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Il MIT crea una macchina dei sogni

Un team di ricercatori del MIT sta lavorando a un dispositivo, chiamato Dormio, che è in grado di condizionare i nostri sogni per renderci creativi sfruttando la fase ipnagogica del nostro sonno

Dormio

Fino a non molti anni fa tutto quello che sapevamo sulla qualità del sonno riguardava la durata: bisognava dormire almeno 8 ore al giorno per riposare in maniera adeguata. Oggi, invece, la situazione è profondamente mutata. Grazie anche agli smartwatch e altri wearable che monitorano la qualità del sonno, conosciamo molte più cose sul nostro sonno. Sappiamo, ad esempio, che il sonno REM è di fondamentale importanza: in questa fase dei cicli circadiani (i cicli del sonno) il nostro cervello produce i sogni e riusciamo a riposare meglio. Si tratta di quello che viene registrato come sonno profondo da parte dei vari wearable che monitorano la qualità del riposo e che maggiormente contribuisce al nostro benessere.

E, pare, sono proprio i sogni che facciamo a giocare un ruolo decisivo in questa nostra rincorsa al riposo e al benessere. Anche se non li ricordiamo (o, meglio, ricordiamo solo quelli che stiamo facendo pochi attimi prima di svegliarci) aiutano a migliorare la nostra psiche e lo stato di salute del nostro corpo. Proprio per questo motivo un team di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology guidati dal professore Adam Horowitz ha sviluppato un dispositivo chiamato Dormio, per interfacciarsi con la fase del sonno REM. La loro ipotesi è che questo periodo al limite tra veglia e sonno sia una fonte di creatività, tra incubi e sogni, che può essere sfruttata se registrata da un macchinario invece che dalla nostra testa. Ecco allora come funzionerà la macchina dei sogni.

 

Prototipo di Dormio

 

Come nel film Inception

Horowitz e il suo team di ricercatori hanno fatto degli esperimenti su otto diverse persone per cercare di dilatare la fase del sonno REM, così da indurre i volontari a creare quelli che loro chiamano microdreams. Si tratta, in pratica, di una sorta di mini-sogni, apparentemente senza un vero e proprio rigore logico ma che possono farci capire di più sulle potenzialità della creatività umana. Se tutto ciò vi ricorda il film Inception di Christopher Nolan, non vi state poi sbagliando molto.La fase del sonno che in realtà maggiormente interessa a Horowitz è quella definita come ipnagogica, che ad oggi resta un po' un mistero anche per i neuroscienziati. È in questa fase, ad esempio, che si verificano i sogni più vividi, quelli che ci fanno svegliare di soprassalto o quelli che ci accorgiamo solo alcuni secondi dopo aver aperto gli occhi che si trattava di una creazione del nostro cervello. Nella fase ipnagogica si verificano anche quelle finte paralisi con il corpo addormentato e immobile ma il cervello perfettamente sveglio.

 

Alcuni dei prototipi disegnati dal MIT

 

Insomma, l'ipnagogica è una fase dei cicli del sonno molto complessa ma al tempo stesso poco conosciuta. E per questo affascinante: il MIT, infatti, non è l'unico ad aver fatto ricerche su questa fase dei cicli del sonno: anche Thomas Edison (sì, quello della lampadina) Thomas Edison ha fatto diversi esperimenti sull'ipnagogica e sui microdreams, usando quella che è conosciuta come la tecnica delle sfere d'acciaio. Per lunghi periodi della sua vita, Edison ha dormito con delle sfere di acciaio in mano: quando il suo corpo entrava nella fase dell'ipnagogica le sfere piano piano iniziavano a scivolare dalla presa della mano e quando Edison entrava nel sonno profondo lasciava involontariamente cadere le palline d'acciaio risvegliandosi e ricordandosi tutto quello che aveva immaginato nel microdream. Si dice che molte delle sue invenzioni siano avvenute grazie a dei sogni indotti con questa tecnica.

La macchina dei sogni: il guanto Dormio

Per studiare questa fase, gli scienziati del MIT hanno utilizzato uno stratagemma simile a quello di Edison, ovviamente sfruttando una tecnologia più avanzata rispetto alle sfere d'acciaio. Nello specifico, Dormio è un guanto hi-tech disponibile in due versioni/prototipi. La prima generazione di Dormio consisteva in un mini-controller Arduino montato su un guanto con un piccolo sensore di pressione nel palmo che Horowitz aveva progettato con i suoi colleghi. Una persona indossa il guanto prima di andare a dormire e stringe la mano in un pugno, facendo pressione sul sensore. Allo stesso tempo, i sensori dell'elettroencefalogramma (EEG) monitorano l'attività elettrica nel cervello. Quando i sensori della mano e della testa rilevano che i muscoli della persona sono rilassanti e le onde cerebrali stanno cambiando perché si sta addormentando, si innesca un robot Jibo nelle vicinanze che pronuncia una frase programmata. La frase ha lo scopo di indurre il sogno della persona sull'argomento scelto dai ricercatori.

 

Il Dormio 1

 

Questo sistema però fu presto accantonato perché costoso e perché i sensori dell'EEG non sempre riuscivano a fornire la giusta fase del sonno del volontario. Per correggere questi punti di debolezza, Horowitz e i suoi colleghi hanno progettato una nuova versione di Dormio, nel quale hanno sostituito il sensore palmare con dei sensori di flessione, che misurano la tensione muscolare a un livello molto più preciso. Il Dormio 2.0 sfrutta anche biosegnali più semplici da utilizzare, come la frequenza cardiaca in arrivo da un normale wearable del volontario, e hanno eliminato il robot Jibo con un'applicazione per smartphone, che è molto più economica. Questa seconda generazione di Dormio funziona bene, ma il team di ricerca del MIT punta a migliorarlo ulteriormente. L'obiettivo della terza generazione di Dormio è di funzionare solo monitorando il movimento delle palpebre dei soggetti dormienti. Una modifica che renderà Dormio il più confortevole, economico e meno invasivo possibile. In questo modo sarà anche più semplice una sua eventuale commercializzazione.

 

4 novembre 2018

A cura di Cultur-e
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