A differenza dell’evoluzione biologica, la tecnologia evolve a ritmi vertiginosi. Un laptop ultimo grido diventa vecchio nel giro di sei mesi, uno smartphone entrerà a far parte del segmento dei dispositivi di fascia media nel giro di 10-12 mesi (com'è breve la vita dei telefonini!), così come accade per un tablet, un televisore di fascia alta ha probabilmente una “aspettativa di vita” anche minore. Ma ci sono dei prodotti tecnologici che resteranno per sempre nei nostri ricordi e probabilmente anche nel nostro cuore. Sono quei dispositivi che hanno segnato un’epoca, che hanno fatto da spartiacque tra un pre e un post. Oggetti come il videoregistratore, il mangiacassette e il mangiadischi, il Commodore 64, il floppy disk e il laserdisk. E la lista potrebbe continuare ancora a lungo: tutti veri e propri pezzi da museo, senza i quali la nostra vita non sarebbe stata di certo la stessa.
Mangiadischi, la musica diventa portatile.
Lanciato a fine anni ’60 sul mercato mondiale, ha rivoluzionato il modo in cui ascoltiamo musica. Fu il primo riproduttore musicale portatile e catapultò le note fuori dalle mura domestiche verso parchi e spiagge. Anziché gli usuali 33 giri, i mangiadischi erano realizzati per leggere dischi in vinile 45 giri da 7 pollici di diametro ed erano dotati di una testina speciale che, applicando maggiore pressione sul disco, evitava i salti di traccia e permetteva di tenere il dispositivo sia in verticale sia in orizzontale. Alla lunga, però, la testina finiva per consumare la traccia, tanto che questi aggeggi si meritarono la fame di mangia-dischi: da qui il nome con cui vennero poi chiamati da tutti gli adolescenti dell’epoca. Il funzionamento era assicurato da una buona dose di batterie, che permettevano ai motori di far girare il disco e, quindi, generare musica; grazie alla sua portabilità, il mangiadischi viene considerato un po’ da tutti l’antenato degli iPod e dei moderni lettori mp3.
Dal mangiacassette al walkman, la musica a portata di mano
Ma prima di arrivare ai lettori mp3 c’è un ulteriore step: quello dei mangicassette (o mangianastri che dir si voglia). Tra la metà degli anni ’70 e la fine degli anni ’90 (anche se la produzione dei famosissimi Sony Walkman è stata interrotta solamente all’inizio di quest’anno) sono stati i riproduttori musicali preferiti, sia per la duttilità sia per la qualità e la fedeltà di riproduzione. I mangiacassette potevano essere utilizzati in casa (nei primi impianti hi-fi domestici), in auto o a passeggio. L’alta fedeltà musicale, invece, era assicurata dalla composizione chimica del nastro magnetico su cui venivano registrate le tracce musicali (a metà anni ’80, quando la diffusione di questi dispositivi raggiunse il suo apice, erano realizzati con composti al cromo o ferro-cromo), da sistemi di riduzione del rumore denominati Dolby e da testine di lettura sempre più performanti. I miglioramenti tecnologici permisero, con il passare degli anni, un “rimpicciolimento” dei mangianastri e ben presto vennero introdotti all’interno delle automobili sotto forma di autoradio. I mangiacassette, però, richiedevano una manutenzione piuttosto costante, pena lo “srotolamento” del nastro magnetico tra le testine del lettore. Che a volte finiva anche con il mangiare il nastro. E quindi addio musica.
Il laserdisk, la tecnologia che arrivò dall’estremo Oriente
Sempre attorno alla metà degli anni ’70 e inizio anni ’80 dall’estremo Oriente arrivò in Europa una tecnologia che prometteva di rivoluzionare il mondo della cinematografia e della discografia. Ma che ben presto venne fagocitata dai supporti ottici di registrazione di massa digitali (CD e DVD). Si tratta del laserdisk, un supporto di registrazione di plastica in tutto e per tutto simile agli odierni dvd e blu-ray disk, ma molto, molto più grande (il diametro era pari a quello di un vinile). Il laserdisk permetteva la registrazione di tracce video in formato analogico e tracce musicali sia in formato analogico che digitale. Per questo assicurava una qualità audio e video senza pari. A discapito, purtroppo, della durata. Questi supporti potevano essere registrati su entrambi i lati e ogni lato poteva contenere fino a 50 minuti di filmato: per un film di media durata, quindi, erano necessari entrambi i lati (per film più lunghi, come ad esempio Titanic, erano necessari due dischi o più). La tecnologia laserdisk risale alla fine degli anni ’50 ma divenne appetibile commercialmente solamente tre decenni dopo. Troppo tardi, visto che i primi lettori DVD iniziavano a fare capolino sugli scaffali dei mega-store di elettronica.
La videocassetta, il cinema diventa casalingo
Il successo del laserdisk venne ostacolato anche da un’altra tecnologia audiovisiva che, pur non assicurando una pari qualità, aveva costi considerevolmente più bassi. Si tratta della videocassetta, tecnologia che si sviluppò parallelamente a quella laserdisk, ma che ebbe indiscutibilmente una maggior fortuna. Anche le videocassette, assieme ai videoregistratori, iniziarono a diffondersi tra la metà degli anni ’70 e l’inizio anni ’80 in Giappone, per poi sbarcare in Europa e nel continente nord-americano. L’iniziale sfida tecnologica tra il sistema Betamax della Sony e il VHS della JVC venne vinta proprio da quest’ultimo, che ben presto si affermo come standard univoco a livello mondiale. Il formato VHS assicurava un buon compromesso tra un’adeguata qualità audio-video e prezzi piuttosto “popolari”. A inizio anni ’90 la maggior parte degli italiani aveva un videoregistratore in bella mostra nel salotto di casa e un’adeguata videoteca.
Polaroid, la passione per le immagini in un click
Così come, a cavallo tra gli anni ’70 e anni ’80 tutti avevano una Polaroid da portarsi sempre dietro per scattare foto in qualsiasi situazione e, soprattutto, poterle vedere immediatamente senza dover attendere lo sviluppo dei negativi fotografici. Ma le macchine fotografiche a sviluppo istantaneo della Polaroid sono un po’ anche il simbolo dei nostri tempi: ci accompagnano dall’immediato secondo dopo guerra, conoscono la loro massima diffusione in concomitanza con il boom economico italiano, per poi cedere sotto i terribili colpi della gravissima crisi economica e finanziaria del 2008.
Floppy disk, la preistoria dell’informatica domestica
Hanno ceduto il passo molto prima, invece, i floppy disk, anche loro ormai parte della storia dei computer. Ci hanno accompagnato per lunghissimi anni, quando ancora l’informatica si faceva a colpi di kilobyte e un dischetto che poteva contenere la bellezza di 1,44 megabyte era più che sufficiente a far girare un intero sistema operativo. Ma gli anni passano, le dimensioni dei file si allargano sempre di più ed ecco che i floppy finiscono ben presto nel dimenticatoio per far spazio a lettori CD/DVD/Blu-ray. I dischetti fanno la loro comparsa nel mondo informatico nel 1971 e vi restano fino a fine anni ’90, quando furono costretti a piegarsi allo strapotere, all’economicità e alla comodità dei CD.
Negli anni, i floppy hanno visto ridurre le loro dimensioni (e le dimensioni dei dischi magnetici al loro interno) dagli 8 pollici iniziali ai 3 pollici e mezzo dello standard finale, mentre la loro capacità cresceva: dai circa 80 KB dei primi floppy agli oltre 200 MB degli ultimi modelli.
Il Commodore 64, il gadget tecnologico per eccellenza
Tra tutte queste storie di successo, però, ce n’è una che emerge e si staglia al di sopra di tutte le altre. Un emblema di come un semplice insieme di transistor possa segnare indelebilmente la storia personale di milioni di persone e, magari esagerando un po’, dell’intera umanità. Stiamo parlando del Commodore 64, il computer più venduto di tutti i tempi (ben 15 milioni di pezzi venduti tra il 1982 e il 1994) e antesignano delle moderne console di gioco. Il Commodore 64 era dotato di un potentissimo (per i primi anni ‘80, naturalmente) processore con frequenza da 1 MHz e RAM da 64 KB. In 12 anni vennero sviluppati circa 10.000 titoli software che spaziavano dai giochi agli applicativi d’ufficio. Una vera e propria pietra miliare nella storia dell’informatica. E di molte persone che leggeranno questo articolo, che si avvicinarono a questo mondo dorato proprio grazie ad un Commodore 64.
8 marzo 2013