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Come progettare le città del futuro con l'urban computing e i big data

Sfruttando reti di sensori discrete e il tracking dei dispositivi sarà possibile analizzare e prevedere lo sviluppo urbanistico della città

Urban computing e smart cities

Prendere un pizzico di big data, unirlo ad una spruzzata di urbanistica e spalmare il tutto su una base di smart cities. Detta così la ricetta per le città del futuro potrebbe sembrare davvero molto semplice. Così non è purtroppo: la crescita demografica dei Paesi del Terzo Mondo, unita al massiccio processo di urbanizzazione che ne deriva, complicano incredibilmente il lavoro degli urbanisti di tutto il mondo. Il ricorso alle nuove tecnologie e alle nuove tecniche di analisi statistica – big data, tracking di smartphone e altri dispositivi mobili, rilevazioni tramite sensori vari – potrebbero però rendere più semplice il processo di pianificazione urbana negli anni a venire.

Esplosione demografica

Negli ultimi 30 anni la Cina è divenuta la nazione con il maggior tasso di urbanizzazione al mondo. Oltre 450 milioni di cinesi vivono in una città e, secondo il governo cinese, altri 250 milioni se ne aggiungeranno in un decennio al massimo. Ad oggi la Cina conta oltre 190 città con più di un milione di abitanti e molte altre sono in procinto di superare questa soglia. Un processo, quello appena descritto per il Paese più popoloso della Terra, destinato a ripetersi un po' in tutte le altre nazioni. Secondo stime delle Nazioni Unite, nei prossimi decenni la popolazione urbana è destinata a raddoppiare, sforando la soglia dei 5 miliardi di abitanti “alloggiati” in megalopoli e grandissimi agglomerati urbani.

 

Analisi dei flussi di traffico grazie ai big data

 

Ciò pone un serio problema per gli urbanisti di tutto il mondo: come riuscire a conciliare una crescita tanto importante e tanto veloce con le esigenze ambientali, sociali ed economiche. “Stiamo assistendo ad un'accelerazione globale del processo di urbanizzazione, rendendo obsoleti gli strumenti di programmazione urbanistica sinora utilizzati – ammette il professor Charlie Catlett, direttore dell'Urban Center for Computation and Data (UrbanCCD) di Chicago. Ciò porta allo sviluppo di una rete di trasporti inadeguata e inefficiente, che finisce con il congestionare ulteriormente il traffico, e ad una serie di quartieri-ghetto nelle periferie delle megalopoli, dove povertà e pessime condizioni igieniche proliferano indisturbate. C'è quindi bisogno di applicare i più moderni metodi di calcolo computazionale per esplorare e predire le dinamiche di sviluppo urbano dei prossimi anni”. La risposta, quindi, è affidata ai big data.

L'urban computing

Quando si parla di Urban Computing (traducibile con computazione urbana) ci si riferisce al processo di acquisizione, integrazione e analisi di grandi moli di dati di natura eterogenea - i big data, per l'appunto - e generati da una diversità di fonti all'interno degli spazi urbani. Questi dati possono provenire da dispositivi di ogni genere – navigatori satellitari, smartphone, tablet, smartwatch, braccialetti fitness, ecc –, sensori di varia natura, veicoli, palazzi, abitazioni o persone e possono essere utilizzati al fine di dare risposte concrete ed efficaci ad alcuni dei problemi principali – traffico, inquinamento acustico e atmosferico, aumento del consumo energetico – dovuti all'urbanizzazione selvaggia.

L'urban computing, quindi, collega reti di sensori poco appariscenti ma presenti praticamente ovunque con tecnologie di rilevazione innovative, gestione avanzata dei dati e nuovi modelli analitici per creare soluzioni che migliorino la qualità di vita, l'ambiente urbano e la gestione dei sistemi cittadini. Potrebbero aiutare a creare, insomma, una smart city.

Urban planning e smartphone

Jameson Toole è uno studente al secondo anno di dottorato di Ingegneria dei sistemi presso il Massachusetts Institute of Technology, dove si occupa di urban planning e nuove tecnologie. “Gli smartphone e i cellulari in genere sono degli eccezionali collettori di dati. Ogni volta che si utilizza il telefonino, le celle a cui ci si collega conservano una piccolissima quantità di informazioni a proposito del nostro passaggio e dei nostri spostamenti. Queste informazioni potrebbero essere utilizzate in vari modi per migliorare la qualità della vita delle persone”.

 

Analisi dei flussi di traffico grazie ai big data

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Studiando i dati ricavati nel corso delle sue ricerche, Toole ha scoperto che i maggiori ingorghi all'interno di Boston sono generati all'interno di una piccolissima area urbana, dove si concentra la gran parte del traffico cittadino. “Utilizzando i dati provenienti dalle celle telefoniche dislocate in quella zona, siamo riusciti a disegnare una mappa ben precisa dei flussi di traffico. Questi dati potrebbero essere utilizzati, nel prossimo futuro, per indirizzare lo sviluppo urbanistico verso direzioni ben precise. Se gli urbanisti, ad esempio, sapessero con certezza quali aree sono interessate dal maggior volume di transiti veicolari, potrebbero progettare in anticipo uno sviluppo viario in quella zona”.

La ricerca AT&T

Dati analoghi arrivano da una ricerca condotta da AT&T, maggior operatore telefonico degli Stati Uniti d'America. I laboratori di ricerca del gigante delle telecomunicazioni hanno infatti evidenziato come i dati provenienti dalle celle telefoniche presenti sul territorio possano fornire informazioni precise e dettagliate sulla composizione demografica della popolazione. La rilevazione di big data tramite smartphone e telefoni cellulari potrebbe, in un futuro prossimo, andare a sostituire le rilevazioni del censimento, infrequenti e, a volte, errate.

Una rilevazione dati di questo tipo permetterebbe agli urbanisti e agli amministratori di concepire un differente modello di sviluppo cittadino, maggiormente focalizzata sulla risoluzione di problemi di traffico e qualità della vita.

A cura di Cultur-e
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