È vero, non sempre i numeri dicono tutto. In questo caso, però, aiutano a capire quale saranno i possibili sviluppi di Internet negli anni a venire. Il futuro della Rete, in particolare, passa da due numeri: 4,4 e 44. Il primo si riferisce al numero di zettabyte di dati creati nel corso del 2015, da tutti coloro che possiedono un dispositivo informatico; il secondo si riferisce a la mole di dati che si pensa saranno creati dall'umanità intera nel 2020. Tanto per comprendere di che grandezze di misura si sta parlando, basta pensare che 1 zettabyte equivale a circa 250 miliardi di DVD (ogni DVD contiene 4,7 gigabyte di dati) e 42 zettabyte sono sufficienti per conservare tutte le informazioni (parole e regole grammaticali) relative a ogni linguaggio umano esistente.
Influenza in Rete
In appena un quinquennio la mole di dati prodotti da una qualunque attività informatica è destinata a decuplicare e influenzerà, inevitabilmente, anche le reti di comunicazione. Tutti questi dati, infatti, sarebbero di scarso interesse e trascurabile valore se non ci fossero dei mezzi, affidabili e veloci, che ne permettessero la condivisione.
Già oggi questo assunto è più vero che mai. Chiunque può trasformarsi in regista e trasmettere immagini dal vivo nel giro di pochi istanti: è sufficiente un qualunque smartphone e una connessione Internet per avviare lo streaming in diretta di ciò che accade fuori dalla nostra finestra. Se non ci fosse qualcuno in grado di accedere allo stream, vedere e magari commentare ciò che accade dall'altra parte del globo, probabilmente non ci sarebbe neppure qualcuno interessato a condividere queste informazioni.
Alla velocità della luce (o quasi)
Osservando lo stato dell'arte nel campo della connettività via cavo, si scopre – senza troppe sorprese, ovviamente – che la fibra ottica è la tecnologia che garantisce le prestazioni più elevate e i maggiori margini di miglioramento. Sul versante domestico, ad esempio, C'è il progetto Google Fiber, grazie al quale Big G porta la connettività via cavo nelle abitazioni di milioni di statunitensi alla velocità di 1 gigabit al secondo (125 megabyte al secondo).
Sul versante professionale, invece, la tecnologia più avanzata è Hibernia Express, la dorsale transoceanica capace di garantire una velocità di connessione di 8,8 terabit al secondo (1,1 terabyte al secondo). La fibra ottica di Hibernia Express, dal diametro di appena di 125 micron, può contenere sino a 80 fasci laser contemporaneamente: ogni fascio assicura una banda di 100 gigabit al secondo e la banda totale, per l'appunto è di oltre 1 terabyte al secondo.
La velocità della luce
Per alzare ulteriormente l'asticella e offrire canali comunicativi affidabili e con alte velocità di connessione c'è da considerare forzatamente il fattore velocità della luce. La fibra ottica basa il proprio funzionamento sul trasferimento di informazioni tramite fotoni: ciò vuol dire che la velocità massima di trasferimento equivale (in linea teorica) alla velocità della luce (300mila chilometri al secondo). Le attuali tecnologie impiegate nella realizzazione di dorsali e linee in fibra ottica – le già citate Google Fiber e Hibernia Express, tanto per fare un esempio – fanno viaggiare i dati a una velocità di circa i 2/3 della velocità della luce. Una tale limitazione è dovuta alle proprietà di rifrazione dei materiali impiegati per realizzare la fibra ottica. Detto in parole povere, il fascio laser che trasporta i dati rimbalza tra una parete e l'altra all'interno del cavo e così facendo perde velocità, ed energia, lungo il percorso.
Gli investimenti necessari
Se davvero si vorrà dare una risposta concreta alla crescente richiesta di connettività dati, dunque, ci si deve concentrare (e si deve investire) sull'indice di rifrazione della fibra ottica. Solo avvicinandolo il più possibile al valore di 1 (nessuna rifrazione della luce) si riuscirà a far viaggiare le informazioni all'interno dei cavi di fibra ottica alla stessa velocità della luce, diminuendo sensibilmente i tempi necessari per trasportare i dati da un capo all'altro del globo. La rete Hibernia Express, che sarà utilizzata da grandi società finanziarie, ha limato la latenza media di 6 millisecondi nella trasmissione intercontinentale, garantendo prestazioni di altissimo livello in qualunque situazione. Grazie a questo risultato, Hibernia Express è la prima dorsale oceanica a garantire connessioni tra Europa e America con una latenza inferiore ai 60 millisecondi (59 ms per l'esattezza). Per farlo sono stati necessari 300 milioni impiegati in ricerca e sviluppo e un piccolo trucchetto: la dorsale passa nel punto di minor estensione dell'Oceano Atlantico, facendo sì che i dati debbano percorrere una distanza minore.
Alla ricerca della velocità (della luce)
Importanti novità, però, potrebbero essere in rampa di lancio. Nel 2013 un team di ricercatori britannici dell'Università di Southampton hanno creato un cavo di fibra ottica con un indice di rifrazione di poco superiore a 1, in grado di far viaggiare i dati a una velocità di circa 299mila chilometri al secondo (99,73% della velocità della luce). Questa tecnologia, in fase di perfezionamento, ha permesso di inviare dati con una capacità di banda di 73 terabit al secondo (quasi 9 terabyte al secondo) anche se, per il momento, solo su distanze molto brevi.
Una possibile alternativa ai cavi in fibra ottica è rappresentata dalla trasmissione dati nell'etere, sfruttando, ad esempio, onde radio o microonde. In questo modo si potrebbero aggirare molti dei limiti fisici imposti dalla fibra ottica e raggiungere prestazioni uguali o superiori a quelle garantite dalla connettività via cavo. In questo caso, però, il problema principale è rappresentato dagli oceani: per permettere alle microonde di coprire distanze così ampie senza apprezzabili perdite di dati si rendono necessari dei ripetitori intermedi che facciano da ponti radio.
Diverse le proposte tecniche per risolvere questo problema. Alcuni ipotizzano delle stazioni radio oceaniche ormeggiate in mare aperto ma ben ancorate sul fondo del mare, in maniera simile alle piattaforme petrolifere. Altri, invece, pensano all'utilizzo di droni per ritrasmettere il segnale da una parte all'altra dell'oceano. Google e Facebook, tanto per fare il nome di due società interessate all'argomento, stanno sperimentando soluzioni alternative. Il gigante della ricerca web ha dato il via al Project Loon, che utilizza palloni aerostatici (simili a quelli utilizzati per le previsioni meteo) per abbattere il digital divide. Il social network, per mezzo del progetto Internet.org, vuole portare la connettività nelle aree non raggiunte da Internet utilizzando, tra le altre cose, un sistema satellitare creato ad hoc.