Anche il settore dell'industria alimentare potrebbe trarre enormi vantaggi, in termini economici e di sicurezza, dall'applicazione su larga scala delle ultime tecnologie digitali. Tra di esse, in particolare una sembra poter incrementare la sicurezza degli alimenti che compriamo ogni giorno al supermercato: la blockchain. È quanto emerge dall'indagine "Il futuro della sicurezza alimentare: quale il prossimo passo?" condotta da DNV GL e GFSI. Oltre 1.600 professionisti del settore alimentare, attivi in tutto il mondo, hanno risposto a specifiche domande per stabilire quanto questa industria sia al passo con i tempi. Ne risulta che solo un'azienda su dieci utilizza tecnologie moderne per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari.
Tuttavia, si prevede che entro i prossimi tre anni questa percentuale salga al 40%. Secondo il rapporto i più avanti nel settore alimentare sono gli asiatici: il 57% delle aziende alimentari dell'estremo oriente dichiara di avere intenzione di usare la blockchain entro i prossimi tre anni. Ma in che modo la blockchain può migliorare la sicurezza all'interno dell'industria alimentare? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima conoscere i rischi principali da affrontare in questo settore.
Sicurezza alimentare: i problemi più grandi
Gran parte della sicurezza degli alimenti trattati industrialmente dipende da due fattori: la tracciabilità e l'applicazione delle best practice durante la manipolazione dei prodotti in fabbrica. La tracciabilità è necessaria per evitare le frodi alimentari, da una parte, e per procedere a ritroso in caso di contaminazione, dall'altra. Anche applicando un sistema di tracciabilità, tuttavia, un'azienda alimentare che trasforma i prodotti potrebbe mettere in atto facilmente una frode. Da una tonnellata di pomodoro non si ottiene sempre la stessa quantità di passata, quindi è possibile truffare i consumatori affermando che un determinato lotto di passata proviene completamente da uno specifico lotto (o più lotti) di pomodoro di prima qualità, anche se non è per forza vero. Quando si scopre che in una bottiglia di passata c'è un batterio, una tossina o un corpo estraneo di qualunque tipo, viene imposto il ritiro immediato dal mercato dell'intero lotto al quale apparteneva la bottiglia incriminata. Se si scopre che la contaminazione è avvenuta in fabbrica, ciò è dovuto al fatto che nello stabilimento di trasformazione non sono state seguite le buone pratiche e che c'è stata qualche "disattenzione". Se invece la contaminazione proveniva direttamente dal pomodoro, quindi prima dell'arrivo in fabbrica della materia prima, si ordina il ritiro dal mercato di tutti i lotti di passata prodotti con il lotto di pomodoro contaminato.
Poi si va dal produttore del pomodoro e gli si chiede a chi altro ha venduto il pomodoro contaminato, e così via. Anche in questo caso, però, la cosa funziona se l'imprenditore non ha giocato con la tracciabilità. Sia chiaro, però, che questo discorso non vale solo per le aziende di trasformazione ma per tutta la filiera: potrebbe essere anche l'imprenditore agricolo a truffare l'azienda di trasformazione, affermando ad esempio che un lotto di pomodoro che gli ha venduto è biologico quando invece non lo è. Certificare la tracciabilità di tutta la filiera e impedirne la manipolazione, quindi, è la regola d'oro della sicurezza alimentare.
Tracciabilità e blockchain: il caso Bofrost
Applicare la tecnologia blockchain alla filiera alimentare è uno degli strumenti per risolvere questi ed altri problemi, perché la blockchain rende difficilissimo manipolare i dati senza essere scoperti. Bofrost Italia lo ha fatto, usando la tecnologia EY OpsChain Traceability che usa la blockchain pubblica di Ethereum. Ogni attore della filiera, ogni produttore di materie prime che poi diventano un surgelato Bofrost, è registrato e le sue informazioni non sono più modificabili. Ogni passaggio, transazione e trasformazione delle materie prime fino al prodotto finale surgelato viene registrato e, grazie alla blockchain, non è possibile manipolare queste informazioni. Bofrost Italia sta sperimentando questo sistema e ha già messo in commercio i primi due prodotti surgelati tracciati con la blockchain: il merluzzo e i cuori di carciofo.
I vantaggi per il consumatore
Le informazioni registrate nella blockchain di Bofrost sono accessibili anche ai consumatori. Le confezioni riportano un QR Code, che porta alla storia del prodotto: origine, luogo di produzione e di trasformazione e così via. Per il merluzzo surgelato, ad esempio, è possibile conoscere il nome della nave che lo ha pescato, il luogo e i metodi di pesca, stabilimenti di stoccaggio e confezionamento e persino le temperature e i dati del controllo qualità. Dei carciofi, invece, è possibile conoscere il fornitore, la zona di coltivazione e la temperatura di coltivazione.
Una grande responsabilità per le industrie
Per mettere in piedi un sistema del genere ci vuole un grande sforzo tecnico ma anche molto coraggio. Più informazioni ha il consumatore e più può fare una scelta su cosa comprare. Ma non sempre le scelte dei consumatori sono del tutto razionali e, per questo, la blockchain può essere un'arma a doppio taglio per le imprese. Quando ci fu il disastro nucleare di Fukushima in Giappone, ad esempio, vi fu un'iniziale contaminazione radioattiva delle acque marine circostanti la centrale. Ne nacque un allarme, non del tutto giustificato, che portò molti consumatori a scoprire cosa sono le "Zone FAO". Cioè le parti in cui l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) ha diviso le acque di tutto il mondo. Nessuno voleva più comprare pesce (in particolare il tonno in scatola) dalle zone FAO 61 e 71, cioè quelle vicine al Giappone (l'indicazione in etichetta della zona FAO è obbligatoria per i produttori). La grande scelta di trasparenza di Bofrost, per questo, è un vero atto di coraggio industriale.
2 settembre 2019