto. Ecco come e quando uno smartphone può fare la differenza tra la vita e la morte in caso di emergenze e calamità e cosa possiamo aspettarci in un futuro per nulla lontano.
Usare lo smartphone per chiamare i soccorsi
Avere un telefono cellulare a portata di mano in caso di emergenza è già un enorme risorsa perché ci permette di contattare i numeri nazionali di emergenza (in Italia sono attivi il 112 dei Carabinieri, il 113 della Polizia di Stato, il 115 dei Vigili del Fuoco e il 118 per il soccorso sanitario).
Non sempre, però, è possibile usare lo smartphone normalmente, cioè prendendolo in mano per comporre il numero e avviare la chiamata. Ad esempio in caso di caduta, crollo di un immobile, oppure in caso di un grave incidente stradale a seguito del quale ci si ritrova vivi e coscienti, ma immobilizzati.
Gli assistenti vocali sono la soluzione in casi del genere: è possibile usare la voce per ordinare a Siri o Assistant di chiamare il 112 o un altro numero di emergenza semplicemente pronunciando la frase di attivazione ("ehi Siri" o "ok Google") e poi "chiama il 112". In entrambi i casi sarà però necessario sbloccare lo smartphone per ottenere il risultato sperato, quindi sarà comunque necessario restare in contatto con il dispositivo.
Aiutare i soccorritori con il proprio smartphone
Tutti i possessori di uno smartphone, sia Android che iOS, possono decidere di condividere alcune informazioni personali con un eventuale soccorritore in caso si trovino in difficoltà. Il soccorritore, una volta preso in mano lo smartphone, potrà leggere tali informazioni anche senza sbloccarlo e, per questo motivo, c'è un grosso rovescio della medaglia: bisogna scegliere bene quali informazioni condividere, perché saranno visibili anche a chi troverà il telefono dimenticato da qualche parte o lo ruberà.
Tutti i telefoni Android hanno una sezione delle impostazioni che si può personalizzare andando su Informazioni sul telefono > Informazioni per le emergenze. Qui si potranno inserire nome e cognome dell'utente, l'indirizzo di casa, se è donatore di organi e altre informazioni mediche come il gruppo sanguigno, eventuali allergie, farmaci usati e altre note mediche. Si potranno impostare anche uno o più contatti di emergenza, che il soccorritore potrà chiamare senza sbloccare il dispositivo.
Quando il soccorritore prenderà in mano il telefono, infatti, dovrà solo fare swipe per saltare la richiesta di impronta digitale e, invece di inserire il PIN numerico, dovrà fare tap su "Emergenza" e poi su "Info per emergenze". A questo punto vedrà quanto l'utente ha scelto di fargli vedere.
Una funzione molto simile è presente anche su iOS per gli iPhone e vi si accede dall'app Salute: basta fare tap sulla propria foto profilo, poi su Cartella clinica > Modifica. Qui sarà possibile inserire il gruppo sanguigno, la disponibilità a donare gli organi, i farmaci e le allergie e sarà anche possibile scegliere i contatti di emergenza.
In più, è anche possibile settare l'iPhone in modo che invii automaticamente un SMS a tutti i contatti di emergenza scelti subito dopo il termine di una chiamata ad un numero di emergenza, come il 112. L'SMS conterrà anche la posizione aggiornata del telefono, quindi presumibilmente anche del suo proprietario.
Condividere la propria posizione
In linea di massima le forze dell'ordine possono quasi sempre rintracciare uno smartphone facendo la triangolazione delle ultime posizioni rilevate dalle torri radio delle reti cellulari, ma questa è una opzione non percorribile da un normale cittadino che vuole sapere che fine ha fatto un amico o parente.
Una ulteriore funzionalità degli smartphone moderni che, pur avendo un impatto sulla privacy, può aumentare la sicurezza degli utenti in caso di emergenza, permettendo ad altri di sapere dove si trovano, è la condivisione della posizione in tempo reale.
E' possibile condividere la propria posizione su Google Maps, ad esempio, su WhatsApp o, per i soli utenti iOS, tramite l'app Dov'è su iPhone.
Per condividere la propria posizione tramite Google Maps è necessario aprire l'app e fare tap sulla propria foto profilo, per poi scegliere Condivisione della posizione > Condividi posizione. Si potrà scegliere di condividere la posizione per un tempo preciso (che può essere aumentato o diminuito facendo tap sui pulsanti + e -), oppure fino alla disattivazione della funzione. Si dovrà poi scegliere con quale contatto condividerlo e tale contatto riceverà una notifica.
Google Maps mostra la posizione in tempo reale, la distanza dall'altro utente e la carica della batteria dello smartphone dal quale è stata inviata la posizione. In tal modo sarà possibile sapere se non si riceve più la posizione perché lo smartphone si è spento.
Per condividere la propria posizione tramite WhatsApp basta aprire una chat con il contatto o gruppo al quale si vuole inviare la posizione e poi fare tap sull'icona degli allegati e scegliere Posizione > Posizione in tempo reale. Le opzioni temporali non sono molte: 15 minuti, un'ora o otto ore.
Per condividere la propria posizione tramite un iPhone (e con un altro dispositivo iOS), basta aprire l'app Dov'è e andare su Persone > Condividi la mia posizione e scegliere il numero di telefono della persona alla quale si vuole fare sapere dove ci troviamo. Le opzioni disponibili sono: per un'ora, fino a fine giornata o per sempre (cioè fino a quando la condivisione non viene disattivata manualmente).
In ognuno di questi casi, prima di condividere la propria posizione bisogna anche tenere conto del fatto che la condivisione della posizione in tempo reale ha un impatto sulla durata della batteria maggiore rispetto a quella del semplice invio della posizione attuale. Se è necessario condividere la posizione ma si sa già che non sarà possibile spostarsi, quindi, usare la condivisione in tempo reale non ha molto senso ed è al contrario meglio inviare la posizione puntuale.
Usare lo smartphone per evitare le emergenze
Quanto detto fino ad ora è molto utile ad un utente che si trova in situazione di emergenza e vuole usare lo smartphone per ottenere aiuto dagli altri. La prossima frontiera, però, consisterà nell'usare lo smartphone per evitare del tutto le emergenze.
Incidenti stradali, forti eventi atmosferici e terremoti sono i tre campi sui quali i big della tecnologia stanno lavorando. Google Maps, ad esempio, già ci dice se lungo la strada che abbiamo impostato nel navigatore è stato segnalato un incidente con conseguente rallentamento o blocco del traffico. Questo già è utile per limitare i pericolosissimi tamponamenti a catena.
Sempre Google Maps ha un intera sezione di avvisi sulle "situazioni di crisi" (un incendio, un'inondazione o un terremoto), ma non tutti i tipi di avvisi sono disponibili in tutti i Paesi. L’app italiana di Maps può visualizzare allerte crisi sulle mappe per le tempeste tropicali (in caso di navigazione in Paesi colpiti da questi eventi atmosferici, ovviamente), terremoti, inondazioni e incendi. Grazie a questi avvisi l'utente può evitare di percorrere strade e sentieri interessate dalla catastrofe naturale, non mettendo così a rischio la propria vita.
Anche in questo caso è già allo studio la tecnologia di nuova generazione: gli smartphone Android potranno forse avvertire i loro utenti pochi minuti prima dell'arrivo di un terremoto. Questa tecnologia si chiama Android Earthquake Alert System e invia già un avviso ai telefoni Android in USA quando i sismografi dello United States Geological Survey (USGS) rilevano le prime vibrazioni sotterranee (le cosiddette "onde P", che precedono di poco le ben più pericolose "onde S").
Il prossimo passo sarà quello di usare i sensori integrati negli smartphone per rilevare i primi segnali di onde P, al fine di creare una sorta di sismografo globale formato da milioni e milioni di microrilevatori sparsi per il mondo.