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Dipendenza da schermo, gli strumenti per combatterla

Anche se non è riconosciuta ufficialmente come una malattia, la dipendenza da schermo colpisce sempre più persone. Ecco come combatterla

Ragazzi con lo smartphone

Si chiama "dipendenza da schermo" e, almeno ufficialmente, non è una malattia. Altro non è che un comportamento molto diffuso, soprattutto tra i più giovani, da quando esistono gli smartphone sempre connessi a Internet: l'utente non riesce a fare a meno di controllare in continuazione il proprio dispositivo mobile, leggere le notifiche e i promemoria provenienti dalle app installate, interagire sui social network o anche soltanto utilizzare lo smartphone per leggere articoli o guardare immagini e video. La dipendenza da schermo non è riconosciuta come una malattia o un disturbo della psiche, ma da diversi anni gli scienziati la studiano come se effettivamente lo fosse e i risultati di alcune ricerche sono preoccupanti.

Uno studio di Lin, Zhou e altri del 2012 (Abnormal White Matter Integrity in Adolescents with Internet Addiction Disorder: A Tract-Based Spatial Statistics Study) dimostra che "la dipendenza da internet è associata a cambiamenti strutturali e funzionali nelle regioni del cervello che gestiscono l'elaborazione emotiva, l'attenzione esecutiva, il processo decisionale e il controllo cognitivo". Da una ricerca di mercato eseguita da Deloitte nel 2016 emerge invece che "Più di un terzo dei consumatori in tutto il mondo ha dichiarato di controllare il proprio telefono entro cinque minuti dal risveglio al mattino, e il 20% controlla il proprio telefono più di 50 volte al giorno. La dipendenza dagli smartphone sembra destinata ad aumentare con la disponibilità di nuove funzionalità".

Ragazzi smartphone

Ma cosa fanno le grandi aziende tech per contrastare la dipendenza da schermo e da Internet? Fino ad oggi sembrerebbe proprio che, invece di combatterla, Google, Apple e Facebook abbiano fatto di tutto per favorirla per un motivo molto semplice: più tempo l'utente passa davanti lo smartphone, più pubblicità guarda e più le tre aziende traggono profitti. Tuttavia, negli ultimi tempi qualche timido segnale di un cambiamento si può notare.

Screen Time: lo strumento di Apple contro la dipendenza da schermo

Con l'aggiornamento ad iOS 12 Apple ha inserito nei suoi smartphone uno strumento chiamato Screen Time, che fornisce informazioni sul tempo trascorso dall'utente con le app e sui siti web. Come spiega la stessa Apple in una nota, "Screen Time crea dei Report Attività giornalieri e settimanali che mostrano il tempo totale trascorso in ogni singola app, il tempo dedicato alle varie categorie di app, il numero di notifiche ricevute e quanto spesso l'utente prende in mano il suo iPhone o iPad".

Screen time iOS

Screen Time integra la funzione App Limits, che permette di impostare il tempo massimo che un utente può passare usando ogni singola app. Tuttavia, al termine del tempo prefissato si riceve una semplice notifica, ma l'app resta ancora utilizzabile senza limitazioni. La vera utilità di Screen Time è quella di permettere ai genitori di capire esattamente come i figli usano gli smartphone Apple: accedendo all'Activity Report dei figli direttamente dal proprio dispositivo iOS i parenti possono avere un quadro abbastanza chiaro delle attività dei bambini. Possono anche impostare limiti tramite App Limits, ma sono sempre le solite notifiche poco efficaci.

Non disturbare iPhone

La funzione Downtime, invece, permette di limitare l'accesso alle app in uno specifico intervallo di tempo: durante gli orari prefissati non si riceveranno notifiche e funzioneranno solo le chiamate telefoniche e alcune app scelte dall'utente. Downtime sembra uno strumento più efficace per i genitori in cerca di un modo per limitare l'uso dello smartphone da parte dei propri figli: i genitori possono scegliere app specifiche da autorizzare, come Telefono e iBooks, che saranno sempre disponibili anche nel periodo di blocco. L'impostazione delle funzioni di Screen Time può avvenire anche da remoto: i genitori possono bloccare lo smartphone dei figli anche senza averlo in mano.

Digital Wellbeing, lo strumento di Google contro la dipendenza da schermo

Benessere digitale Android

Anche Google ha incluso strumenti simili, seppur in beta, in Android Pie, chiamandoli Digital Wellbeing. Le funzionalità di Well Being sono quasi identiche a quelle di Screen Time, ma leggermente più raffinate: se l'utente ha raggiunto il limite di tempo per l'utilizzo di una app, l'icona di tale app sarà mostrata in grigio per indicare all'utente che non può utilizzarla più. Per sbloccare l'app, inoltre, l'utente non deve semplicemente leggere una notifica ma entrare nella dashboard di Digital Wellbeing e rimuovere l'applicazione "scaduta" da quelle bloccate. Google offre anche una funzionalità "Wind Down" da impostare prima di andare a dormire, che mette automaticamente il telefono in modalità Non disturbare, imposta la modalità a scala di grigi per l'intero schermo e disattiva tutte le modifiche. Wind Down serve a scoraggiare l'uso dello smartphone prima di andare a dormire.

Dipendenza da schermo: Facebook fa poco o nulla

Se le iniziative di Apple e Google sembrano poco più che cerotti su una ferita grave, quelle di Facebook sono addirittura inferiori. A inizio 2018 l'algoritmo di Facebook è stato modificato per dare meno spazio in Timeline alle pagine dei brand e più spazio ai profili dei nostri amici e ai post sui gruppi. Mark Zuckerberg presentò la novità dicendo che "Apportando queste modifiche, mi aspetto che il tempo che la gente trascorrerà su Facebook e alcune misure di coinvolgimento diminuiranno. Ma mi aspetto anche che il tempo che dedichi a Facebook sarà più prezioso e se avremo fatto la cosa giusta, credo che andrà bene anche per la nostra comunità e per il nostro business a lungo termine". Facebook e Instagram hanno iniziato a implementare funzionalità come la dashboard delle attività per impostare un limite giornaliero alle notifiche e ai promemoria. Tuttavia, almeno al momento, si tratta di strumenti persino meno efficaci di quelli presentati da Apple e Google che, come già visto, sono ancora tutt'altro che incisivi sul problema della dipendenza da schermo.

 

31 dicembre 2018

A cura di Cultur-e
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