Se ti interessi di informatica e ti piace "smanettare" con il PC, di sicuro ti sarai già accorto che sul tuo disco rigido (almeno se usi un computer con sistema operativo Windows) ci sono due cartelle: "Programmi" e "Programmi (x86)". Ti sarai anche chiesto perché, quando provi a scaricare una nuova applicazione per il tuo PC, ti viene chiesto se preferisci la versione a 32 bit o quella a 64 bit. Infine, se hai almeno trent'anni, ricorderai certamente l'epoca in cui i produttori di CPU commerciali annunciarono lo storico passaggio dai 32 bit ai 64 bit. Ma oggi, all'alba degli anni 2020, ha ancora senso parlare di 32 bit e 64 bit o i primi sono ormai un ricordo del passato? Scopriamolo.
Cosa sono i bit di un processore (e di un software)
Quando parliamo di una CPU a 32 bit intendiamo un processore in grado di elaborare contemporaneamente dati grandi, al massimo, 32 bit. Cioè 4.294.967.296 informazioni in un colpo solo. Per lo stesso motivo, un PC con architettura a 32 bit può avere al massimo 4.294.967.296 byte di memoria RAM (cioè 4 GB) perché il processore non sarebbe in grado di "pensare" a un singolo bit in più. Un processore a 64 bit, invece, ha limiti ben più alti e può gestire dati lunghi 18.446.744.073.709.551.616 byte, pari a circa 18,4 milioni di GB (o, se preferite, 18,4 petabyte, PB).
La storia dei bit: 4 bit, 8 bit, 16 bit, 32 bit e 64 bit
Agli attuali 64 bit ci siamo arrivati dopo diversi anni, ma neanche troppi: il primo processore a 4 bit della storia fu il Central Air Data Computer costruito nel 1970 per gestire l'elettronica dei caccia bombardieri americani F-14 Tomcat, mentre il primo processore a 64 bit è stato il MIPS R4000 del 1991, dedicato alle workstation grafiche. In appena 21 anni, quindi, si è passati dai 4 bit per la guerra ai 64 bit per la grafica tridimensionale. In questo spazio di tempo relativamente limitato c'è tutta la storia dell'informatica moderna: nel 1972 Intel presenta il suo 8008 (8 bit), nel 1978 presenta l'8086 (16 bit), nel 1980 AT&T Bell Labs presenta il BELLMAC-32A (32 bit). Oggi la stragrande maggioranza dei processori ha una architettura a 64 bit, in alcuni casi con alcune parti a 128 bit.
Perché esistono ancora applicazioni a 32 bit?
Torniamo ad una delle domande iniziali: cos'è quella strana cartella sul tuo hard disk chiamata "Programmi (x86)"? È la cartella dove Windows archivia tutti i file necessari a far funzionare i vecchi programmi a 32 bit. Già, perché ancora oggi molte applicazioni vengono scritte anche a 32 bit, oltre che a 64 bit. Una applicazione a 64 bit, infatti, non è per forza migliore di una a 32 bit. I 64 bit sono essenziali quando il software deve gestire grandi quantità di dati: ad esempio l'elaborazione foto e video, il calcolo scientifico, i modelli 3D molto complessi o database veramente grandi. I 64 bit non servono a molto, invece, in quasi tutti gli altri casi. Tuttavia, mentre una CPU (e un sistema operativo) a 64 bit può eseguire codice a 32 bit (tramite un emulatore), non è vero il contrario.
Diremo addio ai 32 bit
Va detto, però, che garantire la retrocompatibilità con il codice a 32 bit anche sui sistemi operativi e CPU che nascono a 64 bit ha dei costi. Per questo sappiamo già che i 32 bit hanno i giorni contati. Nel mondo mobile, ad esempio, Google ha dichiarato che a partire dal 2021 non accetterà più app a 32 bit sul Play Store. Apple ha iniziato a chiudere i ponti con il passato a partire dal rilascio di macOS High Sierra 10.13.4.
Arriveranno i 128 bit?
Di contro, non è detto che a breve passeremo a CPU e sistemi operativi a 128 bit. D'altronde, se siamo nell'era dei 64 bit dal 1991 e non ne siamo ancora usciti un motivo ci sarà: ancora non serve. Tutti i precedenti passaggi da un'architettura all'altra erano passaggi dovuti: sono stati inventati i processori a 64 bit quando ormai i 4 GB di RAM massimi utilizzabili dalle CPU a 32 bit iniziavano ad essere pochi per gestire i dati e le applicazioni anche comuni. Ma con un limite teorico di 18,4 milioni di GB di RAM utilizzabile (e con la possibilità di gestire istruzioni lunghe 64 bit) è molto difficile pensare che sentiremo presto la necessità di una nuova architettura. E la storia recente delle CPU lo dimostra: per ottenere prestazioni maggiori, senza spostarsi dai 64 bit, i produttori di processori hanno prima alzato la frequenza di lavoro delle CPU e poi hanno iniziato a inserire più core all'interno di una sola CPU. Magari, però, collegandoli tra loro con dei bus (cioè dei canali per trasferire i dati) "larghi" 128 bit. Ad essere onesti, però, alcuni processori a 128 bit esistono già oggi ma non rappresentano lo standard di mercato, almeno per i PC e i laptop. Questa tipologia di processori viene utilizzata all'interno di architetture VLIW (Very Long Instruction Word), che utilizzano processori in grado di eseguire istruzioni in parallelo per velocizzare calcoli di grandi dimensioni.